Rabatana legge Torregrupata: Patrick recupera le sue origini (VII)
VII
Patrick recupera le sue origini
La storia si avvia alla conclusione. Il racconto è ricco di dettagli, colpi di scena, racconti e dialoghi di livello culturale in vari campi. Rabatana li ignora e giunge direttamente al succo. Michele era stato internato in un manicomio, dove rimase trent’anni, senza nulla sapere di Emma; parimenti Emma, che non aveva ancora partorito il figlio che portava in grembo, era stata reclusa in un convento di suore, senza nulla sapere di Michele. Agatina, che riconosce la calligrafia del suocero nel biglietto posto addosso al bambino, con le istruzioni sul nome che si sarebbe dovuto dargli, e zia Peppa avevano aperto uno spiraglio per la comprensione di ciò che era accaduto quella notte. La matassa si dipana lentamente, parlando con la gente, grazie a un concorso di casualità.
Patrick, convinto a seguito di una serie di avvenimenti, che Michele fosse suo padre e bisognasse cercarlo nel manicomio di un paese chiamato Civitelle, lì effettivamente lo trovò grazie all’aiuto di un carmelitano scalzo, padre Virgilio, che non aveva voluto abbandonare il monastero quando fu requisito dallo Stato e trasformato in manicomio, e lì era sempre rimasto assieme a un confratello. Il monaco ricordava Michele quando fu portato nel manicomio e non si rendeva conto perché fosse finito là dentro. Una volta Michele gli disse che si era innamorato della nipote del marchese del suo paese, che si chiamava Emma. Padre Virgilio riuscì pure a ricordare lo strano nome del paese: Torregrupata. E così il corso degli eventi prendeva una direzione. Michele aveva perso la memoria e la parola ed era in uno stato letale. Patrick se ne fece carico e lo portò a Torregrupata, dove lo prese in cura Agatina, perché Patrick doveva rientrare al reparto. Agatina accompagnò Michele alla sua casa all’estremità del paese. Zia Peppa aveva la chiave e volle consegnarla nelle mani di Michele, che, con grande sorpresa, infilò la chiave nella grossa serratura e aprì la porta con grande naturalezza.
Patrick, finita la guerra, per stare vicino al padre e occuparsi di lui, e determinato a non lasciare la terra in cui era nato, chiese e ottenne di essere collocato a Napoli nel Centro di coordinamento delle attività aeree e navali degli Stati Uniti per il controllo del Mediteraneo. (Un riferimento storico: a Napoli, nel 1949, fu stabilito, in attuazione del Patto Atlantico, il Comando delle Forze alleate per la difesa del Sud dell’Europa [AFSE = Allied Forces Southern Europe]). Favorito dalla sicura conoscenza della lingua italiana, poté stabilire rapporti personali con medici e psichiatri, dai quali riceveva analisi e consigli sulla condizione del padre. In particolare, allacciò un rapporto di simpatia, fiducia e amicizia con lo psichiatra dott. Gaetano Coppola.
Il sindaco di Torregrande, Rocco (che abbiamo già incontrato e vista la straordinaria ispirazione alla figura di Rocco Scotellaro), dirà a Patrick, incoraggiandolo, che la memoria popolare è più forte e ricca dei documenti scritti. Grazie alla memoria popolare e alle intuizioni de dott. Coppola si riuscì a stabilire che Michele non era stato ricoverato in manicomio perché fosse pazzo, ma perché era stato vittima di un atto di inaudita violenza, per toglierlo di mezzo. Egli, inoltre, nonostante il lungo periodo di detenzione in un ambiente degradato e degradante, in comunione con esseri abbrutiti, aveva saputo difendersi estraniandosi completamente dall’ambiente e da quel mondo. Michele non aveva perso la ragione, né la parola, ma se ne era volontariamente privato per difendersi, estraniandosi dall’ambiente e dai suoi compagni di sventura, annullandosi. Una vita condotta per anni in quelle condizioni non avrebbe potuto non lasciare conseguenze: e infatti Michele, quando fu liberato, sembrava un essere abbrutito, in stato letale. Si sperava tuttavia nel recupero delle sue facoltà, lento, faticoso e non certo. Il dotto Coppola prudentemente avvertiva Patrick che il recupero non era sicuro. Ho scritto in qualche pagina avanti che adopero allusivamente l’espressione “pagine non riassumibili” e che, nelle conclusioni semiserie che, dopo il prossimo post, chiuderanno post scriptum questo riassunto, dirò che cosa intendo realmente dire. Senza stavolta minimamente alludere, adopero la stessa espressione anche riguardo alle numerose pagine relative alla lenta scoperta della verità: queste pagine sono realmente non riassumibili e invito a leggerle, perché ne vale la pena.
Michele recuperò in pieno le sue facoltà e Patrick, col recupero delle sue origini – della terra in cui era nato e del padre -, si sentì finalmente realizzato. Quando conobbe il testo del biglietto che aveva addosso quando fu abbandonato, disse: – Adesso so come mi sarei dovuto chiamare! Ma io non mi chiamerò Giovanni Campagna: mi chiamerò come il padre di mio padre, Nicola Genovesi. Ma sentiva il bisogno di ritrovare Assuntina e dette incarico di cercarla a una agenzia di investigazioni di New York. Una certa amarezza scese nell’animo di Elvira, alla quale sembrava che il forte rapporto col padre portasse a trascurato il ricordo e il rimpianto per la madre, Emma.
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