«Quaderno a cancelli», libro postumo di Carlo Levi, uscito presso Einaudi nel 1979 grazie alle cure di Linuccia Saba e di Aldo Marcovecchio, da allora non era stato più riproposto, e adesso è sempre Einaudi a riportarlo in vita nella collana «Letture».

Il libro è unico per tante ragioni. Unico per la sua stessa genesi: che prende avvio da un evento tragico della biografia di Levi. Era la sera del 24 gennaio 1973, compleanno della compagna Linuccia Saba, quando — andando a vedere il film La rosa rossa di Franco Giraldi — Levi avvertì un fastidio agli occhi: «Nevica», disse, e Linuccia, desiderosa di neve, rispose: «Magari». Non nevicava. Passarono pochi giorni e la diagnosi di distacco della retina, conseguente al diabete, rese indispensabile il ricovero nella clinica romana San Domenico e una prima operazione. Per alcuni mesi Levi rimase cieco nel suo letto d’ospedale e in quel buio, come ricorda Natalia Ginzburg, «cercò tuttavia di fare ciò che aveva sempre fatto: dipingere e scrivere». Per scrivere, grazie all’ingegno di un suo allievo, Gian Paolo Berto, Levi utilizzò una specie di telaio in legno con dei fili metallici orizzontali che fungevano da guide lungo le quali poteva far scorrere il pennino allineando le parole. Per i disegni bastava un secondo telaio senza fili e vuoto al centro.
Ne sarebbero venuti fuori ben mille fogli divisibili in quattro gruppi, scanditi dai tempi della malattia e della guarigione: il primo arriva fino alle dimissioni del 5 marzo; il secondo gruppo testimonia il lavoro di scrittura compiuto durante la convalescenza a Villa Strohl-Fern; il terzo gruppo, riguarda la seconda degenza per un nuovo distacco della retina avvenuto il 18 aprile con operazione il 24 e dimissioni il 31 maggio; al quarto e ultimo gruppo –de facto appendice – appartengono le carte datate dal 1° giugno al 17 settembre. Essa fu esclusa dai precedenti curatori ed è rimasta finora inedita, in quanto considerata estranea al corpus originario del Quaderno, anche perché scritta a casa in condizioni visive ormai risolte.
Il titolo del libro trova ispirazione in una poesia di Rocco Scotellaro, che nei versi di Dedica a una bambina alludeva ai quaderni usati nelle scuole elementari, e i cancelli del titolo richiamano anche la prigionia della cecità e la remota esperienza carceraria a Regina Coeli nell’anno del confino, 1935-36.

Il libro torna dopo 41 anni, restaurato filologicamente a cura di Riccardo Gasperina Geroni, professore a contratto presso il Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università di Bologna. Vengono recuperate le parti perdute, e quindi l’appendice dall’1 giugno al 15 settembre 1973: viene inoltre pubblicata la recensione di Italo Calvino, Con l’occhio della lumaca. Il “Quaderno a cancelli” di Carlo Levi, pubblicata originariamente il 24 giugno 1979 sul Corriere della Sera, e viene recuperato “l’ordinamento originario d’autore”, di cui più avanti si vedrà un esempio.

Italo Calvino punta decisamente su una suggestione medico-antropologica proposta da Levi nel libro: la distinzione del genere umano in due temperamenti fondamentali, i Diabetici e gli Allergici. Se questi ultimi sono i portatori di un «razzismo non tanto ideologico quanto fisiologico per cui ogni cosa estranea è nemica», i Diabetici (categoria a cui Levi apparteneva de facto) sono l’opposto. Gli Allergici «operano sempre contro qualcuno, contro l’altro, un altro», «hanno costantemente un nemico, che li tiene svegli»; i Diabetici «si ammalano agli occhi, essi che vorrebbero poter vedere ogni cosa, nessuna considerandola nemica o in sé vergognosa; e al cuore e alle arterie, questi che vorrebbero amare ogni oggetto e essere vivente, e circolare dappertutto, come un sangue vitale, senza frontiere». L’aggiornamento rende la categoria Contadini-Luigini più chiara e più vera.

La morte improvvisa di Levi, nel gennaio 1975, quando ancora la trascrizione era incompiuta, interruppe anche la revisione. Nel 1977 Linuccia Saba e Marcovecchio completarono la trascrizione eseguita in due copie carbone: una (oggi perduta) fu data in lettura a Calvino, la seconda fu consegnata all’editore Giulio Einaudi e servì per ricavarne le bozze di stampa.

L’editing, come si è detto, escluse, l’appendice (che invece appartiene a tutti gli effetti al libro) ma dell’appendice scelse di pubblicare, ponendola a chiusura dell’opera, una sola carta, falsificando la data, dall’6.8.73 a Ultima pagina scritta in clinica il 31 maggio 1973:

« Sogno. Appare in un salone, o un palazzo reale o in luogo sontuoso e architettonicamente solenne, un figura di straordinaria bellezza e di portamento e di movimenti divini. È certamente una dea, una Venere: è Linuccia. Da ogni suo gesto appare qualcosa di più che umano: una sorta di perfezione assoluta, che lo è per natura, e anche per volontà e per intelligenza. La guardo, con altri, pieni di ammirazione e quasi di sacro timore. Poi vedo che L. è accompagnata da una corte di mostricciattoli, che soltanto non sono degni di quella aristocratica divinità, ma neppure le sono graditi, ma, come mosche, la infastidiscono oltre misura. La loro presenza mi pare risolva con certezza logica un sillogismo. Quei mostri deformi li ha creati lei, ma la turbano perché sono creature che non le somigliano. Ma Dio (o gli dei) fanno il mondo a propria somiglianza. Dunque L. non è una dea: ma è invece una donna. Il sillogismo mi pare così esatto da rallegrarmene come verità certa. Ma poi il problema si ripropone. Potrebbe essere una semidea, la cui parte divina (così evidente e indiscutibile) si duole per quella umana, che la segue come una bizzarra, incongrua corte? Per questo dubbio, mi risveglio. »

In assenza di un originale manoscritto verificato dall’autore e con le carte smembrate in tre sedi diverse, il Quaderno è stato protagonista di un intrigo editoriale. Ridando per la prima volta al Quaderno la sua struttura originaria con le carte finali (943-1.000) il sogno di Linuccia compare, certo, ma nella giusta posizione. Linuccia cadde nell’affettuosa tentazione di costruire il “suo” Quaderno», di “regalarsi” una pagina. Presa la decisione di non pubblicare l’appendice, nella quale era compreso il sogno, di esso non si sarebbe saputo. Linuccia si può capire, si capisce. Chi lesse la prima edizione avrebbe perso molto – avrei perso molto.

 

2 Responses to 41 anni dopo torna “Quaderno a cancelli” di Carlo Levi

  1. Maria Teresa Langerano ha detto:

    Ritengo che sia importante riproporre il libro di Carlo Levi:”Quaderni a cancelli”.
    Tale libro, che risulta essere un testo meno noto dello scrittore-pittore torinese, ci fornisce anche un bel ricordo di Linuccia Saba, compagna del Levi e figlia del grande poeta Umberto Saba. L’intrecciarsi di queste vite straordinarie, intelletti sublimi e geni poetici mi appare una splendida trama intrecciata dal destino.

  2. Angelo Colangelo ha detto:

    Ciao, Antonio.
    Sento il bisogno di sottolineare che molto meritorio è stato il lavoro di Riccardo Gasperina Geroni, dell’Università di Bologna,che per Einaudi ha ripubblicato l’importante opera leviana “Quaderno a cancelli” dopo un’accurata e significativa restaurazione filologica .
    Mi piace anche ricordare che due anni fa fu premiata dalla Giuria del Premio Letterario “Carlo Levi” la pubblicazione della interessante tesi di dottorato di Gasperina Geroni sullo scrittore e pittore torinese.
    Ti auguro buona domenica.
    Angelo

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