Matera e la Basilicata attraverso i grandi fotografi del Novecento – Intervento di Carmela Biscaglia
“La grande bellezza da Henry Cartier Bresson e Fosco Maraini”
Incontro/dibattito promozionale della conoscenza di Matera e della Basilicata ad Ammesterdam l8 giugno 2019
INTERVENTO DI CARMELA BISCAGLIA
all’interno del simposio
“Tradizione e innovazione assieme per uno sviluppo umano e sostenibile:
cibo, habitat, tecnica – il contributo di Matera capitale europea della cultura 2019”
Amsterdam, Hilton Hotel, Apollolaan, 138 – 8 giugno 2019, ore 14,00
Punti da sviluppare:
La grande bellezza. La secolare tradizione di interscambio culturale: pellegrini, cavalieri, viaggiatori. Da Henri Cartier-Bresson a Fosco Maraini. Matera e la Basilicata negli anni Cinquanta attraverso i grandi fotografi del Novecento. Come coniugare tradizione e innovazione senza perdere la propria identità?
La grande bellezza
Un eccezionale patrimonio di immagini prodotte nel secondo dopoguerra in Basilicata da fotografi che hanno scritto la storia della fotografia mondiale del Novecento, segna Matera e l’intera regione con lo stigma della bellezza e tramanda alle generazioni future un contesto storico-culturale ancora non contaminato dalla modernità. Un contesto dal fascino particolare, quello della città più antica d’Europa e di una delle città ancora abitate più antiche del mondo, la terza dopo Aleppo in Siria e Gerico in Cisgiordania.
Una città, Matera, che ha avuto una continuità abitativa di oltre 10.000 anni, passando senza soluzione di continuità dalla preistoria alla storia, come attestano i nuclei grottali sparsi lungo le Gravine materane, testimonianza per il Paleolitico della presenza di gruppi di cacciatori nomadi, e i successivi villaggi trincerati del Neolitico (Murgia Timone, Murgecchia, Serra d’Alto), dove la stanzialità dell’uomo inaugurò nel V millennio a.C. l’agricoltura e, dunque, la cultura del cibo. Nel Museo archeologico nazionale “Domenico Ridola” di Matera si possono ammirare le prime ciotole per conservare e cuocere i cibi, il più antico cucchiaio in ceramica, i primi grattatoi e i bollitoi per la lavorazione del latte, le prime macine per trasformare il grano in farina, ma anche resti ossei di ovini e caprini che completavano l’alimentazione delle popolazioni del materano.
Con l’età dei metalli si assiste, quindi, alla nascita del primo nucleo urbano di Matera, la Civita, sulla sponda destra della Gravina.
I suoi abitanti dall’VIII sec. a.C. instaurarono stretti rapporti con le colonie greche del Metapontino e, con l’avvento della scrittura, dettero inizio all’esaltante vicenda storica di una città, che sarebbe stata “scoperta” a metà del XX secolo, quando, nonostante le drammatiche condizioni igienico-sanitarie, esprimeva un portato culturale di dignitosa miseria. Quella miseria nobile e civile dei contadini, riscontratavi da Friedrich Friedmann, giunto a Matera dall’Università dell’Arkansas per studiare “la filosofia di vita dei contadini del sud Italia”, in cui riscontrò le forme arcaiche del pensiero presocratico che proprio in quelle terre, all’epoca della Magna Grecia, si strutturò in connessione con la realtà fisica e geografica dei luoghi.
Una città, Matera – come c’insegna l’urbanista Pietro Laureano artefice dell’iscrizione, nel 1993, della città dei Sassi nella lista del patrimonio mondiale UNESCO – dove le condizioni ottimali del rapporto habitat-popolamento documentano uno dei più antichi e meglio conservati esempi di bio-architettura al mondo. Strutture grottali, che con umili tecniche arcaiche di captazione dell’acqua hanno perpetuato nei tempi lunghi un insediamento demico di eccezionale portata, che ha garantito un’equilibrata organizzazione sociale e comunitaria degli spazi urbani, uno spirito di aiuto solidale (vicinati), che costituiscono oggi un esempio di sostenibilità per la città del futuro e fanno di Matera il modello alternativo di sviluppo urbano.
La secolare tradizione di interscambio culturale: pellegrini, cavalieri, viaggiatori
La storia di Matera e della Basilicata ha trovato linfa vitale da una secolare tradizione di interscambio con le civiltà che l’hanno toccata: longobardi, bizantini, saraceni, angioini, aragonesi, spagnoli, albanesi, ebrei.
Pensiamo all’apporto della spiritualità pervenuta dai monaci italo-greci, che a metà dell’XI secolo con i loro monasteri rupestri s’inserirono nell’ordito urbano di Matera; alle ascendenze arabe nella cultura alimentare lucana e nei substrati linguistici. Ma si è pure arricchita dai rapporti commerciali favoriti dalla sua collocazione geografica di transito verso i porti pugliesi, da cui nel medioevo si dipanavano i traffici verso l’Oriente, e i viaggi dei pellegrini, dei Crociati e dei Cavalieri di Malta, diretti verso la Terra Santa.
La presenza dell’Ordine melitense era capillare in Basilicata con commende, grance e xenodochia e si deve proprio a un titolare della Commenda di Picciano in territorio di Matera, frà Girolamo Carafa, il trasporto del dipinto della Madonna di Picciano a Malta, nella cui concattedrale di S. Giovanni Maggiore alla Valletta è ancor oggi presente e venerata.
Intensi sono stati gli scambi culturali intessuti tra Cinque e Seicento dalla Basilicata con i Paesi nordeuropei e con l’Olanda. Non è un caso, infatti, se la splendida veduta di Tricarico, città lucana, compare all’interno della monumentale opera “Civitates orbis terrarum”, pubblicata a Colonia sul finire del Cinquecento da George Braun e Franz Hogenberg.
L’immagine di questa città era stata inserita tra le 574 città ritenute le più significative del mondo, e selezionata tra le privilegiate negli itinerari cinquecenteschi dei viaggi in Italia. Si tratta della prima notissima raccolta di ritratti di città (tra cui Amsterdam), prodotta da ambienti culturali fiammingo-tedeschi, scaturita dall’entusiasmo per le scoperte del nuovo mondo e in prosecuzione del “Theatrum orbis terrarum”, edito ad Anversa dal 1570, che è la prima raccolta di carte geografiche allora esistenti sulla Terra, operata dal ricco mercante e celebre cartografo fiammingo Abraham Ortelius.
Solo un accenno all’importanza che rivestì nel Quattrocento la circolazione, nel Regno di Napoli, di opere di maestri della pittura olandese e fiamminga (a cominciare da Jan van Eyck), come attestano le collezioni esposte nel Museo nazionale d’arte medievale e moderna di Matera. Tale circolazione proseguì nel Cinquecento attraverso l’ampia diffusione di incisioni di dipinti di artisti fiamminghi come l’olandese Cornelis Cort e il belga Egidio Sadeler che ispirarono, tra gli altri, il pittore lucano Pietro Antonio Ferro.
Da Henri Cartier-Bresson a Fosco Maraini. Matera e la Basilicata negli anni Cinquanta attraverso i grandi fotografi del Novecento
Nei primi anni Cinquanta, la lettura del Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, che aveva posto all’attenzione mondiale la dolorosa condizione di vita degli oltre 15 mila abitanti dei Sassi di Matera, e la successiva legge speciale sul Risanamento dei Sassi (1952), sollecitò ricerche sulla civiltà contadina, analisi e discussioni sulle modalità di intervento tra urgenza di modernizzazione e salvaguardia della tradizione, programmi di investimenti edilizi.
Il geniale imprenditore Adriano Olivetti, vice presidente dell’UNRRA-CASAS (organizzazione umanitaria internazionale, finalizzata a fornire aiuti e assistenza immediata ai paesi più colpiti dalla guerra, con particolare riferimento alla costruzione del patrimonio edilizio) e presidente dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, dette vita a una Commissione di studio sulla città, coinvolgendo i maggiori studiosi e urbanisti del momento, che avrebbero progettato i nuovi quartieri e gli insediamenti rurali come il borgo La Martella nell’ottica di una città dell’uomo, una città a servizio della comunità. Chiamò anche un gruppo di fotografi, pionieri del fotogiornalismo mondiale, tra cui il viennese Ernest Haas, il polacco David Seymour, il francese Henri Cartier-Bresson, che da pochi anni avevano fondato la più importante agenzia fotografica al mondo, la Magnum Photos.
Contemporaneamente si realizzavano altri studi, che trasformarono la regione in un vero laboratorio di indagini di altissimo livello, entro cui si collocano molte delle immagini che tra poco verranno proiettate. Sono le fotografie prodotte dall’èquipe dell’urbanista Ludovico Quaroni o ricavate dai documentari dell’Istituto Luce all’interno dell’Inchiesta parlamentare sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla, incentrata su Grassano. Quelle di Franco Pinna e di Arturo Zavattini (figlio del regista Cesare) a corredo delle missioni etnografiche condotte in Lucania da Ernesto de Martino, il “padre” dell’etnologia in Italia, e uno dei massimi intellettuali europei del Novecento. Sono le immagini prodotte da Federico Patellani in preparazione del film La lupa, che Alberto Lattuada stava per girare a Matera. Sono le stupende fotografie del grande orientalista Fosco Maraini (padre di Dacia), concepite all’interno del progetto “Nostro Sud”, condotto insieme a Carlo Levi, Rocco Scotellaro e all’editore pugliese Diego De Donato.
Il fascino visivo ed emozionale esercitato su questi maestri della fotografia da Matera e dalla Lucania, luoghi dell’arcaicità e dell’alterità, dell’arretratezza e dell’atemporalità, della dignità e della saggezza della civiltà contadina lucana, ma anche luoghi in cui si progettava il futuro, ha generato un patrimonio fotografico di grande valenza storico-documentaria. Al suo interno emergono le fotografie di Cartier-Bresson, ‘l’occhio del secolo’, il più grande fotografo del Novecento, che visitò la Basilicata due volte, nel 1951-1952 e nel 1973.
Cartier-Bresson sorprende e stupisce chi ignora o ignorava quello scrigno di tesori di cui la Basilicata è depositaria, la sua bellezza e la varietà paesaggistica, i valori di autenticità preservati da alcune derive della modernità, la “sincerità” e l’amorevolezza di una provincia italiana. Per questo egli scopre e anticipa la bellezza di una città che è oggi Capitale europea della cultura.
Una città che è comunità, perché solo dalla cultura si genera una comunità. Se teniamo fede ad uno dei suoi aforismi per cui «le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento», dobbiamo concludere che con le raffinate immagini della Basilicata e le splendide analisi visive di Matera, Cartier-Bresson ha assicurato loro l’eternità.
Come coniugare tradizione e innovazione senza perdere la propria identità
È questo un tema attualissimo, è il tema cioè della modernizzazione nel suo rapporto con le culture tradizionali, che maturò per la prima volta a livello internazionale nel secondo dopoguerra e trovò immediata applicazione proprio a Matera, grazie ai sociologi americani che introdussero studi di comunità, quale premessa ad interventi urbanistici sostenuti dal Piano Marshall.
Ne scaturì un vivace dibattito a livello scientifico e politico, tutto incentrato sulla salvaguardia o sulla distruzione della cultura contadina, tramandata per secoli nei Sassi di Matera, capitale della civiltà contadina (Carlo Levi), ma ormai destinata ad essere travolta dalla spirale della modernizzazione, all’epoca basata sull’industrializzazione.
Si auspicò che quel mondo contadino lucano si aprisse alla modernità attraverso un processo di trasformazione graduale delle proprie culture tradizionali, per evitare fratture, sconvolgimenti, altri scompensi. Era “la via del Sud” che veniva indicata (Riccardo Musatti).
Oggi Matera e la Basilicata sono sottoposte a nuove forme di innovazioni di tipo globale, che inducono a riflettere sui possibili rischi che si prospettano, questa volta anche e soprattutto di natura ambientale.
La storia di Matera, crogiuolo di civiltà, di tradizioni popolari, di religiosità e di saggezze antiche innestate sullo scambio tra culture, addita come la strada maestra per il futuro è un’intelligente ed equilibrata apertura al nuovo, che salvaguardi i valori fondamentali del vivere.
C’insegna che occorre saper leggere il mondo che cambia, saper cogliere le opportunità con senso critico nella consapevolezza dei limiti dello sviluppo, e guardare al futuro con una visione sempre globale del complesso di problemi che investono l’umanità. C’insegna, infine, che occorre conciliare la protezione dei centri storici con quella degli ecosistemi, attraverso la consapevole partecipazione delle popolazioni e la capacità di rimodulare la propria identità con adattamenti al mondo che cambia.
http://www.italianprofessionals.net/simposio-su-matera-capitale-europea-della-cultura-2019/
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Mi complimento con la dottoresa Biscaglia per la sua articolata e documentata relazione su un tema di grande interesse storico-antropologico e con te, Antonio, per regalarci sul tuo blog simili chicche.
Grazie, buon fine settimana e un caro saluto.
Angelo Colangelo