La ferula di Prometeo (e di sant’Antonio Abate) – I funghi cardungidd
Maurizio Maggiani dalla sua Liguria annuncia l’esplosione di giallo che tinge le colline della mia Lucania, che, le une dietro le altre, come onde, dal Vulture scivolano alla piana di Metaponto e si placano nel mare. Maggiani scavalca le colline in bicicletta con l’ansia della foratura. Egli ha ascoltato il fiume di voci di un popolo rifluito dentro l’immaterialità della memoria, si è insinuato nelle pieghe della vita apparentemente ordinaria dei suoi personaggi e ha raccontato le affascinanti storie – storie fantasiose di gente viva appartenenti all’immaginario dell’autore – nel «Romanzo della Nazione» – storia di una nazione che è morta -, edito dalla Feltrinelli.
Domenica scorsa, 30 aprile, sul supplemento domenicale del Sole 24 Ore, in pochi righi a pagina 41, ha raccontato la passeggiata in bicicletta, con l’ansia della foratura, a scavalco delle colline della Basilicata, da nord a sud, e l’imponente fioritura gialla delle ferule e il mito di Prometeo e il più nobile e profumato tra i funghi, il cardunggidde (fónge re_ferule [pleurotus ferulae]. Tra i funghi da mangiare, precisa accortamente Maggiani, ché il cardoncello, profumato e carnoso, è fungo fidato, non nasconde insidie velenose e si mangia con tranquilla gioia del palato.
La ferula, volgarmente detta finocchiaccio, pianta erbacea perenne del bacino del Mediterraneo, poco appariscente in inverno, esplode appunto in primavera, nei mesi di maggio e giugno e, coi fiori di ginestra, tinge la mia Lucania di giallo, il colore della nostalgia, simbolo della luce del sole, ma anche della conoscenza e dell’energia.
Lascio ora raccontare a Maggiani.
« Scivolando giù dal Vulture per deserti campi, la bici che freme di solitudine e ansia da foratura sull’onda di colline che seguono a colline che precedono altre e indeterminate colline, finché laggiù qualcosa succede, e nel vespro sulla faccia a contropelo ecco che sbarluccicano lontane lontane le perline del mare di Metaponto, e adesso le colline si fanno risacca e la risacca si dilegua nella piana. La strada è diritta, un po’ all’americana nella sua dirittura da stati centrali, la linea mezzana così ostinata nel tratteggio da indurre in ipnosi, e mi ci sarei assopito e poi disfatto seguendo quel perentorio comando all’abbandono se non mi avessero tratto in salvo le ferule. Rizzate, diritte anche loro, in posizione di allerta al bordo della strada, le grandi teste fiorite indorate, infuocate dalla luce radente, impudenti e fiere di essere le creature più in vista per tutto l’orizzonte, inquietanti per come sono vistose, sediziosi colonnelli tropicali in tenuta di gala, se non sai un po’ di miti greci saresti portato a pensare che una radiazione atomica ha generato dal finocchietto selvatico il mega fiore dell’inquietudine. Invece no, è solo la ferula di Prometeo, quel titano anche lui piuttosto vistoso che ha regalato agli umani la disgrazia del progresso universale, portando via con sé la brace degli dei nel cavo di una ferula. Detto ciò, al pari del progresso la ferula è tutta immagine e niente costrutto, tranne che nella parte che non si vede, là nella riservatezza dei chiaroscuri radicali cresce il cardungìdde, il più dolce e profumato tra i funghi da mangiare.»
Il ratto del fuoco era un mito trattato con grande rilievo da Esiodo, Eschilo e Platone. Prometeo, rubato il fuoco agli dei per donarlo agli uomini, lo trasportò all’interno di un fusto secco di ferula, accendendo il midollo secco contenuto all’interno. In Esiodo, Prometeo è un Titano che, in contrasto con Zeus, favorisce gli uomini, dapprima con l’attribuire loro la parte migliore delle vittime sacrificate, poi dando loro il fuoco di cui Zeus per vendetta li aveva privati. Zeus punisce Prometeo facendolo incatenare a una colonna e inviando l’aquila a divorargli il fegato che sempre ricresce. Il mito di Prometeo ha spesso simboleggiato la lotta del progresso e della libertà contro il potere. Nella storia della cultura occidentale Prometeo è rimasto simbolo di ribellione e di sfida alle autorità e alle imposizioni, e così anche come metafora del pensiero, archetipo di un sapere sciolto dai vincoli del mito, della falsificazione e dell’ideologia. Per Maggiani il dono del fuoco agli uomini ha portato la disgrazia del progresso universale.
Il mito pagano diventa mito cristiano.
Una volta, al mondo, non c’era il fuoco. Gli uomini avevano freddo e andavano da sant’Antonio Abate, santo egiziano che stava nel deserto, a pregarlo che facesse qualcosa per loro. La tradizione riporta che sant’Antonio Abate, mosso dalla compassione inventò uno stratagemma per andare agli inferi e portare il fuoco. Il santo si presentò all’inferno con il suo maialino e un bastone di ferula, chiedendo ai diavoli il permesso di entrare per scaldarsi. Dopo vari tentennamenti i demoni acconsentirono. Frugando il fuoco con il bastone tra i tizzoni ardenti una scintilla accese il midollo spugnoso, che iniziò a bruciare senza che nessuno fosse in grado di vederlo. Il santo riuscì così nel suo intento, portò con sé il bastone, conservando il fuoco al suo interno, lo agitò come una benedizione, volarono scintille e gli uomini ebbero il fuoco. Le leggende a carattere popolare vogliono S.Antonio Abate in lotta con il demonio, ovvero con il male, con le passioni umane, con il fuoco eterno.
La notte del 17 gennaio, giorno dedicato a Sant’Antonio Abate, si accendono i fuochi, i fuochi di Sant’Antonio.
La ferula, nei secoli, ha alimentato molte leggende e molte credenze nutrono i pastori dei paesi mediterranei. Molte, infine, sono le utilità della ferula e molti i danni specialmente alla salute e alla stessa vita che potrebbe provocare.
Accenno all’utilità del “connubio” con una bellissima farfalla: l’Ospitone. Essa appartiene ad una specie endemica della Sardegna e della Corsica, è piuttosto vistosa, per colore e dimensioni. La colorazione di fondo delle ali è gialla con reticolatura scura. La farfalla si nutre di nettare dei fiori di varie specie, ma in particolare delle composite spinose come i cardi. La femmina depone le uova nelle foglie della ferula tra giugno e luglio. A luglio compaiono le prime larve. Il bruco d’ospitone si nutre quasi esclusivamente di germogli di ferula.
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Interessante ma da noi in Veneto non l’ho msi vista. Mi potete dire in che regione si può trovare?
Non l’ho mai vista anche in Emilia-Romagna dove vivo da oltre sessant’anni. Mi ricorda la mia Lucania.