Nello scritto precedentemente postato ho usato l’espressione latina quaesivi et inveni per dire, come agevolmente si comprende, che ho trovato ciò che cercavo. Perché il latino per fare una semplicissima affermazione? Lo  spiego per ricordare un famoso giornalista oggi del tutto dimenticato.
Quaesivi et non inveni (attenzione: qui c’è l’avverbio di negazione non) è il libro di questo famoso giornalista: Ricciardetto, al secolo Augusto Guerriero (Avellino, 16 agosto 1893-Roma, 31 dicembre 1981), giurista (fu magistrato contabile, che concluse la sua carriera come presidente di sezione della corte dei conti); si racconta (ma sono sicuro che sia una favola) che firmasse i suoi articoli con sigle o pseudonimi, perché riteneva che il mestiere di giornalista non fosse degno di un magistrato.
Sta di fatto, però, che se egli oggi suscita nelle persone di oltre settant’anni ricordi e sentimenti contrastanti (questi ultimi, in particolare, sulla questione semitica) è perché è stato un giornalista famoso, particolarmente interessato alla storia, e ha collaborato con riviste allora assai conosciute e, soprattutto, per la sua rubrica fissa «Italia domanda», sul settimanale Epoca. In questa rubrica, oltre a rivisitare pagine importanti della storia nazionale, europea e mondiale, affrontava, anche in chiave di prospettive future – e, sovente, con una eccezionale capacità d’intuizione – le problematiche future, e intrattenendo un intenso colloquio con i suoi lettori, per molti dei quali egli era divenuto una presenza familiare, una figura in qualche modo carismatica. Un mio amico ogni 16 agosto gli inviava una rosa rossa per augurargli buon compleanno.
Bisogna dire che, insieme a Montanelli , egli è stato il simbolo di un giornalismo di alto livello, molto professionale, molto critico, molto documentato; un giornalismo che ha fatto onore al nostro Paese, che ha contribuito a tenere acceso l’interesse per la politica fra i cittadini che amavano la lettura, e che ha perfino svolto un qualche ruolo di moderazione e di pacificazione nei momenti più drammatici della nostra storia nazionale, come gli anni di piombo. Egli è stato uno di quei giornalisti che sentivano con molta forza la passione per l’impegno civile e che hanno gettato un ponte fra l’opinione pubblica e le grandi questioni politiche, sociali, culturali, e in tal modo hanno dato un contribuito alla crescita e alla maturazione di essa, con sincerità e coerenza, senza indulgere a facili demagogie o a discutibili compromessi. Con Montanelli ruppe l’antica amicizia appunto per una divergenza squisitamente politica: quest’ultimo era contrario al compromesso storico, lui no.
L’apprezzavo come maestro di scrittura, il suo stile era ancora più semplice, chiaro e pulito di quello di Montanelli e, rispetto a questo, più elegante; e come esperto di questioni politiche, diplomatiche e militari. Ho letto costantemente la sua rubrica su Epoca. Questa è la mia opinione: tuttavia, ha fatto molto molto discutere e ha suscitato aspri contrasti        Nella vecchiaia gli venne la fissazione di esplorare il campo della teologia. Quaesivi et non inveni, del 1973, e Inquietum est cor nostrum e altri scritti, del 1976, questi due libri furono il frutto dei suoi studi. «Che sarà di me? – scrive – e ho il diritto di essere ateo, senza avere dedicato una parte della mia vita allo studio del problema supremo? […] «Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato» è uno dei pensieri più poetici di Pascal, e, solo a ricordarlo, mi vengono le lagrime agli occhi. Ma non è vero. Si cerca perché non si è trovato: quaesivi et non inveni».

          Io ho letto il primo libro, del quale mi sono ricordato e, capovolgendo il senso, ho affermato quaesivi et inveni. C’è un libro intitolato Quaesivi et inveni (Perché sono cristiano) di un tal Mario Gallo, che non so chi sia, come non so nulla del suo libro.
Il nuovo tardivo interesse di Ricciardetto per argomenti di carattere teologico suscitò nella maggioranza dei suoi ammiratori e lettori il rammarico di non aver continuato a occuparsi di politica estera. Ci si chiedeva perché dedicasse tanto interesse a questi temi, visto che non aveva né la pazienza d’indagare per suo conto, né l’autonomia di pensiero per arrivare a una sua idea. Non stupisce che non abbia trovato: non cercava davvero. In compenso, forse ha impedito di entrare a qualcun altro, seminando dei dubbi, là dove non sapeva nemmeno individuare un proprio percorso…

 

3 Responses to Quaesivi et inveni/Quaesivi et non inveni

  1. Angelo Colangelo ha detto:

    Ti ringrazio, Antonio, per aver evocato la mirabile figura di Ricciardetto, che seguii con assidua attenzione e vivo interesse nei mei anni giovanili. Oltre a leggerlo nella sua illuminante rubrica settimanale su Epoca, mi lasciai affascinare da alcuni suoi testi, fra i quali il libro da te ricordato “Quaesivi et non inveni”.
    Di questo testo si occupò anche Padre Giuseppe De Rosa, acuto notista politico della storica rivista “Civiltà cattolica”, come ho riportato nel mio volume “Storia di un’anima”, dedicato al Padre gesuita di Gorgoglione.
    Un caro saluto,
    Angelo Colangelo

  2. Antonio ha detto:

    Anch’io, caro Angelo, seguii con molto interesse la rubrica settimanale di Ricciardetto su Epoca, che consideravo una palestra per esercitarsi alla buona scrittura. Lessi pure Quaesivi et non inveni e recensioni e commenti molto negativi su questo libro, che non ho più, devo averlo prestato senza preoccuparmi della restituzione. Credo di non aver letto il giudizio di Padre Giuseppe De Rosa, escludo senz’altro di averlo letto e cercherò di recuperare grazie soprattutto alla tua “Storia di un’anima”.
    Un affettuoso saluto
    Antonio

  3. Diego ha detto:

    Perché non ci sono più giornalisti come “Ricciardetto”? Lo riscoprano ed imparino a studiare, a leggere, a commentare

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