Spiegazione del post “Cronaca di un assassinio”
Ho sbagliato in un precedente post a non fare il nome della persona che ha modificato il profilo della sua pagina FB con un frammento di Rocco Scotellaro. Il frammento, «Io sono uno degli altri», è intitolato «Autoritratto». Si tratta della pagina FB dell’ex terrorista Barbara Balzerani. La modifica del profilo equivale ad appropriazione della identità e dignità poetica e politica di Rocco Scotellaro, è come se dicesse: Io sono una degli altri, sono come Rocco Scotellaro.
Barbara Balzerani è un’ex terrorista non pentita e non dissociata. Ha commesso diversi assassinî (e non è che gli ex terroristi diventino ex assassini), ha partecipato alla strage di via Fani e al rapimento dell’on. Moro, ha avuto diversi ergastoli. E’ libera in conformità alle norme della legge Gozzini. Tanto basta per la comprensione di questo post e altro non intendo aggiungere.
La modifica della pagina FB, aggiunta a diverse gravissime provocazioni di cui si è parlato e polemizzato nei giorni scorsi, è una provocazione ignorata dalle cronache ma non meno grave. Bisognava reagire.
Informai immediatamente chi ritenevo che la sua parola, in confronto alla mia, avesse maggiore pregnanza. Telefonai per informarlo in uno stato di esagitazione, ma il mio interlocutore, incredibilmente, non capì o non volle capire (non bastava conoscere il fatto per rendere evidente la provocazione?): mi liquidò in fretta non senza avermi fatto una superficiale lezioncina di diritto sui diritti, che c’entrava come i classici cavoli a merenda.
Pubblicai quindi su questo blog il post «Cronaca di un assassinio», e mi resi subito conto che esso non aveva provocato quasi nessuna reazione. Dico quasi per rendere giustizia ad un paio di mi piace date al post pubblicato anche su FB, e soprattutto per ringraziare sentitamente Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario nazionale del PPI e Giuseppe Fortuna, professore emerito e docente di sociologia urbana presso la City University di New York, che hanno capito e mi hanno scritto una mail.
La signora Barbara Balzerani non un giorno qualunque, ma proprio quello dell’anniversario della strage di via Fani, proprio la sera in cui quei morti di via Fani venivano celebrati a quarant’anni dall’attentato, fu invitata a presentare un suo libro. E lei, dal palchetto del Centro sociale Cpa di Firenze Sud, con dietro le spalle il manifesto con su scritto viva Lenin, scelse la provocazione.
«C’è una figura, la vittima – dichiarò – che è diventata un mestiere, questa figura stramba per cui la vittima ha il monopolio della parola. Io non dico che non abbiano diritto a dire la loro, figuriamoci. Ma non ce l’hai solo te il diritto, non è che la storia la puoi fare solo te».
Valsero a poco – anzi non valsero a nulla – le scuse del Centro sociale ospitante, il quale si disse all’oscuro del fatto che la presentazione coincidesse con l’anniversario. Qualche settimana prima, infatti, la terrorista, che, ripeto, non si è mai pentita né dissociata dalle Br, aveva scritto un post su Facebook, che ha poi cancellato, nel quale si leggeva: «Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40ennale?». Il riferimento all’anniversario della strage era del tutto evidente. E ha continuato a insistere. In un incontro organizzato dalla libreria Majakovskij, disse: «Non è che se vai a finire sotto un’auto sei una vittima della strada per tutta la vita, lo sei nel tempo che ti aggiustano il femore». L’agghiacciante parallelo arrivò in risposta a chi le ricordava l’intervento del capo della polizia Franco Gabrielli, per il quale «vedere i brigatisti in tv era un oltraggio ai morti».
Tra le reazioni, merita di essere particolarmente ricordata quella di Maria Fida Moro, figlia di Aldo Moro, che tanti sforzi ha fatto insieme con la madre, per cercare di trovare un po’ di pace. «Prendo atto della sua inconsulta dichiarazione – si è sfogata – Avrei immaginato che avrebbe risposto con il silenzio che è d’oro. Negli ultimi quaranta anni mentre io mi arrampicavo sugli specchi per mantenere mio figlio, voi ve la siete goduta senza fatica, senza dolore e senza merito. Io sono quella del perdono nei vostri confronti, che mi è costato un baule di parolacce e minacce di morte (compresa la carta igienica sporca inviata per posta). Altri hanno trasformato in mestiere e in una lucrosa fonte di reddito il nostro dolore. Detesto anche solo l’idea del mestiere di vittima, che ho sempre rifiutato. Sono andata in giro gratis attraverso l’Italia per portare un messaggio di pace amorevole». E ha concluso: «Se c’è qualcuno che ha trasformato in mestiere una morte totalmente ingiusta siete voi, portati in palma di mano, da gente vile e meschina. È paradossale che viviate da allora a braccetto con il sistema che dicevate di voler combattere».
Non è giusto che dimentichi la reazione dell’Associazione vittime del terrorismo, il cui presidente Roberto Della Rocca, gambizzato dalle Br nel 1980 a Genova, ha sottolineato: «La vittima non è mestiere ma una calamità che capita a persone e familiari. E dura tutta la vita, perché le ferite morali non si rimarginano. Questi signori se hanno da dire qualcosa si presentino davanti ai giudici e diano brandelli di verità, anche se la giustizia non la possiamo ormai più pretendere. Ci farebbe piacere che invece di esporsi, cercassero di farsi dimenticare».
Infine, vanno ricordate due reazioni su piani istituzionali. Il consiglio comunale di Firenze ha approvato una risoluzione per chiedere lo sgombero del locale del comune occupato dal Centro autogestito, che ha ospitato la presentazione del libro della signora Balzerani, senza presa di distanza dalle sue parole.
La procura della repubblica di Firenze ha aperto un fascicolo conoscitivo sulle parole dell’ex Br. Il fascicolo, allo stato, non ipotizza nessun reato ma accoglie una relazione informativa redatta dalla Digos sull’evento al Cpa.
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La più bella e umanamente vera reazione alla cinica appropriazione dell’identità poetica e della storia umana di Rocco Scotellaro da parte dell’ex terroista Barbara Balzerani si legge in un libro del regista Francesco Rosi: «Io lo chiamo cinematografo (conversazione con Giuseppe Tornatore)», Milano, Mondadori, 2012, p. 348-49). Il film – ricorda il regista – fu girato in un momento storico drammatico, durante i giorni del sequestro e della prigionia di Aldo Moro. “tenendo le radioline attaccate all’orecchio”. Il film era “Cristo si è fermato a Eboli”. “E mi sono inoltrato nelle riprese – scrive Rosi- entrando in una specie di serenità, di calma, che mi veniva da quel mondo, da quelle immagini che trasudavano quegli stessi valori che, contemporaneamente, i brigatisti stavano distruggendo”.
Ho condiviso il post della balzerani con un commento salato e salve oltre che sprezzante! Deve vergognarsi finanche di essere tra noi su fb.!
Ho condiviso il post della balzerani con un commento salato e salace oltre che sprezzante! Deve vergognarsi finanche di essere tra noi su fb.!