Il prof. Franco Vitelli, col titolo Don Luigino recuperato, pubblica primi documenti inediti e rari per una meditata lettura del Cristo si è fermato a Eboli. Il recupero concerne: 1) L’intervento che Levi fece a favore di don Luigino (podestà di Aliano durante il auo confino) per sottrarlo all’epurazione; 2) Un personaggio apparentemente minore del Cristo, incontrato a Grassano; 3) Il carteggio Levi-Montano e campagna elettorale per l’elezione dell’Assemblea costituente e il referendum istituzionale (monarchia vs repubblica) del 1946.

Il n. 2  è un approfondimento, uno studio di un interessante personaggio di Grassano, Ortensio Ruggiero, niente affatto minore, e suo fratello Amerigo.

Carlo Levi, tornato per alcuni giorni a Grassano per completare alcuni quadri da presentare alla Biennale di Venezia, che aveva dovuto interrompere causa il repentino trasferimento ad Aliano, fu invitato a colazione da un tale signor Orlando “fratello di un noto giornalista che abitava a New York”, del quale Levi aveva disegnato la copertina di un libro. Questo è raccontato nel Cristo. Non sono stati pochi a pensare che il fratello, noto giornalista che abitava a New York, fosse Ruggero Orlando, notissimo giornalista, per l’appunto, corrispondente da N.Y. e deputato socialista. corrispondente della Rai, che tutte le sere si annunciava dal TG col caratteristico: «Qui Nuova York. Vi parla Ruggero Orlando». Anche chi non sapesse che Ruggero Orlando fosse veronese e non grassanese, avrebbe dovuto intuire che la deduzione era sbagliata, giacché nel Cristo, precauzionalmente, per coprire i nomi, Levi inventa pseudonimi, ma non parentele. Vitelli certifica che l’episodio, assegnato a un ritorno a Grassano, in verità accadde nel primo tempo del confino, come risulta da un biglietto depositato presso il Centro Manoscritti di Pavia, con data 9 settembre 1935: “Caro Dott. Levi, se non ha da fare l’attendo oggi, quando crede, per un malvagio caffè e domani a pranzo, a mezzogiorno per un frugalissimo pranzo”. La firma è quella di Ortensio Ruggiero.

Il fratello si chiamava Amerigo, corrispondente dall’America per molti anni del quotidiano torinese La Stampa (e, come si vedrà, di altri noti quotidiani). Il libro, pubblicato da Einaudi nel 1934, è intitolato L’America al bivio.  Uno sguardo acuto sull’America degli anni ’30, fatto da Amerigo Ruggiero,  che poi frettolose ed erronee interpretazioni di ricerche del professor Lucio Villari lasciarono intendere che si trattasse dello pseudonimo di Mario Einaudi, fratello del primo presidente della Repubblica.(Non per pignoleria, ma per rispetto istituzionale, bisogna precisare che Luigi Einaudi non è stato il primo, ma il secondo presidente della Repubblica. Il primo presidente è stato Enrico De Nicola, Capo provvisorio dello Stato, che assunse la qualifica di presidente con l’entrata in vigore della Costituzione il 1° gennaio 1948). L’ipotesi dell’attribuzione del libro a Mario Einaudi, secondo Vitelli, fu poi declassata, con felice prudenza, in “uno scambio di idee, una sintonia sulle vicende economiche americane”. Più di preciso fu il risultato della cattiva interpretazione di quanto Villari sostiene nel suo libro America amara – storie e miti a stele e strisce, Salerno editrice 2013. La svista è chiaramente spiegata da Paolo Mieli in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 26 novembre 2013 col titolo Quell’amicizia finita male tra Mussolini e Roosevelt. Il libro di Lucio Villari è fondamentale per la questione che interessa Mieli circa il rapporto tra Mussolini e Roosevelt.. Esso prende le mosse dalla stima reciproca tra l’illuminista napoletano Gaetano Filangieri e Benjamin Franklin; dall’ammirazione di Hermann Melville per Giacomo Leopardi («introdotto» in America dal poeta bostoniano Henry T. Tuckerman) e da quella di Edgar Allan Poe per Alessandro Manzoni. E dall’impresa fondamentale che fu la traduzione della Divina Commedia ad opera di Henry W. Longfellow. Un intreccio intellettuale che, dopo due secoli, già nella prima metà Novecento produce in Italia (nell’Italia fascista) un interesse allargato allorché viene dato alle stampe Che ve ne sembra dell’America? (Mondadori, 1940) di William Saroyan, mentre Elio Vittorini con Cesare Pavese prepara l’antologia Americana (Bompiani, 1941). Ma, nota Villari, Giulio Einaudi aveva anticipato Pavese e Vittorini pubblicando già nel 1934, subito dopo aver inaugurato la sua casa editrice, «Che cosa vuole l’America» di Henry A. Wallace e «L’America al bivio» del giornalista Amerigo Ruggiero. Probabilmente, scrive Villari, queste pubblicazioni si dovevano a suo fratello, Mario Einaudi, che era andato a insegnare alla Harvard University. In altre parole, Villari sostiene che Mario Einaudi avrebbe consigliato al fratello Giulio di pubblicare i suddetti libri, non che sarebbe l’autore di «America al bivio». Mieli conferma nettamente questa affermazione, infatti scrive: “Prima di loro, ad accorgersi di quanto importante stesse diventando l’America era stato Benito Mussolini, che aveva fortemente cercato l’incontro con Roosevelt. Mussolini apprezzava molto le corrispondenze di Ruggiero sulla «Stampa», di cui volle scrivere di persona (sul «Popolo d’Italia»): «Non si tratta di articoli di colore, né di panzane romanzesche; sono articoli redatti con chiarezza di vedute e onestà di ragguagli». Apprezzamento che fu anche più ampio nei confronti del libro di Wallace, sul quale Mussolini intervenne ancora una volta con un articolo di suo pugno nel quale elogiava l’opera di Roosevelt, ma — a prendere le distanze dall’editore — criticava l’introduzione di Mario Einaudi («una specie di glossa prolissa a un testo che è straordinariamente chiaro»). Non a caso sulla copertina del libro domina a tutta pagina un’aquila dalle ali dispiegate e avvolgenti, al cui interno sono raccolti autore e titolo che poggiano sulla scritta NRA (National Recovery Adminisration). Vitelli, inoltre, chiama in causa un’altra opera di Amerigo Ruggieri, Italiani in America.

La figura del fratello del giornalista, Ortensio, era ben nota al prof. Vitelli, che l’aveva criticamente delineata nel saggio Grassano qualche decennio fa… (“Matera promozione”, sett.-ott. 1988). Secondo la prof. Carmela Biscaglia la figura di Ortensio richiederebbe una più attenta memoria. Mi riferisco alla sua Presentazione,  letta a Tricarico l’8 agosto  2005, del volume Grassano, storia di un casale di Domenico Bolettieri, della quale, scusandomi, compio un radicale saccheggio. La prof. Biscaglia sottolinea l’intensità e la passione con le quali Ortensio seguì per anni i problemi dell’agricoltura meridionale, con la competenza derivante dalla frequenza alla Scuola Enologica ad Avellino e la diretta esperienza messa in atto dopo il suo ritorno dagli Stati Uniti. Lì si era momentaneamente trasferito con suo fratello Amerigo, prestigioso corrispondente da quello Stato della Stampa di Torino, e non solo, ma anche del Corriere della sera e de La Nazione, nonché autore dei citati einaudiani «Italiani in America» e «America al bivio». Uomo di ampie e moderne vedute, Ortensio Ruggiero, direttore del Consorzio Agrario, pensò bene di affiancargli il quindicinale L’eco dei campi e dei mercati, di cui riuscì a pubblicare 12 numeri dal novembre 1921 al marzo 1924. Il giornale che ricevette il plauso e l’abbonamento di Giustino Fortunato, desta interesse – a parere di Vitelli – per la vivacità e l’impostazione, specie in considerazione del tempo (anni Venti) e del luogo di redazione (Grassano). Il significato profondo e la prova di quanto tali esperienze possano incidere in un sistema fondato sulle “microstorie”, ci viene dato dallo stesso Ruggiero in un testo, dall’apparente forma epistolare, in realtà una cronistoria in chiave autobiografica, indirizzata a Rocco Mazzarone e pubblicato su Matera promozione, sett.-ott. 1988, col titolo A Grassano quando l’agricoltura si scriveva con la A maiuscola. “Esso fu, – si chiede Ortensio Ruggiero – un riuscito esperimento di associazionismo fra le nostre classi rurali, ritenute refrattarie allo spirito di associazione, di cooperazione, come in genere viene caratterizzato il Meridione? Dubito che il successo conseguito da quel Consorzio Agrario sia da attribuire ad un vero spirito di cooperazione […], semmai ad un felice incontro tra una indistinta aspirazione ad un superamento di questa classe agricola e chi ne interpretò i suoi bisogni, la sua vita travagliata, che seppe cogliere il senso di quella civiltà contadina, di cui ora si fa tanto uso ed abuso dai suoi nuovi scopritori”. Al Consorzio, che operava non solo fra i soci, ma fra gli agricoltori in genere cui indirizzava il credito agrario, facevano capo società agricole di altri centri, tra cui Tricarico. Fu soppresso nel ’27, come tutti i consorzi agrari del ventennio precedente, allorquando i nuovi orientamenti centralizzatori del fascismo istituirono i Consorzi provinciali.

Non ne parla Vitelli nel suo saggio, la conversazione che, secondo quanto è raccontato nel Cristo, si svolge a tavola tra Carlo Levi e il suo ospite è peraltro strettamente attinente e utile a delineare la personalità di Ortensio Ruggiero. Ritengo, pertanto, di dover riportare col prossimo post il passo leviano sulla conversazione prandiale e postprandiale.

 

 

 

 

 

 

8 Responses to Un personaggio grassanese, apparentemente minore, del Cristo si è fermato a Eboli

  1. domenico langerano ha detto:

    Caro Antonio,
    dovevi fare il sarto per la pazienza e la competenza con la quale ricuci e rapporti tante microstorie minori all’attenzione di non assidui ‘frequentatori’ come me del mondo dei letterati e degli storici.
    Moltissime volte mi obblighi a fermarmi in positiva riflessione e amore per questa tua preziosa elargizione di richiami colti per le persone e i fatti che attengono al nostro territorio.
    Credimi questo mi fa sentire piacevolmente bene e ti rendo gazie.
    Mimmo

  2. Antonio Martino ha detto:

    Caro Mimmo,
    E’ un piacere incontrarti di buon mattino, dopo una notte tormentata più che insonne della vecchiaia, anche se sei esagerato. E’ una carezza dell’anima aver stabilito un concreto rapporto con Tricarico, un ritorno nel tempo breve, tramite Carmela Biscaglia, Sabrina e te. Buona giornata, Antonio

  3. Antonio Martino ha detto:

    L’invito di Ortensio Ruggiero a Carolo Levi, che vale la pena rammentare (Caro Dott. Levi, se non ha da fare l’attendo oggi, quando crede, per un malvagio caffè e domani a pranzo, a mezzogiorno per un frugalissimo pranzo), mi ha fatto ricordare un altro passo del “Cristo si è fermato a Eboli” riguardo al rapporto tra i luigini e il cibo. (Ortensio Ruggiero era un “contadino”, ma, come ha spiegato Carlo Levi, c’è un po’ di luiginismo in tutti i contadini e tutti i luigini sono un po’ contadini).
    Non so ora, ma ai miei tempi, incontrandosi all’ora del pranzo ci si salutava chiedendo: – Che ti mangi? Era una forma di saluto particolare e riservato. Non a tutti si poteva chiedere cosa avrebbe mangiato, ma solo a chi si era certi che aveva qualcosa da mettere a tavola, costituiva, quindi, riconoscimento e attestato di condizione sociale. E quando capitava che il salutato avrebbe mangiato verdura, chiamata “foglie” – cibo vilissimo perché costava una miseria e di verdure selvatiche se ne trovavano in quantità sulle scarpate e i fossi -, bisognava trarlo dall’imbarazzo. Tra i due si svolgeva questo dialogo: – Che ti mangi? – Eh, oggi foglie! – Buono! ogni tanto bisogna rinfrescare e pulire l’intestino.
    L’invito di Ortensio Ruggiero ha chiamato alla memoria un altro passo del Cristo si è fermato a Eboli. Siamo alle ultime pagine del memoriale leviano. Don Traiella era partito, spedito definitivamente tra le catapecchie malariche di Gagliano. Il suo successore don Pietro Liguari, il giorno dopo il suo arrivo, incontra Levi, si presenta, lo saluta cordialmente, mostrando di sapere tutto di lui, e lo invita a prendere il caffè. Entrando nella casa del nuovo arciprete, Levi è colpito dalla grande quantità di salami, salsicce, prosciutti, provole, provoloni, trecce di fichi secchi, di peperoni e di agli che pendavano dalle travi del soffitto, dai barattoli di conserve e di marmellate, e dale bottiglie d’olio e di vino che ingombravano le dispense, Don Pietro fece visitare la casa a Levi e ammirare le sue provviste, e gli dice: Verrà qualche volta a fare penitenza con me – mostrandogli del burro fresco, cosa che a Gagliano non esisteva, e che non aveva mai visto da che era venuto.

  4. Gilberto Marselli ha detto:

    Man mano che andiamo avanti hai la capaità di sorprendemi sempre più. Sei preziosissimo non solo pr l’affettuosa amicizia che mi dai ma anche, e soprattutto, per gli stimoli culturali hce sai dai, avviandoti a colmare le infine lacune che oscurano la mia cultura. Starei sempre a leggerti, rammaricando di non essere anche io a Ferrara accanto a te. Ma, come accade a tutti i tesori, ti conservo gelosamente anche nella caotica Napoli, in attesa della tua successiva chicca. Sicuro che il flusso di cultura e di rievocazioni da te alimentate non si esaudirà mai. Il nostro debito di noi fruitori di tanta ricchezza si accresce inesorabilmente e ci mette in crisi perché non potremo mai liberarci dall’onerosa cappa del debitore. Tanto più se trattasi di debiti culturali e non monetari…

  5. Antonio Martino ha detto:

    Caro Gil, Preferirei che tu mi prendessi in giro, ma so che purtroppo che non è così. Vado pescando di qua e di la, cerco di non copiare integralmente ma di comunicare parafrasando su Rabatana per occupare le mie giornate. Sono bagatelle, non dico che non servono a niente, anzi! Ma il merito non è mio. Ciao, Antonio

  6. angelo colangelo ha detto:

    Caro Antonio,
    è davvero encomiabile il tuo impegno a diffondere tramite “la Rabatana …” informazioni, spesso di prima mano, su cose apparentemente piccole, che invece sono molto preziose.
    Esse, infatti, non servono solo a soddisfare oziose curiosità di addetti ai lavori, ma a ricostruire sapientemente la microstoria delle nostre comunità attraverso le testimonianze di autori significativi ed imprescindibili.
    A parte il fatto che i tuoi contributi di grande spessore culturale sono puro godimento intellettuale. Grazie di cuore,
    Angelo Colangelo

    • Antonio Martino ha detto:

      Grazie a te, veramente di cuore,caro Angelo. E’ un piacere e un forte incoraggiamento saperti lettore di Rabatana.

  7. D. Jankovich ha detto:

    Caro Antonio,
    è per me un immenso piacere avere la possibilità di conoscere attraverso RABATANA e i Suoi contributi innumerevoli fatti e storie che riguardano avvenimenti di una epoca quando mi sono culturalmente formato in Italia. In tanti anni della nostra amicizia Lei ha saputo soddisfare molte delle mie curiosità e stimolare tantissimi interessi intellettuali.
    Per tutto questo resto e mi sento Suo grande debitore e le sono molto grato.
    Con affetto e profonde stima,
    Duško

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