15 DICEMBRE_In ricordo di Rocco Scotellaro e di Giuseppe Dossetti.
15 dicembre 2017. Sessantaquattresimo anniversario della morte di Rocco Scotellaro, sessantatre anni in cui, ogni anno, questo giorno, ritornano i medesimi ricordi. La mancata visita a Rocco, perché Nicola Albanese, incontrato in via Roma mentre stavo andando a fargli visita, mi disse di non andare, perché Rocco stava molto male e avrei disturbato. L’improvvisa partenza di Rocco, perché il prof. Rossi Doria aveva voluto portarlo a Portici, suo ospite, dove sarebbe stato meglio curato. Michele Molinari, di ritorno da Napoli, vede Rocco alla stazione e mi riferisce che era pallidissimo, non stava per nulla bene. Mio padre, la mattina del 16 dicembre, che scendeva curvo, sofferente, lo scalone che portava a casa: lo vidi attraverso i vetri del balcone ed ebbi la netta sensazione che non era a lui a star male, ma stesse per portare una brutta notizia. I bambini, che andando a scuola, parlavano della morte di Rocco, chiamandolo il “secondo poeta d’Italia”. Il funerale, il 17 dicembre. Il prof. Rossi Doria, che ruppe in un pianto dirotto e non riuscì a pronunciare l’orazione funebre. Il frequente cambio dei portatori della bara e la loro convinzione che Rocco non fosse morto o che il suo corpo fosse stato trafugato per studiare il cervello; tale convinzione era giustificata con opposte ragioni: per alcuni la bara era troppo leggera e dunque vuota; per altri troppo pesante e, dunque, riempita di pietre; ma in ogni caso nella bara non c’era il corpo di Rocco.
Io e Antonio Albanese seguiamo la bara nel muto corteo. Passa Pasquale Picerno, il postino, per il suo giro del mattino. Consegna una busta a Antonio. E’ di Rocco. Contiene due fogli, portano la data del 15, il giorno della sua morte. Uno è diretto alla madre e alla famiglia. Rassicurante. “Non risparmiate. Un giorno (i soldi) arriveranno e saranno tanti”. L’altro foglio è per Antonio. C’è il pensiero per il lavoro, l’impegno preso con Laterza: “Portami il Calciano”; c’è disperazione e c’è un grido d’aiuto: “Senza soldi” “E ho tanto bisogno di aiuto”.
Nelle scorse settimane è stata presentata una speciale edizione della rivista Novum Organum, una delle più note e diffuse riviste di italianistica, che si stampa negli Stati Uniti a cura della Stony Brook University – The Center for Italian Studies – di New York. Questa speciale edizione, a cura di Giulia Dell’Aquila e Franco Vitelli, professori di letteratura italiana all’Università Aldo Moro di Bari, e Sebastiano Martelli, professore di letteratura italiana all’Università di Salerno, è intitolata Lucania within us. Carlo Levi e Rocco Scotellaro ed è dedicata a Vittore Fiore, Friedrich G. Friedmann, Rocco Mazzarone, Manlio Rossi-Doria, Linuccia Saba e Guido Sacerdoti.
Il titolo del volume, Lucania within us – La Lucania è dentro di noi, dice bene qual è la pregnanza del volume e, come sostiene il prof. Vitelli, nonché far giustizia di un certo provincialismo con cui si guarda a questi due grandi scrittori, apre l’orizzonte culturale, letterario e anche geografico al loro valore universale.
E’ provinciale e peggio che provinciale, oramai, presentare Rocco Scotellaro scrittore, poeta, politico e contadino. Non provincialismo, ma sfregio dell’identità personale, politica e letteraria di Rocco Scotellaro. Poeta contadino significa poeta della civiltà contadina: non allude a un suo presunto mestiere di contadino. La sua era famiglia artigiana, non contadina. L’espressione “poeta contadino”, peraltro, solo parzialmente definisce l’opera di Rocco Scotellaro, perché egli non è stato solo poeta della civiltà contadina, se si vuole, non è stato “solo” poeta contadino, ma è poeta universale, che il volume Lucania within us meglio precisa e completa anche in senso geografico. Francamente, lo sfregio all’identità di Rocco Scotellaro non è più tollerabile e sarebbe auspicabile che si smetta di chiamarlo poeta contadino.
15 dicembre 2017. Sono ventuno anni che ogni 15 dicembre ai ricordi di cui sopra si uniscono i ricordi legati alla morte di Giuseppe Dossetti. Il tardo pomeriggio del 15, nella cattedrale di Bologna, seduto dinanzi alla bara di Dossetti, posata a terra davanti l’Altare Maggiore, partecipai alla recita del rosario, pregando anche per Rocco e nel suo ricordo.
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Trent’anni e due mesi fa il Domenicale del Sole 24 Ore del 18 ottobre 1987, a pag. 19, pubblicò la seguente scheda su Rocco Scotellaro, che sciolse il dilemma se Scotellaro fu poeta contadino o poeta letterato. A Tricarico, ignorandosi da molti la questione culturale, è annullato il dilemma e, col dilemma, è annullato anche l’uomo. Scotellaro, di mestiere, secondo molti suoi paesani, faceva il contadino.
Ripubblico la scheda
1. 18 OTTOBRE 1987
IL SOLE 24 ORE
DOMENICA – SCHEDE
Senza titolo
«Folklore è una parola equivoca, ad ogni modo incomprensibile qui
dai paesani. Essi dicono che si vestono e cantano…» cosi’ scrive
Rocco Scotellaro in un suo breve appunto ora pubblicato insieme ad
altre sue note e testi popolari o letterari a lui inviati da amici e
corrispondenti. Un blocco di materiali inediti che arricchisce l’
ampio saggio dedicato al poeta di Tricarico da Giovanni Battista
Bronzini. La chiave di interpretazione antropologica utilizzata si
rivela feconda. Consente, fra l’ altro, di sciogliere il dilemma
tradizionalmente dibattuto dalla critica: fu Scotellaro poeta
contadino o poeta letterato? Bronzini, dimostrando puntualmente
quanto la dimensione mitica e magica dell’ universo contadino si
trasfonda nell’ immaginario del poeta per lievitare in canto di
riscatto, ci restituisce l’ uomo e la sua opera nella loro dimensione
piu’ vera.
Giovanni Battista Bronzini, «L’ universo contadino e l’ immaginario
poetico di Rocco Scotellaro», Edizioni Dedalo, pagg. 530, L. 30.000.
Preziosissimo amico. Come avrei mai potuto recuperare la scheda de IL SOLE/24 ORE, visto che sono un pessimo raccoglitore delle memorie essenziali che tutti dovrebbero gelosamente raccogliere !!!!!!GRAZIE