II

Agatina non ha ancora compiuto diciassette anni, vanta la bellezza dell’asino – la beauté de l’âge -. «Agatina, tu devi essere mia», le dicono e Agatina non tarda a sperimentare che significa quella … rivendicazione di proprietà, e non le piace. Un pretendente decide di farla veramente sua … con i panni del corredo e una bella dote che includeva una bella casetta in mezzo a un agrumeto di un paio di ettari. Per perseguire il suo obiettivo ricorre a una classica istituzione siciliana, il rapimento, che, nella Trinacria, ha una diversa logica e funzione. Il rapimento si organizza col consenso dei parenti della vittima, non scandalosamente ed esosamente contro di loro. L’errore sarà pagato caro. I fratelli di Agatina organizzano un controrapimento, durante il quale il rapitore rimase casualmente ucciso, e si liberano della sorella. Di notte l’accompagnarono con una barca a Reggio Calabria, le fecero un biglietto ferroviario per Vallo della Lucania, che per loro era semplicemente una stazione sconosciuta sulla tratta per Salerno, le diedero un po’ di soldi e le augurarono buona fortuna. Agatina, rimasta sola, non sa cosa l’attende, ma non piange su ciò che stava lasciando.

Il passaggio di un calesse avanti la stazione, mentre a lei si era avvicinato il capostazione per dirle che la stazione non è un albergo e lei non poteva restarci quanto voleva, segna il suo destino. Il calesse trasportava don Pasquale e il figlio Anacleto penosamente handicappato. Il capostazione chiama in disparte don Pasquale a parlottare, e Agatina capisce che parlano di lei. Don Pasquale Aceto era il mediatore di piena fiducia degli affari del marchese di Torregrupata, un paese all’interno, sulle montagne dove non arriva il treno. Il marchese di Torregrupata, Ruggero Della Pergola, è un soggetto ipocondriaco, neghittoso, grasso e gottoso. Chiamò Pasquale e gli disse: «Pasquale, occupati tu di tutto, come se fossi io». Erano tutt’e due sui trent’anni. Pasquale se ne occupò con la sola ambizione di servire bene e di essere ricordato dai concittadini – magari immortalato con un busto di bronzo – come aveva ben servito. Egli aveva colto che l’essenza dell’economia moderna non consisteva più nella proprietà della terra, ma nella quantità di denaro circolante, o investito in titoli quotati sul mercato. Fece sorgere a Torregrupata, ricca di boschi, fabbriche di travesine, che servivano per le ferrovie che si stavano costruendo – di traversine ne occorrevano migliaia. Anacleto, figlio di don Pasquale, è afflitto da una balbuzie oscenamente invalidante, non può essere lasciato solo e, con la morte della moglie, don Pasquale è costretto a portarlo con sé ovunque andasse. Coglie l’occasione a volo e gli fa sposare Agatina. La ragazza è una benedizione. Portandosela a casa diede una moglie al figlio, affidò la gestione della casa a una donna giovane e attiva, non dovette più portare il figlio con sé, poté godere dei conforti domestici ogni volta che rientrava dai viaggi. Non gli dispiaceva, anzi si compiaceva, che in paese si dicesse che si era portato in casa carne fresca. Unico neo: non giunse il sospirato nipotino. Non passò molto tempo che il compiacimento per ciò che si diceva nel paese si trasformò in attrazione per quel bel corpo giovanile. Con la morte precoce di Anacleto, Agatina rimase in casa come nuora, tra le allusioni e i pettegolezzi del paese, dove, per la … proprietà transitiva, la chiamavano donna Agatina.

(continua)

 

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