Il gruppo consiliare La Ginestra ha ampiamente motivato le dimissioni date dai suoi consiglieri comunali. A parte il ritardo dell’informazione, data a babbo morto, essa ha il torto di non spiegare ai cittadini tricaricesi proprio la cosa più importante che si sarebbe dovuta spiegare, ossia: perché, per provocare lo scioglimento del consiglio, sia stato scelto lo sbrigativo percorso delle dimissioni ultra dimidium, e non altro più rispettoso del voto popolare, anzi, meglio: il solo rispettoso.
Vediamo di chiarirci un po’ le idee. La legge 25 marzo 1993, n. 81 ha provocato nel nostro ordinamento una svolta presidenzialista con l’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia, per effetto della quale essi non sono più, come nel sistema previgente, espressione dei rispettivi consigli, bensì del corpo elettorale e del voto di questo.
La svolta presidenzialista dà rilievo preminente alla figura del Sindaco a dispetto delle forze politiche di appartenenza, ma permane l’esigenza che il vertice monocratico abbia il sostegno della maggioranza dell’organo consiliare, stante lo stretto rapporto di coesa collaborazione e di ininterrotto coordinamento che lega il sindaco (o il presidente) al Consiglio. L’art. 52 del Tuel interviene su tale relazione disciplinando l’istituto della mozione di sfiducia, in particolare al comm.2 per il quale “Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della provincia, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi dell’articolo 141”.
L’art. 52 prevede, quindi, la possibilità che il venire meno del sostegno della maggioranza consiliare travolga sì il Sindaco ed il Presidente della Provincia, benché fosse stato eletto direttamente dal voto popolare, ma lo travolga all’esito di un apposito procedimento segnato da momenti di garanzia di effettiva ponderazione della scelta.
Questi in particolare si sostanziano nella circostanza che la mozione di sfiducia debba essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, nell’imposizione di uno spatium deliberandi di non meno di dieci giorni e nella obbligatorietà del voto palese per appello nominale.
Solamente all’esito di un procedimento così articolato si provoca lo scioglimento del Consiglio, la nomina di un Commissario che abbia i poteri del Sindaco (o del Presidente della Provincia), della Giunta e del Consiglio, tutti cessati dalle rispettive cariche.
È lecito chiedersi cosa sarebbe successo se i consiglieri dimissionari tricaricesi avessero motivata la propria sfiducia nei confronti del Sindaco ed affrontato, non prima di dieci giorni dalla presentazione della mozione, un Consiglio nel quale discutere e far approvare con voto palese il proprio documento.
Più semplice, senza impicci, evitare il Consiglio e ricorrere a semplici dimissioni ultra dimidium per ottenere attraverso l’effetto immediato dello scioglimento del consiglio comunale, il più importante effetto mediato della decadenza del Sindaco cui consegue poi la prassi di attribuire automaticamente le funzioni di Sindaco e di Giunta al Commissario straordinario, ai sensi dell’art. 141, comma 1, lett. b), n. 3, del Tuel.
La prassi invalsa mostra il netto prevalere delle dimissioni ultra dimidium sulla mozione di sfiducia. Nel primo decennio seguito alla legge presidenzialista n. 81/1993 fu calcolato un rapporto del 65,2 per cento delle dimissioni contro il 4,24 per cento delle mozioni di sfiducia. Questa tendenza è sempre continuata nelle identiche proporzioni. Il semplice percorso delle dimissioni ultra dimidium ha preso il posto della mozione di sfiducia.
Accade dunque che il presidenzialismo degli enti locali assicura certamente la costituzione di larghe maggioranze consiliari, capaci di garantire stabilità di governo, ma ha reso possibile (N.B. parlo di difetto del sistema, non di Tricarico) tenere costantemente in agguato il ricatto al sindaco, tenendolo sotto scacco di decadenza col facile percorso delle dimissioni ultra dimidium.

 

One Response to Ancora sullo scioglimento del consiglio comunale di Tricarico

  1. gilbertomarselli ha detto:

    Peccato che non si sia voluto riprenderne l’esempio e continuare a far distinguere a far distinguere Tricarico anche nell’epoca attuale che non è certo tanto accettabile,

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