Pier Paolo Pasolini raccolse in una monumentale antologia, pubblicata per la prima volta nel 1955, dedicata A mio fratello Guido, caduto nel ’45 sui monti della Venezia Giulia, per una nuova vita del popolo italiano, le espressioni più belle e curiose di una poesia popolare ricca e varia come quella italiana. Di regione in regione, attraverso quasi 800 testi di vario genere e struttura, si passa dai canti narrativi piemontesi alle «biojghe» romagnole, dalle «vilote» venete e friulane ai rispetti toscani, dalle «canzune» abruzzesi ai canti funebri calabresi, dai «mutos» sardi agli stornelli, agli strambotti, alle ninne nanne, fino ai canti popolari delle due guerre e alle canzoni fasciste e partigiane. Il Canzoniere italiano rappresenta – grazie anche all’ampia introduzione dello stesso Pasolini – una tappa fondamentale nella riscoperta della poesia popolare; e offre un ritratto vivissimo, poetico e critico, degli italiani e delle loro radici regionali.

     L’antologia e l’introduzione di Pasolini si possono leggere su internet, dove si può venire a conoscenza delle diverse edizioni dell’opera. Io posseggo la prima edizione in due volumi pubblicata ad ottobre del 1972 nella collezione «I Garzanti» su licenza dell’editore Ugo Guanda di Parma.

     «Cenerentola del Meridione popolare – si legge nella citata introduzione, pag. 94 -è la Lucania, dalla bibliografia poverissima anche di quegli opuscoletti dilettanteschi, approssimativi, provinciali e di quelle plaquettes per nozze, che in qualche modo infittiscono le bibliografie delle circostanti regioni. Assolutamente esigue e limitata alla sola Matera – la raccoltina del Molinaro del Chiaro*, da cui abbiamo soprattutto trascelto: per quanto assai promettente. E la promessa non mantenuta, per tanti decenni, sta forse per adempiersi: dopo Levi, dopo Scotellaro, dopo il riaccendersi dell’interesse per la questione meridionale sul piano della letteratura «impegnata» di questo dopoguerra. C’è aria di vigilia, per la Lucania: e infatti gli avvenimenti che più importano il folclore di questi ultimi tempi, riguardano proprio questa regione: intendiamo riferirci alle «Tradizioni popolari in Lucania del Bronzini e agli scritti del De Martino (cfr. bibl.). Ma con solo indiretti apporti alla poesia popolare, in quanto l’opera del Bronzini, pur rasentando la perfezione dal punto di vista metodologico e della sistemazione della materia, sì che l’intera vita tradizionale lucana vi è esaurientemente inquadrata, non ha quell’interesse specifico per la poesia che abbiamo visto, per es. nei «Canti molisani» del Cirese. I canti vi sono riprodotti (e pochi raccolti direttamente) sempre in funzione folclorica. Mentre le pagine del De Martino, non sono che appunti, per quanto preziosi, tendenti, poi, a generalizzare il problema del «referto» sull’intera produzione folclorica come categoria. Pertanto molti problemi della poesia lucana restano non solo oscuri, ma nemmeno impostati: per es., il problema metrico in canti di questo tipo, di cui un buon quantitativo il lettore troverà nella nostra scelta:

Tre frunn’ e tre fiori so’ cinchi rose.
Tre frunn’ e tre fiori so’ cinchi rose:
Dormi la nenna mi’. Anima bell’,
Dormi e ripose, dorm’ e ripose,

O il particolare o particolarmente vivo lievito linguistico dovuto ai dati folcloristici, come nel bel «canto d’altalena» che abbiamo riportato dal Molinaro del Chiaro. Malgrado tutto questo è proprio dalla Lucania che la nostra antologia ha desunto alcuni dei pezzi più straordinari.»
Nell’antologia popolare “lucana” di Pasolini sono riportate 15 atrambotti (Sinittr’) (nn. 531-575 della citata edizione I Garzanti e due canti funebri, in morte del padre, l primo, e di un giovane il secondo, Vittorio capo rosso. Per il vero uno strambotto è calabrese (Paracorio) e due sono di terra avellinese (Sturno).
Gli strambotti sono di vario genere. Riporto quello che a me pare che Paolini abbia ritenuto il “bel canto d’altalena” (564)

Ti nanni nanni nà’, pupi di strazze,
Ti nanni nanni nà, pupi di strazze:
Ci t’ha ‘mparat’ a tec’, anima bell’,
Oh di cantare? Oh di cantare?

     Ah nanna nanna, ragazzetto di stracci, oh nanna nanna, ragazzetto di stracci: chi ha insegnato a te, anima bella, oh di cantare? oh di cantare?

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* Luigi Molinaro Del Chiaro, autore di Canti popolari raccolti in Napoli con varianti e confronti nei vari dialetti.

 

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