URBINATIIn questo libro – risultato di ide e letture elaborate e accumulate nel corso di più di un ventennio insieme alla consapevolezza del “rischio populista” – Nadia Urbinati, professore ordinario di Teoria Politica alla Columbia University di New York, illustra “come il populismo trasforma la democrazia”. Trecentoventinove pagine fittissime; quattro capitoli discussi in occasione di conferenze, seminari e workshop presso 25 Università e Istituti di alta cultura di tutto il mondo con un elenco interminabile di ringraziamenti a quanti studiosi hanno presieduto e partecipato a questi seminari, convegni e letture; il già detto ventennio di idee e letture accumulate: questo è «Io, il popolo», nell’edizione italiana edita dal Mulino di Bologna.
Altro è il populismo come movimento di opinione o di protesta, altro il populismo come movimento che aspira a conquistare il potere, ed è su questo che la docente della Columbia concentra la sua attenzione. Quindi: come il populismo trasforma la democrazia? E se questa è la domanda, il problema è capire che tipo di democrazia è la democrazia populista.
La quantità e la qualità di quanto recentemente è stato scritto sul populismo – premette la professoressa – intimidiscono chiunque decida di imbarcarsi nell’impresa di scriverci un libro. Ad eccezione di due fondamentali progetti di ricerca di respiro %globale”, che risalgono rispettivamente alla metà degli anni Sessanta e alla fine degli anni Novanta, e ad alcune importanti monografie, il populismo è stato generalmente studiato in relazione a contesti specifici (Io, Il Popolo, p.52) questo libro espone l’interpretazione del populismo come nuova forma di governo. Secondo quanto è scritto in quarta pagina di copertina, il populismo non è da confondersi con i regimi dittatoriali e autoritari, ma va considerato una variante del governo rappresentativo, basata sul rapporto diretto tra un leader e il «suo popolo», rivendicato come vero contro l’establishment, inteso come complesso delle istituzioni che, in un Paese, detta il potere sia nella vita politica in generale sia nei singoli settori di attività. Trump, il movimento 5 stelle e altri leader e movimenti in Italia e in altri Paesi del mondo si dichiarano anti establishment. La rivendicazione fondamentale di tutti i movimenti populisti è far piazza pulita dell’«establishment», ovvero di tutto ciò che si suppone stia tra «noi» (la gente comune o i cittadini in generale) e lo stato (gli apparati decisionali, eletti o designato che siano). È stato questo il leitmotiv del discorso di insediamento di Donald Trump (pag. 73).

La democrazia, col populismo, corre un rischio, il quale non consiste nella domanda di espansione della democrazia, o nell’enfasi posta sul richiamo al popolo, ma nella selettività con cui il leader individua il suo popolo, facendone un’arma di parte da brandire contro l’altro. Il popolo dei populisti rifugge di fatto dall’inclusività e dalla generalità del popolo sovrano.

A mio avviso – secondo una mia personale impressione superficiale – fasce molto ampie della sinistra non coglie differenza tra i dei sue sensi del populismo e, attratte dal primo, che configurano come la nuova forma della sinistra, donano un consistente aiuto al secondo.
La prof. Urbinati, come si è detto, concentra la sua attenzione sul populismo come movimento che aspira a conquistare il potere e analizza la sua ricerca attraverso il confronto con la democrazia rappresentativa. La tesi è che il populismo al potere è in verità una nuova forma di governo misto (popolo + leader) nella quale una parte della popolazione conquista un potere preminente rispetto all’altra (o alle altre). In questo senso il populismo compete con la democrazia costituzionale (e se possibile la trasforma), elaborando una specifica e definitiva rappresentazione del popolo e della sua sovranità. Lo fa utilizzando ciò che Urbinati chiama “rappresentanza diretta”, cioè la costruzione di una relazione diretta, non mediata, tra il capo e il suo popolo.

Il «mix» populista dipende interamente dalla volontà e dalle esigenze del capo e indebolisce le funzioni di collegamento e di controllo esercitate dagli attori intermedi (istituzioni e partiti).

Considerati nel loro complesso i quattro capitoli del libro delineano in che modo il populismo al potere trasforma e di fatto sfigura la democrazia rappresentativa.

 

3 Responses to IO, IL POPOLO – Un libro di Nadia Urbinati sul populismo

  1. Domenico Langerano ha detto:

    Carissimo Antonio,
    La proposta di lettura che tu ci indichi proponendo questa pagina credo sia spudoratamente riferita al prossimo referendum e quindi a giustificare un tuo probabile NO.
    Io invece forse voterò SI’ perché è vero che
    a)Con il populismo la democrazia corre il rischio di trasformare la domanda di espansione della democrazia in qualcosa che democrazia non è; l’analisi della recensione del libro è condivisibile, ma basterebbe non votare i partiti i cui capi spudoratamente propongono tale indirizzo, in tal modo potrebbero tranquillamente finire come il famoso ‘Uomo Qualunque’.
    b)Penso anch’io che molte fasce sempre più ampie di elettori di sinistra non avverte la pericolosità del populismo e donano un oggettivo aiuto a questi movimenti, non tanto perché, affascinati, li votano direttamente pur turandosi il naso, quando soprattutto disertando le urne.
    c)La riduzione dei parlamentari, di per sé, non riduce la rappresentanza del popolo se non nel numero. La vera causa della disaffezione della democrazia partecipata, sia pur delegata, la sta quasi giustificando (scusami l’arrabbiato anacoluto) la stragrande maggioranza degli attuali eletti per la loro manifesta incompetenza, affamati di soldi fino all’impudenza di votarsi l’ennesimo ingiustificato aumento, alla faccia delle difficoltà economiche di tanti.
    d)Se é vero, come è vero, che il populismo pesca anche nella farraginosità legislativa, procedurale, burocratica responsabile di sprechi e tempi lunghi fino alla paralisi di qualsiasi decisione, bisogna chiedersi cosa ha fatto un qualsiasi governo di sinistra per porvi rimedio, che anzi qualche passo tentato con la così detta legge dei sindaci, qualche maldestro ritocco alla costituzione e opportunistiche governance regionali non continuino a peggiorare le cose
    e)Non dobbiamo nasconderci che ci sono stati governi (di sinistra?) che hanno disconosciuto il ruolo dei sindacati, hanno minato la sacralità e dignità del lavoro soprattutto giovanile (che è stata poi la base dei vari movimenti) permettendo la liberalizzazione al ribasso dei contratti, che hanno favorito uno sconsiderato decentramento istituzionale che non sta producendo più democrazia, ma disgregando l’unità nazionale, che hanno iniziato e favorito la privatizzazione svendendo e spacchettando molti servizi e apparati produttivi, che hanno finanche finanziato l’internazionalizzazione di tantissime attività di piccole e medie imprese la cui delocalizzazione é la prima causa dell’aumento della disoccupazione e sta intaccando perfino il made in Italy
    Caro Antonio,
    vien quasi voglia di dire masochisticamente che chi è causa del suo male pianga se stesso! perché non vedo, in politica, alcun segnale di cambiamento di rotta o di ricerca di una qualche unità, almeno a sinistra, che possa contrastare lo sfascio; stiamo assistendo invece in ogni campo a un inspiegabile peggioramento dell’intera classe dirigente, oltre che professionale e ci metto dentro anche i giornalisti e gli addetti alla comunicazione in genere.
    Basta, stop, mi viene il magone.
    Un abbraccio
    Mimmo

    • Antonio Martino ha detto:

      Caro Mimmo, il vocabolario della lingua italiana Treccani da la seguente definizione di spudorato: “Che non ha e non mostra alcun pudore o ritegno nel comportarsi in modo scorretto e disonesto”.
      Tu scrivi: “La proposta di lettura che tu ci indichi proponendo questa pagina credo sia spudoratamente riferita al prossimo referendum e quindi a giustificare un tuo probabile NO”.
      Il tuo pensiero è chiarissimo e, grazie al cielo, fa salva dall’accusa di spudoratezza la professoressa Urbinati, una gloria italiana, una politologa tra i più grandi politologi del mondo, con studi e docenze a Bologna, Parma, Firenze, Torino (collaboratrice di Norberto Bobbio), Bocconi di Milano, Istituto superiore di studi unversitari S. Anna di Pisa, Princeton, Columbia. L’edizione originale del libro è Me the People. Populism Transform Democrazy, Cambridge, Mass. Harvard University Press 2019, dopo averla discussa nelle migliori Università e Istituti di alta cultura del mondo. L’edizione italiana è stata pubblicata dal Mulino a dicembre del 2019, due mesi fa.
      Io ho comperato il libro quando l’ho visto in libreria, pochi giorni fa direi, e l’ho divorato leggendolo giorno e notte.
      Tiro un sospiro di sollievo: la professoressa Urbinati non ha fatto tanta faticaccia per propagandare il NO al prossimo referendum.
      Lo spudorato, pertanto sono io. Preciso peraltro che non ho nulla da giustificare: il 20 febbraio ho dichiarato spudoratamente su Rabatana VOTO NO. NOT IN MY NAME. NO certo, dunque, e non probabile
      Non è una novità che io talvolta presenti su Rabatana un libro che ho letto. La lettura del libro della Urbinati mi ha impegnato in un faticaccia che non ti dico, dopo di che l’ho presentato su Rabatana. Al referendum non ci pensavo, e, comunque, non capisco perché, dichiarando, di votare NO (un NO certo, a meno che non muoia prima del 29 p.v., e non un NO probabile) io tenga un comportamento scorretto e disonesto. La cosa importante è che io non lo penso del SI, che trionferà, come avevo previsto il 20 del mese appena trascorso.

      Ricambio l’abbraccio con amicizia e affetto intatti, Antonio

  2. Mister X ha detto:

    Riporto la pagina 327 del libro:
    «Ho scritto questo libro tra il 2016 e il 2018: in questi anni leader e movimenti populisti sono stati eletti al governo nei due paesi in cui vivo, l’Italia e gli Stati Uniti. Queste elezioni sono state anche le prime che hanno visto come protagonisti non i partiti tradizionali, ma Internet e i social network. Scrivere questo libro mi ha ricordato che la democrazia è una realtà plastica; è soggetta a trasformazioni che, pur non essendo sempre positive o desiderabili, sono comunque in grado di metabolizare i cambiamenti e di imprimere una svolta all’orientamento delle nazioni. Ciò non significa che la democrazia sia debole o malata. La democrazia è aperta al rischio e il populismo è il rischioso fenomeno studiato in questo libro. Il mio interesse per il populismo risale ai primi anni Novanta, quando in alcuni paesi europei se ne segnalò l’ascesa. Da allora in poi, il populismo si è progressivamente trasformato nella scena della politica a livello globale, per diventare una delle parole più spesso impiegate da politici e dagli accademici. Nel corso degli anni la letteratura sul populismo è cresciuta, così come l’elenco di colleghi e studenti che hanno contribuito alla mia comprensione di questo fenomeno. Devo ringraziare diverse persone per aver attirato la mia attenzione su di esso quando era ancora un «non-problema›› e quindi per avermi aiutato a comprenderlo meglio. Il mio più grande debito di gratitudine è innanzitutto verso gli studenti della Columbia University, alcuni dei quali nel frattempo sono diventati insegnanti e ricercatori. Vorrei ringraziare in particolare: […]

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