Giovanni Pascoli amò Matera?
Le mie occasionali letture mi hanno portato a leggere un saggio di Rocco Montano su Pascoli a Matera. Dalla Matera di cui Pascoli lamentava soprattutto la mancanza di libri, a Matera capitale mondiale della cultura, il salto è lungo, e non posso mancare di lasciare il segno su Rabatana, dove Rocco Montano è già stato incidentalmente e lungamente presentato il 21 gennaio 2018 in un articolo intitolato «Don Luigino epurato?».
Per evitare a chi voglia sapere chi è l’autore del saggio il disturbo di cercare il citato articolo, riporto la breve presentazione che si legge sull’Enciclopedia dantesca online della Treccani: «… Critico letterario, nato a Stigliano (Matera) nel 1913, professore nell’università di Harvard, poi nella Catholic University di Washington, e infine nell’università del Maryland. Allievo di G. Toffanin, ma sensibile anche alle tesi del dantismo anglosassone, si è occupato di D. in varie sue opere (…), ove ha posto in rilievo il rapporto che lega il mondo poetico dantesco all’estetica medievale e all’intensa tematica religiosa del tempo, che detta alla coscienza di D. la necessità di esprimere, all’interno della struttura della Commedia, le istanze di un profondo rinnovamento spirituale». Bisogna anche aggiungere che 1) Montano frequentò a Matera gli 8 anni di studi dopo le elementari nel liceo di Matera, dove, dopo la laurea conseguita all’Università di Napoli nel 1936, insegnò un anno; e 2) fu un convinto storicista e battagliero anticrociano.
Il saggio segnalato, che non conosco, è intitolato: « Rocco Montano, Cinque saggi: Dante, Ariosto, Manzoni, Pascoli, D’Annunzio”, Editrice Il Coscile, Castrovillari, 2004» e suppongo che lo scritto che mi è capitato di leggere e riporto sia una parte del saggio su Pascoli. Eccolo:
«lo sono molto grato all’amico preside Bruno, al signor Provveditore agli Studi per avermi invitato a questa commemorazione. Io non sono uno specialista del Pascoli; temo di potervi dire solo cose note, ovvie. Su Dante, su Manzoni, sul Rinascimento, sui temi di cui mi sono più particolarmente occupato avrei avuto speranza di dire cose più interessanti, più mie. Del Pascoli so poco. Ma da un certo punto di vista io preferisco che sia così. Il mio vuol essere soltanto un atto di sincero omaggio a Matera, al mio Liceo e a Pascoli che ne fu la più alta illustrazione. Mi studierò di dire qualcosa solo per il desiderio e il piacere di onorare la scuola e la città in cui sono stato studente per otto anni e poi professore, al mio primo anno di insegnamento e anche più tardi, al tempo tragico della guerra. In fondo più che le mie parole conta il fatto che siamo qui riuniti, che sia stato organizzato questo convegno e che ricordiamo insieme cose nobili e degne di un paese, di un luogo che ci sono ugualmente cari.
lo non potrei dire se Pascoli amò davvero Matera. Disse che essa gli fu sempre cara. Ma probabilmente egli non dové considerare Matera con animo diverso da quello di tanti impiegati che vi sono venuti come a luogo di punizione, a un lontano paese quasi africano.(L’evidenziazione è mia). Non tardò a lamentarsi, quando ci venne, dello scirocco che soffiava quasi ininterrottamente, della mancanza di libri: una morte. Disse una volta che anch’egli meritava una medaglia, un qualunque riconoscimento come gli impiegati che erano stati in Africa. Purtroppo per un errore della Intendenza egli fini per restare quattro mesi senza stipendio e questo non dové rendergli molto lieto il soggiorno, da principio; ma il secondo anno vi tornò quasi con piacere. Il buon preside Di Paola gli aveva molto facilitato le cose. Gli dettero una stanza in Convitto; trovò modo di risparmiare e di mandare del danaro alle sorelle in bisogno. E nella scuola, del resto, egli dové trovare tutto il conforto che poteva desiderare… Possiamo pensare che la scuola quotidianamente lo conciliò col mondo, gli dette animo… Qui egli poté disporre – la fece comprare egli stesso – della biblioteca dei Classici di Lancia; pensò al concorso di poesia latina di Amsterdam. Fu certamente un tempo importante del suo spirito, della sua poesia.
Matera era allora un piccolo povero paese dove la vita era immobile; le ore scorrevano lente, propizie alla meditazione, alle passeggiate solitarie, abbastanza sudicio – mancava l’acqua – ma bello, infine. La Matera in cui noi fummo ragazzi, non dovè essere molto diversa. Ed era, tutto sommato, un luogo incantevole. Io ricordo con la maggiore intensità la passeggiata delle Spine Bianche, la stradetta che conduceva al castello, dove noi convittori andavamo in fila, a giocare con la palla di pezza. Era una festa se il nostro turno ci assegnava una passeggiata che comprendesse l’attraversamento del paese; ma in verità vi si incontrava assai poca gente, qualche carro. Non avevamo riscaldamento; d’inverno le nostre mani erano gonfie di geloni; l’acqua era scarsa, gelida al mattino. Ma erano, in compenso, così profondi gli affetti. In una vita che conosceva assai pochi mutamenti, I esperienza delle cose, dei luoghi, delle persone diventava intensa, si fermava nella mente, nel cuore.
Saliva dal Sasso nelle sere, nelle notti di estate il canto alterno dei contadini, ed era una cosa bellissima, come la voce ho poi capito – di una vita in comune, l’eco di secoli di storia, di gente affratellata anche coi loro litigi, di qualcosa che nessuna nuova urbanistica saprà ricreare. lo confesso di essere di coloro che più si rammaricano della morte dei Sassi.
Ora quei tempi sono lontani. Molte cose sono passate. E anche il nostro atteggiamento nel riguardi dei Pascoli e della sua poesia è passato attraverso profonde trasformazioni…».
***
Conferenza tenuta, su invito del Liceo Classico Duni di Matera, il 1° dicembre 1962 in occasione del Cinquantenario della morte di G. Pascoli.
Oggi a ricordo della permanenza di Giovanni Pascoli a Matera è presente una lapide in suo onore, apposta sulla facciata dell’odierna Prefettura in Piazza Vittorio Veneto, a sinistra della chiesa di San Domenico.
“A GIOVANNI PASCOLI NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE QUI DOVE DIMORO’ IN MATERA IL POETA DI SAN MAURO DI ROMAGNA INIZIANDO LA LUNGA OPERA SUA DI MAESTRO CON ESSA AFFIANCANDO E INTEGRANDO L’ESERCIZIO DELLA DIVINA POESIA 16 DICEMBRE 1962”
La domanda che Rocco Montano si poneva fu se Pascoli amò davvero Matera e sostiene che, tutto sommato, anche Pascoli dovette ritenere Matera un luogo incantevole. Pascoli, da professore, grazie all’interesse di Giosuè Carducci, cominciò la sua carriera proprio a Matera, dove insegnò al Liceo classico dal 1882 al 1884. Fra i suoi allievi si ricorda Nicola Festa.
Giovanni Pascoli giunse a Matera il 7 ottobre del 1882 per insegnare latino e greco nel locale Liceo Ginnasio. Era molto legato alle sorelle Ida e Maria, cui scriveva spesso. Ecco alcuni brani tratti dalle sue lettere alle sorelle. «Sono a Matera sin dalle ore prime antimeridiane del 7. Arrivai all’una dopo mezzanotte, dopo molto trabalzar di vettura, per vie selvagge, attraverso luoghi che io ho intravisto notturnamente, sinistramente belli.(…) Una città abbastanza bella, sebbene un poco lercia.»
«I contadini vanno vestiti nel loro simpatico ed antiquato costume e stanno tutto il giorno, specialmente oggi che è domenica, girelloni per la piazza. Hanno corti i brachieri e scarponi grossi senza tacco, una giacca corta e in testa un berrettino di cotone bianco e sopravi un cappello tondo. Sembrano che si siano buttati giù dal letto in fretta e furia, e si sian messi per distrazione il cappello sopra il berretto da notte.»
Lettera del 19 ottobre 1882: «…ma in generale sto bene a Matera… sai di una cosa mi lagno: qui è troppo caro il vivere e l’alloggio e tira quasi sempre scirocco (…)»
Lettera del 5 ottobre 1883 a Giosuè Carducci:
«Non c’è un libro qua, da vent’anni che c’e’ un Liceo a Matera, nessuno v’è uscito con tanta cultura da sentire il bisogno d’un qualche libro; i professori pare che abbiano avuto tutti la scienza infusa; e perciò di libri non s’è n’è comprati. Ci vorrebbe forse un sussidio del governo, ma il Governo probabilmente non ne vorrà saper nulla.»
Lettera del 1902 al Preside del Liceo di Matera Vincenzo Di Paolo:
«Come mi giova, dopo una vita così torba tornare a cotesta serenità di pensiero e di parole, che avrei dovuto prendere da lei in quella povera città di trogloditi, in cui vissi così felice, sebbene così pensoso! Sì: delle città in cui sono stato, Matera è quella che mi sorride di più, quella che vedo meglio ancora, attraverso un velo di poesia e di malinconia».
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Caro Antonio,
ancora una volta hai scelto un tema rilevante, significativo e, direi anche, intrigante, per i lettori della Rabatana: il rapporto, che s’instaurò fra Matera e il Pascoli nei due anni in cui il grande poeta romagnolo si fermò nella città dei Sassi, per insegnarvi presso il locale liceo.
La testimonianza da te prodotta è senz’altro interessante anche per l’autorevolezza del professor Bruno e del critico letterario Rocco Montano, di cui mi onoro di essere concittadino.
Sul tema della permanenza di Pascoli a Matera mi piace menzionare anche i notevoli contributi che hanno offerto due altri insigni studiosi, vale a dire Giovanni Tramice, che fu mio docente di italiano e latino, e poi preside, del liceo “Q. Orazio Flacco” di Potenza, e Giovanni Caserta, noto storico e critico letterario materano.
A proposito di quest’ultimo desidero anche ricordare la lunga ed estenuante lotta da lui condotta per la collocazione del busto di Giovanni Pascoli, avvenuta pochi mesi fa, dopo che era rimasto in qualche deposito comunale, dimenticato da tutti.
Un caro saluto.
Angelo Colangelo
Caro Angelo,
Grazie della lettura. Del prof. Caserta, del quale ho letto la pregevolissima Storia della letteratura lucana, avevo letto qualcosa su Pascoli. Oggi ho visto sul sito delle Edizioni Osanna, che ha pubblicato altri libretti, tra cui uno riguardante le lettere scritte da Matera. Ricordo il prof. Tramice come professore al ginnasio-liceo di Potenza e marito della prof. Luna, insegnane di matematica, che fu preside incaricata della Scuola Media di Potenza. Una sorella aveva sposato un fratello del chirurgo prof. Gagliardi di Tricarico. Non conosco nulla del prof. Tramice come studioso. In privato ti mando un altro piccolo brano di una lettera di Pascoli.
Un caro saluto
Antonio