Se per vent’anni il silenzio non cala su Scotellaro il merito maggiore è di BASILICATA, pubblicazione che ha conosciuto diverse forme editoriali, cadenze e titoli, fondata da Leonardo Sacco, l’ultimo della grande generazione lucana di meridionalisti del secondo dopoguerra, polemista di taglia, che se ne è andato da un anno, nel 2018, a 94 anni.
Basilicata diventa anche società editrice e a vent’anni dalla morte di Scotellaro (aprile 1974) pubblica il quarto libro postumo del poeta di Tricarico: UNO SI DISTRAE AL BIVIO con Prefazione di Carlo Levi, pp. 151 e, con i volumi La poesia di Scotellaro di Franco Fortini (agosto 1974) e Il Sindaco poeta di Tricarico (settembre 1974) e la Bibliografia critica del prof. Franco Vitelli compone un cofanetto.
UNO SI DISTRAE AL BIVIO è il nuovo libro degli «inediti racconti giovanili» di Rocco, con il titolo del primo di essi, «il più antico e il più perfetto» lo ritiene Levi. È una raccolta di nove racconti – tratti dalle carte di Rocco Scotellaro amorevolmente conservate da Carlo Levi.
Nel frammento n. 10 della parte I (tornerò sui Frammenti) Rocco spiega come intende l’arte del raccontare: «Scrivendo un racconto si deve ammettere l’implicita conoscenza dei fatti, che sono quelli e potrebbero essere infiniti altri, della realtà; l’aria, invece, del racconto costituisce un’altrettale realtà della fantasia, ed è la sola che conti», e sembrò che, come scrive Levi, UNO SI DISTRAE AL BIVIO, anche perché era stata lungamente e quasi ansiosamente attesa una nuova opera di Rocco Scotellaro, non fosse accolta come opera occasionale e celebrativa, bensì completa, a suo modo perfetta.
Ed è così, e così non è. In Rocco Scotellaro gli occhi vedono una realtà concreta, con i suoi limiti, le sue imperfezioni, gli aspetti di annotazione su cui ancora lavorare, e non vedono ancora (ancora) l’invisibile, che pure c’è, ed è come un sentimento del tempo, col suo aspetto simbolico e mitico. Ed è l’aria, la sola che conti nell’arte di raccontare come spiegava Rocco.

I Frammenti e Appunti e Quaderni dell’Uva puttanella, non facevano parte del libro dell’editore Laterza, che non aveva compreso perché fossero stati scelti da Carlo Levi sulla rivista Nuovi Argomenti tra i molti, nel 1956. Essi non erano affatto (e non sono ), un completamento dei nove racconti che compongono UNO SI DISTRAE AL BIVIO, né un espediente per dare spessore al libretto di Basilicata. La nuova pubblicazione, giunta dopo vent’anni di attesa, – vedeva lontano e diceva bene Carlo Levi – era percepita come «un capolavoro di sincerità, di lingua, di pienezza espressiva».
Per stare al visibile, a tutt’oggi ci sono giunti (pubblicati) i 9 racconti di UNO SI DISTRAE AL BIVIO; 2 racconti, Una testuggine e La postulante, pubblicati in Omaggio a Scotellaro lo stesso anno, ma ad ottobre, da Lacaita di Manduria. UNO SI DISTRAE AL BIVIO è stampato ad aprile. Il primo racconto, Uno si distrae al bivio – l’opera più giovanile di Rocco, scritta a 19 anni, prende a prestito il titolo dal libro, o viceversa.
Altri 10 racconti sono stati pubblicati nel 2016 dalla prof. Giulia Dell’Aquila, ordinario di letteratura italiana all’Università di Bari, nella speciale edizione del «Forum Italicum» Lucania whitin us. Carlo Levi e Rocco Scotellaro. I racconti sono introdotti da un saggio intitolato Filologia e critica per Scotellaro narratore inedito e raro (pagg. 752-772; l’Appendice occupa le successive 20 pagine).
Narratore inedito e raro Scotellaro era quando la morte lo colse giovanissimo. In un caso o nell’altro stava a significare sperso: ossia confuso nella memoria di amici ai quali aveva letto qualche racconto, forse pubblicato su un quotidiano o una rivista non agevolmente reperibile o che avesse addirittura cessata la pubblicazione; sperso, comunque, nel mare disordinato di carte che aveva lasciate.
Dalle confuse carte amorevolmente conservate da Carlo Levi, dopo vent’anni dalla morte di Rocco (i vent’anni che occorsero finché cessasse l’ostracismo decretato contro) furono tratti i nove racconti pubblicati, nel 1974 per l’appunto, e innanzi citati.
Rocco stesso, giovane studente liceale a Trento – nel racconto si chiama Ramorra – ci dice la sua ambizione di narratore dalla fascinosa fantasia e leggera fuggevolezza. Nel primo racconto, che più di ogni altro esprime queste caratteristiche, dice. «Non sapeva che volere. Quante aspirazioni, quante lenti per l’avvenire! Cose incominciate, poesiole, articoletti, drammi di tre atti e tanti quadri! I suoi amici volevano una sola cosa, l’ottenevano ed erano contenti. Ramorra voleva l’impossibile, s’era messo in testa di vedere il suo nome o gridato come quello d’un calciatore o scritto grande sui libri. Voleva cominciare sui giornali, ma fini con l’impartire lezioni private guadagnando qualche sigaretta e intanto gli andava a genio frequentare i suoi amici d’infanzia. Gli faceva nodo alla gola se gli dicevano che lui da gran tempo non li guardava più, superbo dei suoi studi. Questi artigianetti di una lira e mezza all’ora gli dicevano dell’umanità sofferente che resta dove la mettono e non pensa di arrivare dove non può».
I dieci racconti, alcuni inediti, altri rari o spersi nel senso detto, pubblicati della prof. Dell’Aquila, sono: 1. Il pellegrino della neve, 2. Ed anche i ricchi …, 3. Infanzia, 4. La morte in vacanza, 5. Il coprifuoco, 6. Un cigno canta in ottobre?…, 7. L’affacciata alla finestra, 8. La Postulante, 9. La testuggine, 10. Nicola daziere va alla festa. La Postulante e La testuggine erano già in Omaggio a Scotellaro. Essi sono organizzati in odine cronologico, e in quest’ordine pubblicati in appendice al saggio, quasi sempre per dati certi, in alcuni casi invece congetturati.
Infine, nel libro del prof. Franco Vitelli IL GRANCHIO E L’ARAGOSTA, Pensa Mulrimedia, 2003, Lecce, pp. 185 ss., è pubblicato un racconto inedito di Rocco Scotellaro, un frammento dell’ Uva puttanella, con Appendice riservata al racconto della rivolta a Tricarico nel 1942.
Che ordine nel Baobab! Sono state pescate date sbagliate in cinque poesie – su 236! – di Margherite e Rosolacci; le date sono state corrette, sconvolgendo l’ordine cronologico, e due poesie sono state addirittura spostate dalla prima alla seconda parte. Chissà se sarebbe piaciuto a Rocco tutta questa professorale pignoleria. Certamente non gli è piaciuta la soppressione di UNO SI DISTRAE AL BIVIO, sostituito da un anonimo capitolo di racconti, illustrati con acribia filologica nel saggio Galassia dei racconti, pagg. 727-768, da cui apprendiamo dell’esistenza dell’inedito Racconto di novembre, il primo di un progettato disegno di “Racconti di novembre”.
Ci troviamo di fronte a due mondi: il nuovo mondo moderno dei professori e quello, con tono emozionale e storico, delle origini di Scotellaro-Levi-Rossi Doria.
Va bene, i racconti sono passati da nove a ventuno, ma, se formano una galassia, non la si sarebbe dovuta chiamare UNO SI DISTRAE AL BIVIO, da cui la galassia ebbe origine nel 1974? Se apro il moderno Oscar Baobab, leggo È fatto giorno – Svegliati bella mia che giorno è fatto, / sono volati gli uccelli dai nidi (canto di contadini). Forse, e senza forse, questo canto di contadini me lo aveva letto più volte Rocco; ma mi aveva pure letto È fatto giorno siamo entrati in giuoco anche noi … . L’Oscar Baobab mi porta al 1982, a sette anni dalla morte di Carlo Levi, l’edizione originaria di E’ fatto giorno del 1954, pubblicata sei mesi dopo la morte di Rocco, che fu popolare pianto funebre e speranza di riscossa: E’ fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi / con i panni e le scarpe e le facce che avevamo. / Le lepri si sono ritirate e i galli cantano, / ritorna la faccia di mia madre al focolare. Per 28 anni questo è stato il nostro inno.
Carlo Levi nella prefazione a L’Uva puttanella. Contadini del Sud uniti del 1964 mise in risalto l’opportunità pratica di poter leggere le due opere in un solo volume, legati insieme come un libro unico e spiegava: “Ed è veramente per chi li legga o li rilegga ora, un libro unico”. “ Come sarebbero, insieme ad essi, le poesie di È fatto giorno, e le altre, pubblicate qua e là, o inedite, e i racconti, e il mare degli appunti, delle note, dei frammenti, delle varianti, quel pensiero di ogni ora tutto scritto su foglietti occasionali, il monologo e il dialogo ininterrotto, le immagini delle occasioni e degli incontri, e quelle fondamentali, originarie e ripetute, capovolte e riprese negli anni, una sterminata meditazione su se stesso e sul mondo. Un libro unico, che è vita nel suo farsi, da ogni parte aperta, immediatamente diventata parole”.
Un pensiero, questo di Levi, confermato da Gigliola De Donato, che al Convegno di Tricarico del 1984 diceva che l’edizione del ’64 “per quanto datata (quanta ironia in questo inciso della De Donato), se si vuole, resta un testo esemplare , non archiviabile, non potendosi prescindere da essa, senza smontare pezzo a pezzo, quella costruzione epica collettiva, che dentro vi si legge, e dissipare un clima che quella poesia e quella storia insieme determinarono con il loro carico contraddittorio di grande tensione politica e di appassionata creazione ideologica, di grandezza e di limiti, di spinte liberatrici e di persistente consapevolezza della subalternità politica e sociale del Mezzogiorno».

 

One Response to Da “Uno si distrae al bivio” alla “Galassia dei racconti”

  1. Antonio ha detto:

    Rileggo questa mattina (sabato 21 settembre) questo post del 21 agosto. Esso fa parte di una serie di appunti che stavo prendendo e non mi ricordavo di averlo postato. Non voglio dire che lo ritratto come mio, ma neppure posso dire che esso riflette puntualmente il mio pensiero, che esporrò su Rabatana alla scadenza del copyright della Mondadori e dei tre autori … …. se camperò, se conserverò un minimo di energia, se il cervello non si sarà del tutto annacquato.

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