SIAMO PIU’ SOLI

a Rocco Scotellaro

 

Hanno smesso di cantare i carcerati

attenti scrutano la sera dalle gabbie

Ora tu sai tutto il dolore è nostro

dei braccianti spersi nelle strade

che s’addormono con mani ingentilite.

Ora la terra ci riporta un grido

come l’ombra dei morti intorno a noi.

Cominciano le veglie nelle case

e noi ridiamo, Rocco, della nostra sorte

come una volta e sempre

con le tazze di vino e i contadini.

Siamo più soli adesso, ognuno alla sua posta

e il cielo ci rincorre nei sentieri

batte la terra che ti tiene il cuore.

(Paese giorno e notte in Prova d’addio, p. 9)

La poesia esprime il senso dell’abbandono che atterrisce colui che ha perduto chi lo accompagna, lo custodiva, lo guidava: sperso è un bambino, un cane abbandonato (cfr. Maliconia: Sono sperso come i cani randagi / che uccidono a fucilate /sulla collina…). L’abbandono è qui provato passando davanti al carcere di Matera, dove Scotellaro fu imprigionato (cfr. nota a pag. 215 del volume Prova d’addio). Sperso – dice la citata nota – come aggettivo pregnante ad indicare le difficoltà della storia, come in Processione ( … e tornano coi muli in processione / quasi spersi, lontani come il cielo.)

I braccianti sono spersi nelle strade perché Rocco, imprigionato, è impedito a guidarli e lo smarrimento ha un senso panico, anche i carcerati non cantano più.
Si notino motivi scotellariani (con le tazze di vino > Beviamoci insieme una tazza colma di vino [Sempre nuova è l’alba]– alla sua posta > Ognuno è fedele alla sua posta [Il cielo a bocca aperta].
 

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