Pace a Gubbio, nel segno dei padri
La strage nazista del 1944

 

Simone Filippetti

La mattina del 22 giugno del 1944 a Gubbio una pattuglia tedesca trucida 40 persone: sono tutte vittime innocenti, persone comuni prese a caso tra la popolazione. Una di loro si chiama Guerrino Minelli: ha solo 27 anni e lascia una figlia, Silvana, di appena 6 mesi. È la più piccola orfana dell’eccidio: oggi ha 74 anni e non ha mai conosciuto suo padre, se non nella fotografia della tomba. Tra le orfane c’è anche un’altra bambina, Guglielmina. L’eccidio è la conseguenza di un attacco di giovani partigiani, che hanno ucciso a sangue freddo un ufficiale tedesco mentre sorseggiava una cioccolata in un bar, scatenando una feroce rappresaglia nazista. Quella di Gubbio è una delle tante stragi “minori” dell’Italia della Guerra civile, dilaniata tra partigiani e tedeschi in ritirata, segnata da tappe sanguinose come Marzabotto e Fosse Ardeatine. E sarebbe rimasta relegata a storia di provincia, se un giornalista locale, Giacomo Marinelli Andreoli, non si fosse imbattuto in alcune lettere, da cui ha ricavato uno dei libri più toccanti scritti in Italia negli ultimi anni: Nel Segno dei Padri , finalista al premio Acqui Storia 2018 e in corsa per un’edizione tedesca. All’autore non interessa ricostruire la vicenda storica dell’eccidio, le colpe o le responsabilità (peraltro già sviscerate nel diligente saggio storico Una Strage Archiviata , di Giancarlo Pellegrini e Luciana Brunelli,il Mulino 2005): qui le uniche ragioni che si indagano sono quelle del cuore. Si sondano i beffardi arabeschi che il destino o la sorte si divertono a tessere alle spalle degli uomini. E che si materializzano in oggetti semplici, come un cactus che si tramanda di padre in figlio e ricorre continuamente nel libro. Il tedesco Peter Staudacher, medico nella Germania dell’Est, aveva sempre saputo solo che suo padre era morto in guerra in una piccola città tra i monti dell’Italia centrale, Gubbio: era lui l’ufficiale ucciso dai partigiani. Più di mezzo secolo dopo, Peter è in vacanza in Italia. La sua vita è stata costellata da disgrazie: orfano, malato di poliomielite, si è ritrovato a vivere nella derelitta Germania dell’Est. Ultra50enne, e pieno di acciacchi, comincia a viaggiare: nel 2003 visita anche Gubbio. Non sa nulla di cosa è accaduto quel 22 giugno del 1944: nessuno gli ha mai parlato delle 40 vittime. Lo scopre leggendo una targa in una via della città. Trova il mausoleo dove sono sepolti i «40 Martiri». Attonito, lascia una firma nel libro delle presenze, molto defilata. Ma per la gente di Gubbio, Staudacher non è il nome di un turista qualsiasi. Il giorno dopo l’orfana Guglielmina, anche lei ormai donna matura e, casualità, presidente dell’Associazione Famiglie dei 40 Martiri, legge la firma. Si mette subito alla ricerca di Peter, trova il suo indirizzo e gli scrive una lettera. Sono solo 15 anni fa, ma è l’epoca pre-social media e pre-email. Tra il figlio di un soldato ucciso dai partigiani e la figlia di chi quell’evento l’ha pagato altrettanto con la vita, nasce un’amicizia epistolare che dura quasi 10 anni, fino a quando, nel febbraio 2012, Guglielmina viene stroncata da un male incurabile. Quando sente avvicinarsi la fine, l’anziana signora fa consegnare quelle lettere, rimaste segrete fino ad allora, a Marinelli Andreoli che con la cura del filologo, la curiosità del giornalista e il piglio narrativo dello scrittore, ne ricava un romanzo. È la storia di come anche la guerra e le tragedie possano trasformarsi in occasione di perdono e riconciliazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA Nel segno dei padri.
La storia di guglielmina e peter Giacomo Marinelli Andreoli Marsilio, Venezia, pagg. 187, € 14

 

2 Responses to La storia di Guglielmina e Peter (finalista Premio Acqui Storia 2018)

  1. domenico langerano ha detto:

    Grande Antonio,
    una segnalazione del genere merita non solo un applauso ma un affettuosissimo abbraccio, in quest’epoca di paure per il futuro non tanto nostro ma dei nostri figli e di dissacrazione di molti dei tanti valori in cui abbiamo creduto quello che hai raccontato fa onore all’umanità.
    Grazie
    Mimmo

    • Antonio ha detto:

      Hai scritto la più commovente verità: la storia di Guglielmina e Peter fa onora all’umanità e sarebbe stata una ingiusta tristezza se la segnalazione non fosse stata notata.
      I 5S hanno votato NO al processo al Salvini.
      Grazie,
      Antonio

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