Perché le poesie di Rocco Scotellaro piacciono agli inglesi
E’ state gran merito di Caroline Maldonado a Allen Prowle aver promosso la conoscenza di Rocco Scotellaroin Inghilterra e si è visto nel precedente articolo che Prowle pensasse a Rocco come uomo e poeta straordinario con affinità rispetto ai grandi poeti cari agli inglesi. Mi riservai, pertanto, di far conoscere il pensiero di Allen Prowle nella traduzione di Vito Sacco, che tanta parte ha avuto nello scambio culturale e letterario tra Tricarico e Londra nel nome di Rocco Scotellaro.
«Penso – scrive Allen Prowle e traduce Vito Sacco – che sia in gran parte perché lo vediamo come parte di una comunità o movimento di poeti a noi familiari, il Romanticismo, sia politicamente, sia esteticamente rivoluzionario quando cominciò alla fine del XVIII secolo e all’inizio del XIX secolo. Poeti come Wordsworth, Shelley, Byron e Blake della nostra letteratura trasformarono la nostra percezione di che cosa la poesia dovrebbe essere. Essi sfidarono le aristocratiche e privilegiate norme sociali e politiche. Per loro, i sentimenti e le emozioni, la vita istintiva avevano un valore umano più grande della ragione, del calcolo scientifico e del progresso materiale che, mentre trasformavano il mondo in molti modi significativi e “utili”, avevano anche fatto molto per indebolire ed erodere le vecchie certezze di solidarietà e di comunità. Rocco Scotellaro continua questa tradizione poetica, riafferma questi valori minacciati.
Ma il poeta inglese il cui nome è stato più frequentemente menzionato in rapporto con Scotellaro, nelle discussioni che ho avuto durante le varie letture a Londra, è John Clare (1793 – 1864). Come Scotellaro, Clare nacque in una famiglia del proletariato rurale che dovette lottare per vivere. Il paese dove visse, Helpstone, era lontano da qualunque centro di potere politico o culturale, i suoi genitori erano analfabeti ma egli riuscì, a dispetto di tutto ciò, a farsi pubblicare le poesie a Londra, raggiungendo, almeno per breve tempo, una significativa fama letteraria. Che cosa ha ispirato la “canzone” di entrambi i poeti è stato un profondo e persino spirituale amore per la loro terra natia, non per la Natura come una generalizzazione, scritta con la N maiuscola ma come particolarità, intensamente familiare e amata. Entrambi i poeti diedero voce alla loro gente, quella che, sebbene non possedesse la terra, la coltivava e la curava. Noi lettori inglesi riconosciamo nelle poesie di Scotellaro personaggi che figurano nelle campagne di John Clare: zappatori, contadini, mietitori e trebbiatori, carrettieri che portavano il sale tra cumuli di neve. John Clare e Rocco Scotellaro sono entrambi poeti romantici nel senso che entrambi ci rassicurano, nelle loro poesie, che il sentimento, il calore umano, l’amicizia, la lealtà con gli amici e la famiglia sopravvivono persino all’interno di un’indiscutibile espropriazione. Il pubblico londinese, a cui ho portato Scotellaro, ha riconosciuto un mondo che aveva perso. Ho ritenuto appropriato a un evento organizzato da “Poet in the City” leggere la nostra traduzione di “Una fucsia”. È una poesia d’amore e, perciò, molto personale ma penso che parli del suo amore a tutti noi, facendo tacere il rumore del mondo e riportandoci a quel mondo che abbiamo perso.
Una fucsia
Una fucsia in mano avevi
come tengono i gigli
le immagini di Sant’Antonio.
Per un simile fiore che mi desti
si svegliarono in me le feste
massacranti del paese
quando le bande vengono chiamate
da un colpo sul luogo dei fuochi
accesi nel cielo e vince la gara
l’incendio più fresco di fucsia.
Anche mi ricordo un anno fa
i pennacchi della pula sulle aie.
Ecco, il paese ti porto in città.
A fuchsia
You held a fuchsia in your hand
like Saint Anthony’s images
hold lilies.
Because you gave me a flower like this,
it roused in me a memory
of those madcap village festivals
when the bands are summoned by a bang
to the place where fireworks light the sky 11
and the prize is won
by the brightest fuchsia blaze.
I remember too, a year ago,
the plumes of chaff on the threshing floor.
See, I bring you the country in the city.
Quando lessi quell’ultimo verso a Londra, “See, I bring you the country in the city”, sentii dal pubblico un profondo sospiro collettivo mescolato a una risata velata e compresi che Caroline e io eravamo riusciti a catturare, alla fine, qualcosa della pura gioia della poesia di Scotellaro ma una gioia mista a rimpianto e tristezza allo stesso tempo. La grande poesia è spesso come questa. Il poeta inglese Wystan Hugh Auden una volta definì la poesia, molto sinteticamente, come “la chiara espressione di sentimenti eterogenei”.
Tradurre una poesia non è come tradurre, per esempio, una guida turistica. Si legge una tale cosa solo per informazione. Così, la traduzione deve semplicemente comunicare quelle “informazioni” il più chiaramente possibile. Non si canta una guida turistica ma la poesia ha sempre una melodia e quella melodia non è qualcosa di puramente decorativo ma è una parte essenziale del “significato” della poesia. Questo è lavoro per un poeta e Caroline e io siamo entrambi poeti, oltre che traduttori. Entrambi capiamo come è importante la musicalità di una poesia, particolarmente per la sua forza emotiva e siamo esercitati a esplorare le intrinseche qualità del suono della nostra lingua. Ma le armonie intrinseche di una lingua neolatina, come l’italiano o lo spagnolo, non sono le stesse di quelle della lingua in gran parte germanica che è l’inglese. Come accademici, entrambi abbiamo una comprensione tecnica di come opera la nostra lingua e di che cosa è capace ma, come poeti, abbiamo anche un intuitivo senso di come i suoni musicali si riconciliano armoniosamente, aumentando lo stato d’animo o lo stato emozionale della poesia. Forse potrei dare un esempio di ciò che voglio dire. Ecco, nell’originale lingua italiana, “Alla figlia del trainante”, la prima poesia di Scotellaro che abbia […] letto, seguita dalla nostra traduzione.
Alla figlia del trainante
Io non so più viverti accanto
qualcuno mi lega la voce nel petto
sei la figlia del trainante
che mi toglie il respiro sulla bocca.
Perché qui sotto di noi nella stalla
i muli si muovono nel sonno,
perché tuo padre sbuffa a noi vicino
e non ancora va alto sul carro
a scacciare le stelle con la frusta.
To the carter’s daughter
I cannot live beside you any longer,
something stifles my voice.
You are the carter’s daughter
and you take away my breath.
Because below us in the stable
the mules are restless, though asleep,
because your father snoring near us
has not yet clambered on his cart
to beat away the stars with his whip.
I versi di apertura della poesia sono senza punteggiatura e corrono per tre periodi insieme senza pause. Bene, che cosa si sente è un affanno, una confusione di sentimenti: affetto e passione ma anche frustrazione e la sconcertante necessità di essere e vivere altrove. Il ritmo della poesia è insistente, costruendo un senso di tensione che è rotto dall’improvviso schioccare della frusta del padre che dissipa la riservata e intensa intimità della coppia. Speriamo di aver comunicato il rumore fatto dai muli attraverso la ripetizione della consonante “s” in “Because below us in the stable/the mules are restless though asleep” e che la ripetizione della consonante “t” nei due versi finali, accoppiata alla occlusiva “p” in “whip” che fa eco con quella di “asleep” tre versi prima, raggiunga un effetto simile di repentinità, come è creata nell’originale dal rimare “stalla” e “frusta”.
Voglio ora parlare della nostra scelta delle poesie per la raccolta e la nostra scelta del titolo. Volevamo dare ai lettori anglofoni la consapevolezza della diversità, della varietà di temi e dello sviluppo di questo poeta che, a dispetto della sua tragica e prematura morte, ci ha lasciato più di quattrocento poesie. Volevamo anche poesie che possano ancora parlare ai lettori del nostro tempo, sessant’anni dopo la sua morte. Abbiamo scelto come titolo del libro parte del verso di apertura di una poesia che scrisse nel 1947: Your call keeps us awake, perché sentiamo che questo è ciò che la sua poesia faccia per noi. Mentre essa così spesso testimonia sofferenza e disagio, ci ricorda anche che cosa è costante nella nostra vita, la nostra inesplicabile lealtà alla nostra famiglia che, sebbene possa fare enormi richieste su di noi, come fece la famiglia di Scotellaro, ci ha anche nutriti e protetti. In un mondo persino più egoista, questo è un urgente richiamo. Egli scrisse molte poesie commoventi su sua madre e suo padre e noi ne abbiamo incluse diverse nella raccolta. Questa, scritta a sua madre, l’abbiamo trovata particolarmente intensa, “Il grano del sepolcro”.
Il grano del sepolcro
È cigliato nello stipo il grano
del sepolcro per Gesù bendato.
Verrà giugno, morirà anche mia madre,
voglio portarle spighe spigolate
dentro il suo scialle sacro
che per altro non avrò toccato.
Allora la casa sarà la via che mi mantiene:
non morire, mamma mia, che ti vorrò più bene.
The Grain of the Sepulchre
The grain of the sepulchre of the blindfolded Christ
has sprouted in the cupboard.
June will come, my mother will die.
I want to bring her ears of corn just gleaned
and wrapped up in her sacred shawl
which I would not otherwise have touched.
Then home will be the road I follow:
Mamma, do not die, so I may love you more.
La traduzione di “The grain of the sepulchre” si presentò all’inizio con un problema causato dalla nostra ignoranza dei riti cattolici. Per noi, il sepolcro era la tomba scavata nella roccia. Non ci era familiare la pratica di allestire un sepolcro nelle chiese a Pasqua e di conservare il grano da porre sopra. Fortunatamente, in simili circostanze, siamo stati spesso aiutati dai professori Biscaglia e Sacco, che gentilmente ha tradotto il mio testo; sono state le nostre guide culturali, spirituali e dialettali. Ricordo che Vito spiegava che la parola “cigliato” per descrivere il grano era un uso locale che suggeriva che il grano era germogliato mentre era conservato. Egli mi ha anche mandato una bellissima immagine di un sepolcro di Pasqua di una chiesa di Tricarico.
L’esperienza di Scotellaro di allontanarsi frequentemente dalla sua casa e dalla sua famiglia ora ci è molto familiare in un mondo caratterizzato da emigrazione e spostamento. Il giovane che parla nella sua poesia “Ticket to Turin” è andato nella città del Nord in cerca di lavoro ma i versi finali della poesia dichiarano il suo fiero orgoglio per la sua discendenza arabo-musulmana. Il passato è il suo terreno solido, che gli dà il senso di chi è.
…
Con quanta lena me ne son venuto
a toccare l’azzurro delle tute:
voglio dirlo a quegli altri, ai saraceni.
…
How keen I was when I came to touch
The working men’s blue overalls:
I want to tell them that, those Saracens.
Un numero di poesie successive, come “Leggenda d’amore” (“Legend of love”) ed “È fatto giorno” (“It’s light now”) evocano molto vividamente il passato arabo-musulmano della Basilicata. Sono poesie “difficili” e impegnative ma sono decisive per una completa comprensione del pensiero di Scotellaro, ispirato e pervaso, come è, della sua conoscenza e profonda comprensione della storia della sua terra. Sono poesie della riconciliazione ispirate dal principio dell’“eterno femminino”, un antico valore del sud Italia e aprono ai lettori inglesi una prospettiva storica che estende la nostra comprensione di un’esperienza europea più ampia di cui siamo largamente ignoranti nell’Europa del nord. Caroline e io siamo grati a «Modern Poetry in Translation» e a “Smokestack Books” per averci dato l’opportunità di ampliare il pubblico dei lettori di questo poeta molto moderno e molto europeo, la cui umanità e il cui ottimismo continuano a stimolare e a “mantenerci desti”»
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