L’irrisolto mistero del posto in lista di Maria De Unterrichter Iervolino per l’elezione dell’Assemblea Costituente
Nel recente libro a cura di Donato Verrastro e Elena Vigilante «Emilio Colombo. L’ultimo costituente», Colombo, riferendo un dettaglio della lista della DC presentata nella circoscrizione della Basilicata (Collegio elettorale XXVII – Potenza-Matera) per l’elezione dell’assemblea costituente, commette un errore non intenzionale. Il dettaglio erroneamente riferito denuncia l’esistenza di un problema nella composizione della lista, di cui Colombo non conservava il ricordo. Fu il mio carissimo amico Benito Lauria a rilevarlo e ne parlo non foss’altro che per ricordare e rendere omaggio a Benito (nonché per raccontare un lontano e misterioso minuto di storia).
La lista DC era stabilita in perfetto ordine alfabetico: 1. Catenacci, 2. Colombo, 3. De Unterrichter Iervolino, 4. Marotta, 5. Pagliuca, 6. Tortorelli, 7. Zotta. Colombo, che aveva appena compiuto 26 anni, e benché, fino all’accettazione della candidatura, deludendo molto i democratici cristiani di Potenza, non avesse preso alcuna parte alla nascita della DC potentina e lucana e alla vita politica, assunse immediatamente la statura del capo, di «capolista di fatto». (Dico tra parentesi che ho sviluppato una personale teoria in merito al disinteresse di Colombo per la politica e, in particolare, per la DC nel periodo precedente l’elezione dell’assemblea costituente, che, prima o poi, confiderò su Rabatana).
Colombo, dall’età di 15 anni, aveva sviluppato un forte impegno nell’azione cattolica giovanile, che lo portava a girare molto in tutta la regione; giovanissimo occupò posizioni di vertice a livello nazionale e anche nell’organizzazione mondiale dei giovani cattolici. L’azione cattolica era allora una delle più grandi e ben organizzate organizzazioni di cattolici presenti in Italia, distinta da quelle del fascismo, alle quali si era comunque obbligati a partecipare; a Tricarico – rendo una testimonianza personale – l’azione cattolica, pur non ponendosi in aperto conflitto con la fascistica GIL (gioventù italiana del littorio), aveva un’affluenza ed organizzava tali e tante attività, mettendo a disposizione i locali del cortile del palazzo vescovile e dell’ex seminario disponibili, da annullare la frequenza della GIL. Non fece quindi meraviglia l’improvvisa candidatura di Colombo, sollecitata – si diceva – dallo stesso papa Pio XII.
Gli altri candidati erano pressoché perfetti sconosciuti. Marotta era insegnate di matematica al liceo-ginnasio di Potenza, e come tale io e Benito lo conoscevamo, benché non insegnasse nella nostra sezione. Di Zotta sapevamo che era consigliere di stato, ma non avevamo la più pallida idea cosa facesse un consigliere di stato, pur pensando che si trattasse di una personalità tra le più ragguardevoli autorità dello Stato. Della signora De Unterrichter sapevamo che lei e il marito erano molto amici di mons. Delle Nocche, vescovo di Trircarico. Trentina di origine aveva sposato l’avvocato napoletano Angelo Raffaele napoletano, che era stato presidente nazionale dell’azione cattolica nel periodo del più aspro conflitto con le organizzazioni fasciste; lei stessa era stata presidente nazionale dell’azione cattolica femminile ed era un componente della direzione nazionale della DC. Nonché nella lista della circoscrizione della Basilicata, era candidata nel collegio unico nazionale.
Degli altri candidati non sapevamo nulla.
A questo punto bisogna spendere qualche parola per spiegare il sistema elettorale vigente per l’elezione dell’assemblea costituente, che fu applicato anche per l’elezione della I legislatura della camera dei deputati (18 aprile 1948).
Il meccanismo elettorale era proporzionale a liste concorrenti in 32 collegi elettorali plurinominali (così denominati nella legge). La legge elettorale prevedeva l’elezione di 573 deputati, ma le elezioni non si poterono svolgere nelle province di Bolzano, Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e Zara, per cui furono eletti 556 costituenti. La legge assegnava il numero di costituenti da eleggere in ciascun collegio, stabiliva la quota di elettorato occorrente per l’assegnazione dei seggi e prevedeva la possibilità di candidarsi anche in due o più collegi. Risultavano eletti i candidati che avessero ottenuto il più alto numero di preferenze.
I collegi elettorali erano sezioni del collegio unico nazionale. Il diritto di voto si esercitava nei collegi elettorali (non anche nel collegio unico nazionale, dove l’elezione era proclamata secondo l’ordine di lista), esprimendo un voto di lista o due o più voti di preferenza per i candidati della lista stessa (due nella lista della Basilicata).
Il collegio unico nazionale era riservato ai leader dei partiti e ai personaggi più rappresentativi e di indiscusso valore e chiara fame, candidati anche in uno o più collegi territoriali. In pratica funzionava come un bacino di compensazione. Il meccanismo elettorale, a spoglio dei voti ultimati, non rendeva un risultato definitivo, sia perché alcuni candidati risultavano eletti in più collegi, sia perché, da un lato, la somma dei quozienti pieni non pareggiava il numero dei seggi assegnati al collegio e, d’altro lato, in ciascun collegio residuavano molti voti (resti). I resti affluivano nel collegio unico nazionale, i candidati plurieletti effettuavano le opzioni, liberando gli altri seggi e il risultato elettorale si stabilizzava.
In Basilicata, per la rinuncia del comunista Fausto Gullo, eletto anche nella circoscrizione Calabria, che era la sua regione di origine, e per la quale aveva espresso l’opzione, risultò eletto nel gruppo comunista Luigi De Filpo (che è stato anche deputato nella prima legislatura. Autore di varie opere letterarie, è stato sottosegretario di stato alle poste e telecomunicazioni nel II governo De Gasperi e all’agricoltura e foreste nel III governo De Gasperi); e, per la rinuncia di Francesco Saverio Nitti, che optò per l’elezione nel collegio unico nazionale, gli subentrò, nel gruppo dell’Unione democratica nazionale, Vito Reale. (Vito Reale, a parte precedenti incarichi amministrativi, fu eletto deputato dal 1919 al 1924 nel collegio d Brienza della Legislatura XXV e XXVI, e durante quest’ultima fu segretario della commissione parlamentare permanente degli affari interni. Dopo la caduta del fascismo fu ministro dell’interno nel governo Badoglio nel regno del Sud.)
Va ricordato che all’assemblea costituente fu candidato, per il partito repubblicano, anche un tricaricese non originario di Tricarico: Salvatore Mezzina. Mezzina era funzionario della società elettrica e viveva con la moglie e un figlio, Corrado, di due o tre anni più di me. Abitavano nel viale Regina Margherita ed erano amici della mia famiglia. L’amicizia di mio padre e Salvatore Mezzina resistette senza alcun problema al loro contrasto politico, dato che mio padre era uomo di fede monarchica, presidente provinciale dell’UMI (unione monarchica italiana). Dopo qualche anno Salvatore Mezzina fu trasferito a Potenza, dove assunse anche l’incarico di segretario regionale del partito repubblicano, ma la famiglia restò a Tricarico, dove lui tornava nei fine settimana. Dopo un po’ di tempo si trasferì anche la famiglia, con la quale, lentamente, si perse ogni contatto. So che Corrado divenne medico.
Io e Benito Lauria eravamo compagni di banco e frequentavamo il quinto ginnasio. Il mese di maggio del 1946 fu per noi stremante. Col quinto ginnasio si concludeva il ciclo ginnasiale di studi e bisognava dare prova della maturità conseguita sottoponendosi a un severo esame. D’altra parte, la politica ci aveva presi sin dalla caduta del fascismo. Sentivamo prepotentemente il bisogno di informarci per sapere. Eravamo attratti dall’ideale socialista e ci turbava il conflitto con la dottrina cattolica. Sognavamo un partito cristiano sociale, ignorando che un partito cristiano sociale esisteva già. Era stato fondato dal filosofo Gerardo Bruni, bibliotecario della Biblioteca Vaticana, collega di Alcide De Gasperi. Gerardo Bruni è stato l’unico costituente cristiano sociale. Quel mese di maggio la mattina frequentavamo la scuola, il pomeriggio e la sera seguivamo la campagna elettorale e ci impegnavamo per il voto a favore della repubblica tra Potenza e Tricarico, dove ci recavamo nei fine settimana, la notte studiavamo fino a tarda ora. La nostra propaganda a favore della repubblica fu un lavoro utile. Andavamo casa per casa per insegnare a votare. La maggior parte degli elettori erano analfabeti, facevano persino fatica a tenere la matita in mano, e utilizzavamo il contatto personale per dare pacatamente spiegazioni. Tra gli anziani prevaleva l’odio per i Savoia e nostalgia dei Borboni.
Chiudo la parentesi e, come si dice, torno a bomba. Alle pagine 62-63 del libro citato all’inizio di questo scritto, si legge, con riferimento all’elezione dell’Assemblea costituente nella circoscrizione della Basilicata, la seguente dichiarazione di Colombo: «Io fui capolista «di fatto» della DC, pur non avendo ancora compiuto ventisei anni: dico «di fatto», perché Roma aveva inviato, come capolista, un membro della direzione centrale, Maria De Unterrichter Iervolino, madre di Rosa Russo Iervolino e moglie di Raffaele Iervolino, il presidente della Gioventù cattolica italiana negli anni della rottura tra il movimento cattolico e il fascismo».
Sappiamo che l’affermazione di Colombo è sbagliata, perché la signora De Unterrichter fu sì inviata da Roma, ma non per essere capolista. La sua collocazione in lista al terzo posto, secondo l’ordine alfabetico, fu incomprensibile e apparve una stranezza inspiegabile a Benito Lauria, che me lo fece rilevare. Io gli obiettai che non c’era nulla di strano, giacché il partito aveva scelto di presentare una lista in ordine alfabetico. Benito replicò: – Ma ti pare che, senza un motivo, un membro della direzione nazionale venga candidata in Basilicata, dove non porta voti e non ne riceve, perché si dice che il voto dato a lei è praticamente inutile, avendo l’elezione assicurata nel collegio unico nazionale? Ci deve essere un motivo, un problema –. Gli detti ragione. Ci ragionammo sopra, ne discutemmo e concludemmo che Zotta, dall’alto del suo prestigio di consigliere di stato, aveva chiesto il posto di capolista, creando un problema che fu risolto con la candidatura in ordine alfabetico della signora De Unterrichter Iervolino, che vantava indiscutibili ed esclusivi titoli in campo cattolico e di partito.
L’ing. Giuseppe Catenacci, nato a Rionero, primo in lista per l’ordine alfabetico, ma non capolista, riscosse un discreto risultato nella zona del Vulture, risultando il primo dei non eletti. Egli fu anche candidato all’elezione del 18 aprile 1948 per la prima legislatura, risultando ancora una volta primo dei non eletti. Nel 1952 Colombo fu eletto sindaco di Potenza e Catenacci ricorse alla camera dei deputati sostenendo l’ineleggibilità a deputato di Colombo. La legge prevedeva che erano ineleggibili a deputato o senatore, tra altri casi, i sindaci di comuni capoluogo di provincia. Le questioni di ineleggibilità e incompatibilità dei parlamentari erano sottratte alla magistratura e attribuite al ramo del parlamento di cui il parlamentare contestato era componente, dando luogo in materia a una giurisdizione politica. Nel caso di cui si tratta, la fattispecie non corrispondeva perfettamente alla previsione di legge, ma solidi argomenti conducevamo ugualmente a ritenere sussistente l’ineleggibilità. La camera, invece, adottò una soluzione politica del tutto evidente, giacché creò una causa di incompatibilità non prevista dalla legge. Stabilì, in sostanza, l’obbligo di scegliere tra l’uno e l’altro incarico. Colombo si dimise da Sindaco. Nella stessa situazione si trovava La Pira, che era stato eletto sindaco di Firenze. Egli si dimise da deputato.
Nel 1958 Catenacci aderì al movimento Comunità (partito di orientamento, unitamente, socialista e liberaldemocratico fondato da Adriano Olivetti, uno spirito fervidamente e profondamente cristiano, e fu candidato nella circoscrizione della Basilicata. In quella lista fu candidato anche Antonio Albanese, il quale mi disse che la candidatura di Catenacci era stata sollecitata dallo stesso Olivetti e che egli era una personalità di ben altro livello rispetto a quanto avessi potuto immaginare. La sua biografia si può leggere in molti siti su internet, sull’enciclopedia online Treccani, nonché sul Dizionario dei lucani (Riprendiamoci la storia) di Angelo Lucano Larotonda. Da Antonio fui informato che l’ingegnere Catenacci era stato un uomo di grande ingegno e valore. Figlio di un fabbro ferraio, Francisc lu ferrar, fu erede spirituale di Giustino Fortunato, che conobbe e frequentò nella sua casa di Napoli, dove ebbe modo di conoscere gli illustri personaggi che frequentavano numerosi la casa di don Giustino, tra i quali Benedetto Croce. Nella biografia dell’ing. Catenacci emerse un particolare che ignoravo. Egli era stato componente per la DC della Consulta Nazionale. La Consulta Nazionale, pur non essendo elettiva, è stata tuttavia la prima assemblea democratica dopo la carenza del parlamento nella parentesi fascista. Istituita dopo la fine della seconda guerra mondiale ebbe lo scopo di sostituire il regolare parlamento fino a quando non fosse stato possibile indire regolari elezioni politiche e fece le veci del Parlamento fino alle elezioni nazionali del 2 giugno 1946, quando vennero eletti i membri dell’assemblea costituente. L’ing. Catenacci era quindi l’unico che possedesse titoli istituzionali e politici per assumere il ruolo di capolista, con i quali, di fatto, contrastava la posizione di Colombo nel movimento cattolico.
Un problema, se c’era, e non ci sembrava dubbio che ci fosse, lo si sarebbe potuto risolvere attribuendo alla signora De Unterrichter il posto di capolista, come sarebbe stato più giusto e conforme allo stile applicato in tutto il Paese. Lo stesso lapsus di Colombo lo dimostra. Se si derogò – era la ferma convinzione mia e di Benito – non fu perché il problema non sussistesse, ma perché l’ordine alfabetico sarebbe stato l’unica soluzione al rifiuto di qualcuno dei big di accettare di avere una posizione subordinata a un capolista.
Il mistero è rimasto irrisolto.
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Caro Antonio,
ti riveli sempre più ai mei occhi come un sorprendente e prezioso scrigno di memorie, che afferiscono alla storia della nostra Lucania-Basilicata, ma non solo. Non smetterò mai, perciò, di ringraziare il comune amico Gilberto Marselli, per avermi concesso il privilegio di conoscerti, seppure solo … per via tecnologica. Ma chissà che un giorno non possiamo incontrarci di persona… sarebbe per me davvero straordinario.
Intanto, abbiti con i miei saluti, le più vive congratulazioni per questo tuo ulteriore inestimabile contributo.
Angelo Colangelo
Grazie del tuo commento e, soprattutto, della tua amicizia, caro Angelo. Ma consentimi di notare che Rabatana è sottotitolata bagatelle e cammei tricaricesi e che io sono solo autore delle bagatelle.