Ricordo di Flora Gaspari Farina
Venerdì 7 ottobre la signora Flora Gaspari Farina avrebbe spento 106 candeline. Si è addormentata circa tre mesi prima. Fino all’ultimo si è mostrata lucida, presente e straordinariamente energica. Una vita 106 anni è una favola: una favola bella da raccontare e ascoltare. La particolare vita della signora Flora si intreccia, poi, con eventi storici straordinari e inquietanti, che proiettano luci sul tempo storico presente e sulle sue prospettive. ‘Rabatana’ l’aveva ricordata allo spegnimento della centesima quinta candelina, non immaginando che sarebbe stato l’ultimo ricordo, giacché la signora trasmetteva l’idea dell’eternità. Dopodomani, martedì 20 giugno, scenderà invece nella tomba, nell’attesa della Risurrezione. Ora ‘Rabatana’ aggiorna il precedente ricordo all’attualità di una grande vita conclusa.
Insegnate e pittrice, non ha mai cessato la sua attività di pittura. Una decina d’ani prima di toccare il traguardo del secolo, la signora Flora si dedicò allo studio dell’inglese “per tenere allenata la mente” e poter leggere Shakespeare in originale. Ha continuato a leggere e a studiare dopo i 100 anni.
È nata otto giorni dopo lo scoppio della guerra di Libia… Giovanni Giolitti attese che nascesse prima di dichiarare guerra alla Turchia! Ha attraversato la prima guerra mondiale (aveva sette anni quando la guerra ebbe termine). La sua famiglia era dalla parte dell’impero austroungarico e il padre combatté per quella parte. E’ vissuta poi in Italia tra Cortina d’Ampezzo, Trento e Bolzano. Ha attraversato il ventennio fascista, la seconda guerra mondiale (aveva 30 anni quando ebbe inizio per l’Italia), ha vissuto l’italianizzazione di Bolzano e gli anni del dopoguerra (dall’autonomia ai giorni nostri).
La signora Flora è stata una donna sui generis per l’epoca. A 20 anni andò via dal Trentino per andare a studiare all’Università di Torino, una delle pochissime donne che frequentasse l’Università. Si laureò nel ’35 in Lettere e andò a Bressanone a insegnare al ginnasio. A Bressanone conobbe il futuro marito, un tenente di cavalleria di Avellino. Ci vollero cinque anni di fidanzamento per far accettare ai suoi parenti, che conservavano sentimenti austroungarici, il fatto che sarebbe diventata la moglie di un soldato del Sud Italia.
Poi ci sono stati gli anni dell’italianizzazione dell’Alto Adige. Flora si era trasferita a Bolzano e lì, a scuola, doveva insegnare agli altoatesini a “diventare” italiani. Doveva valorizzare al meglio ogni materia che potesse accrescere il senso di appartenenza alla Patria degli studenti, come il latino, la storia, la letteratura. Il tedesco era bandito. Tutto, poi, si stravolse nel ’43, dopo l’8 settembre, con l’occupazione nazista. Fu un periodo terribile per gli italiani. Il marito fu licenziato e col suo aiuto scappò a Cortina dove si nascose fino alla fine della guerra.
La cosa che faceva più impressione alla signora era che i suoi studenti fossero adesso dei vecchietti, ma ancora alcuni si ricordassero della loro anziana professoressa e passassero a trovarla. Uno in particolare le insegnò l’inglese; lei l’inglese arrivò a leggerlo correntemente e a realizzare il suo sogno di leggere Shakespeare in lingua originale.
Era una bambina durante la prima guerra mondiale e i ricordi rimasero impressi nella sua memoria tutta la lunga vita. Tralascio il ricordo, pur interessante e legato a un evento bellico straordinario, e ricordo il fatto che avvenne con dei soldati bosniaci. In quel periodo la fame era tanta, sia tra i civili che tra i soldati, ma l’esercito austriaco teneva moltissimo all’immagine dei suoi reparti. In un’occasione alcuni fanti originari della Bosnia, affamati, accettarono del pane e poche croste di polenta dalla popolazione. Il giorno dopo, domenica, all’uscita dalla messa, la gente vide quei soldati messi al palo, legati agli alberi antistanti la chiesa agonizzanti sotto il sole. La madre andò dall’ufficiale austriaco e gli urlò che quel gesto dalla crudeltà inaudita faceva vergogna a tutto l’esercito del Kaiser. Nel pomeriggio i soldati furono liberati e alla signora Flora piaceva pensare che un po’ di merito lo ebbe la madre con quella sua “coraggiosa sfuriata”.
Arriva il tempo dell’italianizzazione dell’Alto Adige. Il tedesco era bandito e sorsero le Katakombenschulen, vere e proprie scuole clandestine dove gli studenti continuavano a usare il tedesco. Del clima di quel processo di italianizzazione ha scritto Sergio Romano (Il Corriere della Sera del 16 ottobre 2016, pag. 37).«Nella politica linguistica italiana durante il fascismo vi furono uno spropositato eccesso di retorica e uno sgradevole odore di razzismo. La manipolazione dei cognomi e dei toponimi, a cui dettero la loro collaborazione alcuni esponenti del mondo accademico, fu un’operazione maldestra e incivile». Lilli Kruber, nel suo libro Eredità, dove racconta la storia della sua famiglia, sostiene che la zia Hella dovette cambiare il nome in Elena e fu condannata a cinque anni di confino in Lucania, perché insegnava clandestinamente il tedesco. Il libro della Kruber – bisogna che si dica – è stato aspramente e giustamente criticato. Gli si rimprovera di rappresentare un Tirolo Felix e una visione patinata di un mondo che non è mai esistito. La condanna della zia Hella a cinque anni di confino scontato in Lucania per aver insegnato clandestinamente il tedesco non sta né in cielo né in terra, ma la menziono perché esprime lo spirito dell’eccesso di stupidità che caratterizzò la politica linguistica del fascismo.
Quando quel tempo tramonta la signora Flora ha 44 anni, ha sposato il suo tenente di Avellino, che chiuderà la sua carriera come provveditore agli studi di Trento, è madre di due bambine (seguiranno altri due figli). La prima figlia sposerà Giovanni De Maria, nato a Tricarico, più a sud di Avellino! Ella ha un nome meridionale: Maria Carmela, ma è detta Mella, solo la madre l’ha sempre chiamata col suo vero bel nome meridionale. La signora Flora vivrà ancora 72 anni, i 72 anni dell’Italia repubblicana e delle autonomie, della rinascita, della ricostruzione e della crisi.
Io e Titina, mia moglie e sorella di Giovanni, abbiamo avuta la fortuna di conoscerla e frequentarla. Trascorriamo le nostre vacanze sulla corona di Dolomiti che circondano la sua Bolzano, e ogni anno ci incontravamo. Ci mancherà, ci mancherà molto ora che ci recheremo sul suo Renon e invano l’aspetteremo. Abbracceremo per lei Mella, Renata, Gabriella ed Enzo. A noi si unisce il ricordo di Paola.
8 Responses to Ricordo di Flora Gaspari Farina
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Commovente e sentita partecipazione di una vita così eccezionale ed esemplare, che non può non colpire chiunque abbia ancora un minimo di sensibilità. (strana coincidenza: anche io sono nato il 7 ottobre !)..
Grazie per la tua sensibilità. Sono contento che tu abbia condiviso con me che bisognasse parlare dell’eccezionale vita della suocera di Giovanni.
Storie belle ed edificanti, che diventano ancor più emozionanti, se sono legate a persone,che molto hanno
contribuito a fare la storia delle comunità, in cui hanno vissuto ed operato.
Angelo Colangelo
Grazie della lettura di Rabatana, caro Angelo. Mi incoraggi.
Alla signora Flora – non siamo stati capaci, mia moglie e io, di darle il tu e chiamarla per nome, e lei se ne dispiacque – nel corso di una nostra vacanza, lesse L’Ombra di Barone di Mario Trufelli, che le avevamo prestato. Disse che l’avrebbe comperato e avrebbe visitato la Basilicata, che era pure la regione del genero. Telefonai a Mario, pregandolo di inviare alla signora una copia del libro in omaggio. Dopo Mario mi fece sapere che la signora l’aveva ringraziato con un suo quadro (era anche pittrice) e una lettera in cui scriveva del libro: una vera recensione! mi disse Mario. Alcuni anni dopo, aveva superato il secolo, visitò la Basilicata in lungo e in largo!
Antonio Martino
Caro Antonio,
questi ulteriori particolari confermano l’idea di una persona davvero strabiliante. Bene hai fatto a riproporne sul “nostro” blog il profilo sulla scorta dei tuoi ricordi personali.
Angelo Colangelo
Carissimo Antonio, ho letto d’un fiato il bellissimo ricordo della madre di tua cognata, non l’ho conosciuta, ma sono certo sia stata anche bella come la figlia alla quale e a Giovanni ti chiedo di estendere le mie condoglianze: le mamme sono tutte speciali e … ci mancano.
Un abbraccio a te e ai tuoi
Mimmo
Sì Mimmo. La suocera di Giovanni era bella, e forse più bella delle sue tre belle figlie.
bella commemorazione di una splendida persona , che
attraverso i suoi studi aveva contribuito alla formazione di tanti giovani italiani. Curiosa e ansiosa di nuove conoscenze nel voler approfondire la lingua inglese vicino ai cento anni e visitare la Basilicata terra del genero. Una vita spesa bene !
grazie Antonio per averci donato il suo ricordo.
Enza Spano