Sei anni dopo

Ceija Stojka reduce da Auschwitz e da Bergen Belsen nel giugno 2012, l’anno prima della sua morte, nel corso di un’udienza concessa da Benedetto XVI a circa tremila rom e sinti di Europa, si presentò al papa con queste parole:
«Ero bambina e dovevo vedere morire altri bambini, anziani, donne, uomini; e vivevo fra i morti e i quasi morti nei campi. E mi chiedevo: perché? Che cosa abbiamo fatto di male? Sento gli strilli delle SS, vedo le donne bionde, le Aufseherinnen [guardie/sorveglianti] con i loro cani grandi che ci calpestavano, sento ancora l´odore dei corpi bruciati.
Come posso vivere con questi ricordi?! Come posso dimenticare quello che abbiamo vissuto?! Non è possibile dimenticarlo! E l’Europa non deve dimenticarlo! Oggi Auschwitz e i campi di concentramento si sono addormentati, e non si dovranno mai più svegliare. Ho paura, però, che Auschwitz stia solo dormendo. Per dire la verità: non vedo un futuro per i rom. L’antigitanismo e le minacce in Ungheria, ma anche in Italia ed in tanti altri posti, mi preoccupano molto e mi rendono triste, triste! Ma vorrei dire che i rom sono i fiori in questo mondo grigio. Hanno bisogno di spazio e di aria per respirare».

Piero Stefani

Il testo che precede è stato pubblicato il 21 giugno scorso, col n. 624, sul blog “Il Pensiero della settimana di Piero Stefani”. Il Pensiero n. 623, che lo precede, era stato pubblicato il 15 luglio 2017, ponendo con esso fine a una esperienza che aveva avuto inizio quattordici anni prima e, pertanto, ad esso seguiva la seguente nota di congedo. Seguirà infine, a cura di Rabatana, una nota biografica di Ceija Stojka. (a.m.)

Nella vita molte realtà si spezzano, a volte per continuare ugualmente a vivere (o a sopravvivere), a volte per cessare del tutto. Anche il filo dei « Pensieri della settimana » è giunto a rompersi. Questa volta non si tratta della consueta pausa estiva. Giudico personalmente conclusa un’esperienza iniziatasi verso la fine del 2003. Un detto chassidico afferma che chi prega oggi per il solo fatto di averlo fatto ieri è lontano da ogni autentica forma di devozione. Mutatis mutandis, ciò vale per ogni attività umana che richiede pensiero e inventiva. Bisogna capire quando giunge il tempo del congedo. Termino ringraziando i lettori che mi hanno seguito in tutti questi anni, ma il grazie più grande è rivolto alla persona senza la quale nulla sarebbe stato pubblicato. La dedizione e la costanza di Antonio Martino e di sua moglie Cristina, protrattesi anche quando Antonio ha superato ormai da vari anni la soglia degli ottanta, sono stati esemplari e senza incrinature.

Piero Stefani

Ceija Stojka, nata nel 1933 a Kraubath, un paesino della Stiria, era la quinta di sei figli di una famiglia cattolica di Rom Lovara. Tra il 1941 ed il 1945 (bambina dagli 8 ai 12 anni) è’ stata deportata in tre campi di concentramento, prima ad Auschwitz, poi a Ravensbrueck ed infine a Bergen Belsen. Venne marchiata come uno dei cavalli che suo padre vendeva alle fiere. Sul braccio gli restò un tatuaggio: Z6399. Z sta per zigeuner, zingaro. La sua famiglia allargata contava più di duecento persone, di queste solo lei ed altre cinque sopravvissero alla deportazione. Dopo il ritorno dal lager ha vissuto a Vienna e nei dintorni della capitale austriaca lavorando come venditrice ambulante. Dotata di spiccata sensibilità artistica Ceija Stojka è stata scrittrice, poetessa, cantante e pittrice. Ha scritto poesie e testi sia in lingua romanes che in tedesco. E’ stata una dei pochi rom a mettere per iscritto i suoi ricordi di sopravvissuta e a pubblicare la biografia: Wir leben im Verborgenen. Erinnerungen einer Rom-Zigeunerin 1988 (Viviamo in isolamento. Memorie di una Romnì). Nel 1992 esce il suo libro “ Reisende auf dieser Welt” (Viaggiatori di questo mondo) e nel 2003 la sua raccolta di poesie. Meine Wahl zu schreiben – ich kann es nicht.
Nel 2005 nel libro Träume ich, dass ich lebe? Befreit aus Bergen-Belsen (2005) (tradotto in italiano col titolo “Forse sogno di vivere”) racconta la sua esperienza di bambina nel campo di concentramento di Bergen-Belsen.
Del suo villaggio natio conservava ricordi sfocati ma aveva una memoria nitida dei campi di sterminio: “Ciò che ho vissuto nei campi, invece, lo ricordo tutto. Eravamo in pochi bambini a Bergen Belsen. Quando avevamo freddo a volte andavamo a ripararci tra le cataste di cadaveri. Lì accucciati tra i morti il vento freddo non arrivava. Pensate che noi zingari eravamo considerati talmente poco che non usavano nemmeno il gas per ucciderci. Ci facevano morire di malattie e di stenti. Non so come ho fatto ad uscirne».
Come cantante ha inciso nel 1995 una raccolta di canzoni in lingua romanes dal titolo Me Diklem Suno (Ho sognato). Nel 1989 ha iniziato a dipingere. Nei suoi quadri i ricordi traumatici dei campi di concentramento e delle atrocità delle SS danno il cambio a immagini colorate di una natura in fiore. Le sue opere sono state esposte nei musei di tutta Europa, in Giappone e negli Stati Uniti.
La pittura e la scrittura quotidiana erano attività a cui Ceijka Stoijka, vi si dedicava in primo luogo per se stessa, come confessava anche in un suo libro: “Se dovessi seppellire dentro di me i miei ricordi molto probabilmente ne sarei schiacciata”.
Durante quegli anni girò l’Europa per raccontare, soprattutto alle nuove generazioni, la sua esperienza di sopravvissuta al Porrajimos, allo sterminio degli zingari.
L’11 giugno 2012, in occasione dell’udienza del Papa agli zingari d’Europa, Ceija Stojka ha vissuto la gioia di poter offrire la sua testimonianza a Benedetto XVI e ai circa tremila zingari convenuti per l’occasione. Quando ha finito di parlare Ceija si è avvicinata alla sedia papale e scoppiando in lacrime ha abbracciato l’anziano papa tedesco.
Indebolita a causa di una caduta, ha vissuto gli ultimi mesi accanto al figlio, a Vienna.

Rabatana

 

3 Responses to Sei anni dopo

  1. Maria Teresa Langerano ha detto:

    Le testimonianze riguardanti le persecuzioni e le violenze compiute ad opera dei tedeschi nei confronti di altre etnie sono sempre di rilevante importanza per la nostra memoria personale e collettiva. Molto bella e significativa è la testimonianza di Ceija Stojka, una donna coraggiosa e dalla grande determinazione, che con la sua arte è riuscita a superare i terribili ricordi delle esperienze vissute all’interno dei tre campi di sterminio nazista. Ceija Stojka è una zingara, scrittrice, cantante, poetessa e pittrice, che ha affidato ad un testo dal titolo “Forse sogno di vivere”( titolo alquanto emblematico)le sue rimembranze. Forse il miglior commento a tutto questo è il sermone scritto dal pastore Martin Niemoller :Prima di tutto vennero a prendere gli zingari/ e fui contento, perché rubacchiavano./ Poi vennero a prendere gli ebrei/ e stetti zitto, perché mi stavano antipatici./ Poi vennero a prendere gli omosessuali/ e fui sollevato perché mi erano fastidiosi./ Poi vennero a prendere i comunisti/ e io non dissi niente perche’ non ero comunista./ Un giorno vennero a prendere me/ e non c’ era rimasto nessuno.

  2. Maria Teresa Langerano ha detto:

    Ti ringrazio per la stima nei miei confronti

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