Attenzone: l’insulto è una cosa seria
Conviene informare gli insultatori che esistono rigorose codificazioni dell’insulto. Che poi costoro non siano buoni conoscitori delle regole di una conversazione civile, indispensabile per fare dell’insulto un’arte, è un altro paio di maniche.
Sono in grado di citare tre di tali codificazioni. Una si deve a un celebre articolo di J.L. Borges “Arte dell’insulto”, apparso sulla rivista ”Sur” nel 1933. Il testo fu poi accolto nel libro Historia de la eternindad, trad. it. Di G. Guadalupi, Storia dell’eternità, Milano, Adelphi, 1995, pp. 123-130.
Non manca il noto filosofo tedesco Arthur Schopenauer, il quale, alla fine del suo saggio L’arte di aver ragione, sostiene che, qualora in una disputa verbale ci si ritrovi incontestabilmente dalla parte del torto, si debba lasciare da parte con accortezza l’oggetto della discussione e incominciare ad insultare pesantemente l’avversario come persona. Il filosofo tedesco ha poi ricavato un libretto, pubblicato in traduzione italiana da Adelphi, col titolo L’arte di insultare. Curiosamente, la parola “arte” si trova concordemente in tutti e tre i titoli degli scritti di mia conoscenza. Due li ho già citati, il terzo, il più recente nella traduzione italiana presso Einaudi a cura di G. Magi, con bella e approfondita prefazione di Michele Serra, è La nobile arte dell’insulto di Liang Shiqui, noto per essere stato il più grande traduttore cinese di Shakespeare. Da qui, se ne evince che l’insulto riveste una certa importanza nella storia della letteratura; e quindi, se l’insultatore di ciò non fosse consapevole, sappia che l’insulto non è pane per i suoi denti e, come insultatore, non merita neppure di essere mandato a quel paese.
Per sapere insultare occorre sapere in quali situazioni si raggiunge il massimo vertice di questa arte marziale della parola. Ci sono volte in cui l’insulto infatti diventa una vera e propria opera d’arte: questo però di solito avviene solo in contesti precisi.
Questo, in sintesi, il messaggio del libro cinese. “Quando si rivolgono critiche a qualcuno, bisogna farlo in una lingua infinitamente sottile il cui senso rimanga implicito. Conviene evitare che l’avversario si renda conto fin dalle prime parole che lo si sta criticando: è solo al termine di un certo tempo di riflessione, a poco a poco, che questi giunge a prendere consapevolezza che le parole rivoltegli erano tutt’altro che benevoli. Lo si metta a suo agio, cosicché il suo viso dapprima sorridente, viri poi dal bianco al rosso, dal rosso al violaceo, infine dal violaceo al grigio plumbeo. Questo è il più alto grado nell’arte dell’insulto”.
Il libro di Gianluca Magi ha ottenuto, ripeto, una bella e approfondita recensione da parte di Michele Serra. “Il breve testo cinese – scrive Serra – può aiutarci a disgrezzare una materia resa sordida, e inflazionata, dal fracasso mediatico e specialmente televisivo: dove la sopraffazione dell’antagonista è affidata, più ancora che ai toni aspri, al volume assordante, e alla rozza prevaricazione. … L’attacco sgraziato o volgare, la rissa scomposta, qualificano il mittente e non il destinatario. L’antidoto sarebbe quel famoso ‘mi rifiuto a scendere al tuo livello’.
… Niente è peggio che perdere il controllo. Si fa il gioco del nemico, gli si presta il fianco, si perde in equilibrio e in eleganza. … L’insulto è nobile se eccezionale, ignobile se frequente e stucchevole, insulta davvero solo se spicca in un quadro pacato, non insulta affatto se si affastella sopra un mucchio caotico di aggressività: questa la chiosa comune che oriente e occidente potrebbero controfirmare”.
L’intento di questo piccolo trattato è quello di offrire un generale aiuto a tutti coloro che vogliono trarre vantaggio in una disputa, illustrando in modo sintetico come sia possibile sviluppare la tecnica dell’invettiva nei suoi vari aspetti.
L’insulto richiede equilibrio psico-fisico e preparazione, capacità psicologiche e culturali. Una forte dose di ironia e di lucida autoironia. E’ un po’ come la buona satira: il potere e chi lo rappresenta lo colpisce in punta di fioretto, mai con la clava.
Insomma, anche l’insulto è cosa seria, anzi, è un’arte.
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Buongiorno, Antonio.
Molto pertinenti sono le autorevoli testimonianze, che tu proponi sulla “raffinata tecnica” dell’insulto. E’ un tema di grande attualità, inerente a un’arte, che purtroppo è sempre più difficile coltivare. A causa, suppongo, del regresso morale e intellettuale, cui si assiste daa tempo. Media e social ci propongono, pertanto, continue e aberranti dimostrazioni di violenza verbale, becera e insolente, che è riprova dell’infimo livello culturale generale. Che non risparmia, evidentemente, le “presunte” classi colte del Paese. In tale squallido contesto ritengo che dovremo rassegnarci, purtroppo, alla perdita di grandi polemisti. Quelli che anche nei momenti di più acceso dibattito erano capaci di sfoderare ironia tagliente o sarcasmo corrosivo, nel segno di un alto livello culturale e di una superiore intelligenza. Montanelli, Biagi, Flaiano, Longanesi, Prezzolini ormai appartengono a una invidiabile “razza” da tempo estinta.
Un caro saluto,
Angelo
Grazie, caro Angelo, della tua puntuale intelligente ma solitaria lettura. Ricambio affettuosamente il tuo saluto
Antonio