La poesia non è fatta di queste lettere che pianto come chiodi, ma del bianco che resta sulla carta. Il titolo un po’ roboante Cinque grandi Odi contrasta con la citazione che vi abbiamo estratto. Paul Claudel, poeta e drammaturgo ma anche ambasciatore di Francia, quando scriveva queste righe, nel 1910, era ancora agli albori della sua fama, ma intuiva due grandi verità, incomprese dalla legione di poeti dilettanti. La prima: l’autentica poesia esige fatica, scavo, impegno sofferto. È già la Bibbia che ricorda con l’ Ecclesiaste che «le parole dei saggi sono come pungoli e come chiodi piantati» (12,11). A lui faceva eco Majakowskij in Flauto di vertebre : «Sulla carta sono crocifisso coi chiodi delle parole». La seconda verità: l’andare a capo, lasciando spazi vuoti, non è un mero esercizio esteriore, come credono i poeti della domenica. È, invece, lasciare che si allarghi l’eco dei versi nel cuore e nella mente del lettore; è dire il non detto facendolo intuire; è sostare a centellinare le iridescenze molteplici delle parole e del loro messaggio. È un po’ simile alla pausa in musica che, come talora si dice, dev’essere anch’essa «eseguita».

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Gianfranco RAVASI
POESIA
Il Sole 24 Ore Domenica 14 luglio 2019
 

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