L’ignoto-ignoto, ciò che non sappiamo di non sapere

Alla cassa dell’Ibs-Il Libraccio di Ferrara, la libreria che solitamente frequento, commesse belle, gentili e professionali assistono i clienti con competenza, aiutandoli con informazioni, consigli, ricerca di libri.

Per non fare torti ingiusti devo dire che a Ferrara c’è un’altra grande Libreria: la Feltrinelli, che ho frequentato per molti anni e dove torno per ascoltare conferenze o presentazioni che mi interessano.
Sul banco della cassa dell’Ibs-Il Libraccio sono esposte piccole pile di libretti di minimo formato e basso costo: testi brevi, pensati per attrarre ogni tipo di lettore.
Un giorno dell’anno scorso, in fila per aspettare il mio turno per pagare un libro che avevo preso, notai il libretto di cui sto per parlare.
Il libretto aveva una copertina semplice, elegante nella sua semplicità, un disegno geometrico verde su sfondo bianco, con un titolo assai curioso: L’ignoto ignoto. Il sottotitolo alludeva alle librerie e, misteriosamente, al piacere di non trovare quello che cercavi. L’autore era un tale Mark Forsyth, a me del tutto sconosciuto. Costava 3 euro. Nella brevissima attesa lo sfoglio. Leggo la prefazione dell’editore Giuseppe Laterza e, sulla quarta pagina di copertina: «L’ignoto ignoto, ciò che non sapevi di non sapere, è lì che ti aspetta in fondo alla libreria». Ebbi la sensazione che quel libretto stesse lì ad aspettare che lo comperassi; che lo comperassi non a caso ma perché lui lì c’era apposta. Ne ebbi la conferma quando, giunto a casa, immediatamente lo lessi. Divorai in un quarto d’ora le sue ventotto paginette, che mi insegnarono e fecero capire tante cose.
Confesso che un po’ mi vergogno del motivo, improvvisamente sorto, di parlarne dopo un anno su Rabatana. Non è stato il titolo curioso, non è stato il sottotitolo intrigante, ma la parola “ignoto” scritta nel titolo, col quale non ha nulla a che vedere e lo deformerebbe chi pensasse che sia un mezzo titolo. La parola mi ha ricordata una delle tante quotidiane sfide che il vice presidente del consiglio e ministro dell’interno Matteo Salvini scaglia contro le varie istituzioni della Repubblica, in questo caso la magistratura inquirente: L’ “ignoto” sono io! Rabatana non fa politica, nel senso che non è schierata. Io, che di Rabatana, sono anonimo curatore, talvolta ho criticato specifici comportamenti pubblici e non dimentico il mio impegno politico a Tricarico in remote epoche di un altro mondo e cerco di essere coerente con lo spirito che ha animato la mia vita. Basta! Qui mi fermo e torno al mio libretto.
Nelle ventotto paginette sono espresse opinioni sulle librerie. Mark Forsyth asserisce che la maggior parte delle sue opinioni le deve a Donald Rumsfeld. Rumsfeld è stato segretario alla Difesa con l’amministrazione di Gerald Ford e poi con quella di George Bush junior. Ma ciò che qui interessa è la sua opinione sulla necessità delle librerie.
Nell’ambito della “Campagna per una lingua inglese chiara e semplice”, è capitato che a Rumsfeld fosse assegnato il Premio “Foot in Mouth” (ovvero “Gaffe”) per la frase più sconcertante pronunciata da un personaggio pubblico. Ma in realtà quella frase è tutt’altro che sconcertante. Io so – sto lasciando la parola a Forsyth, direi meglio se dicessi che lo sto scopiazzando qua e la e rimesco sue e mie parole – che Parigi è la capitale della Francia, ma la cosa più importante è che so di sapere che è la capitale della Francia. Io so di non sapere qual è la capitale dell’Azerbaigian, pur essendo certo che ce n’è una. È il tipo di cosa che devo controllare. Ma io non so… e qui la faccenda si complica; io non so qual è la capitale dell’Erewhon, perché non sospetto neppure lontanamente l’esistenza di un Paese chiamato “Erewhon” e dunque non mi rendo conto di questo buco nelle mie conoscenze. Non so di non sapere. Ma, attenzione. Qui Forsyth tende una delle sue trappole simili a quelle descritte dallo scrittore veronese Emilio Salgari nelle Tigri di Mompracem. Forsyth ci lascia credere che esiste uno stato chiamato Erewhon e ci espone a fare la figura degli allocchi ripetendo ai nostri amici questa bella scoperta dell’ignoto ignoto.
Erewhon è un romanzo fantastico e satirico di Samuel Butler – scrittore inglese considerato autore vittoriano iconoclasta – pubblicato nel 1872. Il termine erewhon corrisponde alla parola inglese nowhere invertita, tranne che per le lettere h e w. Nowhere vuol dire in In-nessun posto. Il titolo è anche il nome del paese immaginario in cui si svolge l’azione e nel romanzo non è rivelato in quale parte del mondo si trova. Il romanzo prende di mira vari aspetti della società vittoriana, la religione e l’antropocentrismo, la punizione e la pena. In un capitolo Butler opera un attacco anche contro l’ipocrisia religiosa del suo tempo. Secondo la legge erewhoniana, i suoi trasgressori sono trattati come se fossero malati, mentre i malati sono visti come criminali. Un’altra caratteristica di Erewhon è l’assenza di macchine: ciò è dovuto alla percezione largamente condivisa dagli erewhoniani – e anche dal sottoscritto, se per macchina si intende automobile – che queste sono potenzialmente pericolose.
A Erewhon fece seguito, quasi trent’anni dopo, Ritorno in Erewhon, non meno affascinante del primo romanzo.
Per i libri funziona esattamente allo stesso modo. So – continuo a copiare e a rimescolare – di aver letto Grandi speranze: questa è, per così dire, una conoscenza nota … e so di non aver letto Guerra e pace: e questa è per me una ‘non conoscenza nota’. Ma ci sono anche libri di cui non ho mai sentito parlare; e, non avendone mai sentito parlare, non mi rendo neppure conto di non aver letto. Non posso citare nessuno di questi libri, non posso farlo perché non ne ho mai sentito parlare. Tanti scrittori ci seguono ovunque, sappiamo quali loro opere, conosciamo quali conosciamo e quali non conosciamo. Ma gli altri? Dove sono? Chi sono? Non possiamo nemmeno cercarli, visto che non ne conosciamo neppure i nomi. Sono degli ignoti ignoti, e ci struggiamo dal desiderio di incontrarli, considerata la doppia ignoranza.
Ed eccoci appunto alle librerie: perché, nonostante la leggenda metropolitana che portava Rumsfeld ad essere spesso frainteso, era abbastanza ovvio che quando parlava delle armi mesopotamiche si riferisse ai modi di acquisto di un libro. Ci sono – come lui diceva – tre tipi di libri: quelli che hai letto; quelli che sai di non aver letto (come Guerra e pace); e gli altri: i libri che non sai di non conoscere.
Non hai bisogno di comprare quelli che hai già letto. I libri famosi che non hai letto – quelli che sai di non conoscere – li puoi avere facilmente: li trovi su internet. Digiti Guerra e pace e qualunque sito commerciale ti dirà che lo ha disponibile a prezzi vantaggiosi, facendotelo recapitare a casa prima di cena.
Forse la vita era più sana quando tutto si faceva di persona. Ma ci voleva anche molto più tempo. E poi si tratta di una falsa nostalgia che è sempre esistita. Quando apparvero i primi libri in brossura c’era chi li detestava. E ai tempi in cui Gutenberg inventò la stampa nel XV secolo i monasteri furono zeppi di monaci che si lamentavano perché la Bibbia stampata mancava del tocco umano. Probabilmente, se tornassimo indietro al 3000 avanti Cristo incontreremmo un egizio che si lagna perché i geroglifici sono stati brutalmente soppiantati dalla nuova moda della scrittura ieratica (forma di scrittura dell’antico Egitto correntemente utilizzata nel quotidiano, sviluppatasi insieme o in seguito alla forma detta geroglifica). Non c’è mai fine.
Ma la tesi intorno a cui gira l’argomentazione è che ottenere quello che già sapevi di volere non è sufficiente. Le cose migliori sono quelle di cui non conoscevi l’esistenza fino al momento in cui non le hai avute. Internet accoglie i nostri desideri e ce li risputa addosso. Facciamo la ricerca, inseriamo le parole che già conosciamo, le cose che già avevamo in mente e la Rete ci restituisce un libro, un’immagine, una voce di Wikipedia. Ma questo è tutto. Le cose che non sappiamo di non sapere le troviamo altrove. Vedremo dove.

(Continua)

 

7 Responses to L’Ignoto-ignoto

  1. Angelo Colangelo ha detto:

    Bentornato, Antonio, sul “nostro” blog della Rabatana. E, non c’è da meravigliars che torni da par tuo. Alla grande. Con un pezzo istruttivo e stimolante, ispirato da un episodio apparentemente banale. In attesa di leggere tanti altri tuoi preziosi contributi, t’invio un caro saluto, Angelo

    • Antonio ha detto:

      Grazie Angelo. Come al solito sei esagerato, ma le esagerazioni degli amici sono una benedizione, fanno bene, e io ho tanto bisogno di stare un po’ bene. Ho scritto Ignoto-ignoto dopo 48 ore di insonnia totale!
      Ho pubblicato poi, dopo una notte insonne, una ricerca di Carmela Biscaglia, vittima, a mio meditato e informato modo di vedere, di soprusi e incomprensioni.

      • Angelo Colangelo ha detto:

        Antonio, niente esagerazioni. Riguardo alle notti insonnni, quando si dice affinità elettive…. Ho scritto e pubblicato sul sito “stigliano.net la voce del popolo” un mio racconto sul rione stiglianese de “La Villa” dopo una notte tormentata. Un abraccio,
        Angelo

        • Antonio ha detto:

          Caro Angelo, ho letto il tuo racconto sul rione stiglianese “La villa”, che ha suscitato in me un po’ d’invidia, perché non riuscirò mai a confidarmi così intimamente con la piazza di Tricarico. Felice Di Persia era anche il nome del suocero di un mio fratello. Zio Michele mi porta a pensare alla mia morte. La morte non mi fa paura, alla mia età non può far paura, ma suscita pensieri contrastanti. Il pensiero dominante è che la morte giunga presto, perché, morendo, tornerò definitivamente a Tricarico nel suo bel camposanto che domina la valle del Basento di fronte alla foresta di Cognato. Ma poi penso a mia moglie che resterebbe sola e non so più cosa desiderare.

          • Angelo Colangelo ha detto:

            Felice, il suocero di tuo fratello Michele, era uno dei due nipoti cui mons. Di Persia fece obbligo di donare per dieci anni legna all’asilo infantile di Stigliano.
            Angelo

  2. Gilberto A. Marselli ha detto:

    Antonio: mi stupisci sempre più e non posso che invidiarti. Il tuo incontro/dibattito con Angelo Colangelo mi fa sentire maggiormente la mia solitudine. Ma ,poi, subito mi riprendo e mi unisco a voi due:grazie amici miei e, ovviamente una dose maggiore di gratitudine a chi ha avuto questa strana e brillante idea di trastullarci con la benedetta ignoranza di esserlo.

  3. Gilberto A. Marselli ha detto:

    Antonio: mi stupisci sempre più e non posso che invidiarti. Il tuo incontro/dibattito con Angelo Colangelo mi fa sentire maggiormente la mia solitudine. Ma ,poi, subito mi riprendo e mi unisco a voi due:grazie amici miei e, ovviamente una dose maggiore di gratitudine a chi ha avuto questa strana e brillante idea di trastullarci con la benedetta ignoranza di esserlo.

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