Mi è stato chiesto di chiarire bene il significato del precedente post Il formaggio e i vermi. Differenziazione tra la cultura d’élite e la cultura popolare, e devo riconoscere che, contrariamente a quanto avevo ritenuto, non sono stati a tal fine sufficienti il breve proemio e la poesia di Bertolt Brecht. Mi scuso e aggiungo  una breve, e spero sufficiente nota sul suddetto saggio.

 Il formaggio e i vermi è un saggio storico di Carlo Ginzburg (storico, figlio di Leone e Natalia Ginzsburg), edito da Einaudi per la prima volta nel 1976 e riproposto nel 2019 arricchito da un’ampia postfazione. Nel frattempo, tradotta in ventisei lingue, la vicenda del mugnaio friulano Domenico Scandella detto Menocchio, messo a morte dall’Inquisizione alla fine del ‘500 – di cui il saggio si occupa -, ha fatto il giro del mondo, mostrando come sia possibile, attraverso gli archivi inquisitoriali, cogliere le voci di individui che spesso non compaiono, o compaiono solo in maniera indiretta, nella documentazione storica: dai contadini alle donne. Il mugnaio Menocchio era senza dubbio una figura straordinaria, percepita come anomala anche dai suoi compaesani; l’ampiezza delle sue letture, la ricchezza delle sue reazioni ai libri, l’audacia delle sue idee non finiscono di stupire. Ma anche un caso eccezionale (qui sta la scommessa del libro) può gettar luce su problemi di vaste dimensioni: dalla sfida alle autorità in una società preindustriale all’intreccio fra cultura orale e cultura scritta.

Come chiarisce la nuova postfazione, Il formaggio e i vermi è stato letto retrospettivamente come un esempio di microstoria. Ma lo scopo di quest’esperimento di scrittura della storia era, ed è, quello di far arrivare al lettore la voce di Menocchio: «Io ho detto che, quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme; et quel volume andando così fece una massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel deventorno vermi, et quelli furno li angeli…»

Il saggio ha per oggetto la vita e, soprattutto, i due processi per eresia sopportati da Domenico Scandella, contadino e mugnaio di Monterale Valcellina, nato nel 1532 e si inserisce nel filone di ricerca sulla storia delle classi subalterne; non per niente, l’ampia prefazione si apre con la citazione da Bertolt “Chi costruì Tebe dalle sette porte?”.

Il protagonista della vicenda narrata, pur sapendo leggere e scrivere, non appartiene certamente né al clero né alla nobiltà e fa parte dello sterminato numero di persone di cui la storia spesso non si occupa. Il titolo del libro è tratto da un verbale del processo nel quale l’imputato descrive come crede si sia formato il cosmo: in un caos primordiale, i quattro eelementi (acqua, aria, terra e fuoco) erano tutti fusi insieme. Il caos si va poi condensando in una massa come il formaggio nel latte e dentro di esso, proprio come si creano i vermi nel formaggio, nascono gli angeli e Dio, per volontà della Santissima Maestà.

Nel corso del libro, l’autore mostra come dietro a questa descrizione della Cosmogonia si celino influssi della Bibbia e di altri libri conosciuti dal mugnaio friulano, ma anche elementi della cultura popolare, alcuni dei quali presumibilmente di origine antichissima. L’idea della nascita del vivente dal non vivente (i vermi dal formaggio), peraltro, era in quel periodo appannaggio della cultura ufficiale e non solo delle credenze popolari, e paradossalmente era considerata un’idea di tipo scientista in quanto contrapposta all’idea di creazione da parte di un essere superiore.

Il libro non si limita solamente a trattare la vicenda del mugnaio friulano, ma interviene autorevolmente su due grandi questioni storiografiche.
1. L’analisi del metodo, dell’importanza e delle finalità della “storia dal basso”, sulla quale l’autore si intrattiene specialmente nella prefazione.
2. L’analisi del rapporto tra la cultura ufficiale, o cultura delle classi dominanti, e cultura popolare.
In questo secondo tema, che costituisce probabilmente il frutto più affascinante dell’intero libro, l’autore analizza la cultura popolare per capire, in primo luogo, se si possa parlare veramente e in che senso di cultura popolare, dopodiché per comprendere quali sono i prodotti della cultura popolare, come essa si sviluppa e come si tramanda tra generazioni, quali sono gli influssi reciproci tra cultura popolare e cultura ufficiale ed infine quali le ripercussioni politiche e sociali della cultura popolare.

 

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