L’articolo che annuncia l’uscita dell’Album di famiglia di Rocco Scotellaro risulta misteriosamente cliccato da Gilberto Marselli. Pochi minuti fa, rovistando nel gran guazzabuglio di questo blog, è saltata fuori una mia lettera a Gilberto per dedicargli il famosissimo monologo di Edoardo De Filippo della preparazione del caffè con la macchinetta napoletana. Giorgio Bassani s’immaginava di attraversare, subito dopo aver chiuso gli occhi, le belle larghe strade di Ferrara (la vita?) in una Rolls dai grandi cupi cristalli (segno che non si è visto, non si è vissuto). Di qua e di la della linea d’ombra che ci divide, beviamoci, Caro Gilberto, una bella tazzulella di caffè napoletano, leggendo la lettera che ti scrissi.

Caro Gilberto, Quale buongustaio che sa apprezzare le ricette nostrane, ma confessi di essere incapace in cucina di fare qualsiasi cosa, “nemmeno il classico caffè napoletano”, ti vorrei dire che non sai cosa ti perdi e quale e quanta arte, abilità e tempo occorra per prepararti un buon caffè napoletano. Ti dedico, pertanto, il famosissimo  monologo del caffè della commedia Questi fantasmi di Eduardo De Filippo, dove vi è l’esaltazione tutta napoletana di un rito quotidiano, quasi sacro, in grado di conferire un momento di felicità.

La scena. Pasquale Lojacono, il protagonista della commedia, per prepararsi il suo caffè, siede fuori uno dei balconi della casa che ha affittato. Il suo interlocutore è il Prof. Santanna, il famoso dirimpettaio di casa Lojacono, al quale Lojacono spiega la sua tecnica particolare:

La spiegazone. «Sul becco io ci metto questo coppitello di carta… Pare niente, questo coppitello, ma ci ha la sua funzione… E già, perché il fumo denso del primo caffè che scorre, che poi è il più carico, non si disperde. Come pure, professo’, prima di colare l’acqua, che bisogna farla bollire per tre o quattro minuti, per lo meno, prima di colarla, vi dicevo, nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata. Un piccolo segreto! In modo che, nel momento della colata, l’acqua, in pieno bollore, già si aromatizza per conto suo. Professo’, voi pure vi divertite qualche volta, perché, spesso, vi vedo fuori al vostro balcone a fare la stessa funzione. E io pure. Anzi, siccome, come vi ho detto, mia moglie non collabora, me lo tosto da me. Pure voi, professo’?… E fate bene… Perché, quella, poi, è la cosa più difficile: indovinare il punto giusto di cottura, il colore… A manto di monaco… Color manto di monaco. È una grande soddisfazione, ed evito pure di prendermi collera, perché se, per una dannata combinazione, per una mossa sbagliata, sapete… ve scappa ‘a mano ‘o piezz’ ‘e coppa, s’aunisce a chello ‘e sotto, se mmesca posa e ccafè… insomma, viene una zoza… siccome l’ho fatto con le mie mani e nun m’ ‘a pozzo piglia’ cu’ nisciuno, mi convinco che è buono e me lo bevo lo stesso. Professo’, è passato. (Assaggia il caffè) Caspita, chesto è ccafè… È ciucculata. Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo: una tazzina di caffè presa  tranquillamente qui, fuori… con un simpatico dirimpettaio…».

 

One Response to Monologo del caffè con la macchinetta napoletana di Edoardo de Filippo, per Gil

  1. Angelo Colangelo ha detto:

    Antonio, è godibilissima l’interpetrazione di Eduardo nell’episodio da te amabilmente riportato ed emozionante il ricordo del mai dimenticato GIL.
    Un abbraccio,
    Angelo Colangelo

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