Con Tutte le poesie di Leonardo Sinisgalli a cura di Franco Vitelli si compie finalmente la restituzione dell’opera perduta di Leonardo Sinisgalli con le edizioni Oscar Moderni Baobab di Mondadori. Nell’ordine: Furor Mathematicus a cura di Gian Italo Bischi, Racconti con Introduzione di Silvio Ramat e Tutte le poesie. Goffredo Fofi commenta l’operazione culturale nel Sole 24 Ore DOMENICA del 3 maggio 2020 col saggio Tra retroterra e avamposto. Leonardo sinisgalli – è la presentazione – riediti i racconti e i versi del «poeta contadino» lucano, animatore di «civiltà delle macchine» e depositario di valori del passato che cercano nuovo ordine.

Leonardo Sinisgalli nacque nel profondo Sud di Montemurro, in Basilicata, nel 1908 e morì a Roma nel 1981, ma, in coerenza con le sue due anime di poeta “contadino” e di intellettuale e animatore culturale direttore di una rivista esemplare sin dal titolo come «Civiltà delle macchine», avrebbe potuto morire nella Milano o nella Ivrea del «neo-capitalismo». La sua duplice anima fu rappresentativa delle diversità e delle convergenze di un’epoca cruciale nella storia del Bel Paese, che cominciò a imbruttire proprio dagli anni, cruciali e a modo loro gloriosi, del boom, del passaggio dell’economia italiana da prevalentemente agricola a prevalentemente industriale e terziaria. Il personale passaggio di Sinisgalli dal Sud al Nord e l’andirivieni che poi lo caratterizzò, e la sua volontà di tenere insieme l’anima della tradizione e quella dello sviluppo furono simili a quelli di altri, e soprattutto di Paolo Volponi, che passò bensì dalla rinascimentale Urbino, una delle molte e armoniche anime dell’Italia centrale, al luogo-chiave di un’utopia a suo modo ancora rinascimentale e però nordica come è stata un tempo Ivrea. Ma mentre Volponi seppe affrontare radicalmente «le mosche del Capitale», più nelle opere che nella vita, e pur rimanendo ancorato alle «porte dell’Appennino», il moto da Sud a Nord e ritorno di Leonardo Sinisgalli fu meno nevrotico, nella ricerca di un accordo intimo e privato prima ancora che pubblico. Furono rappresentative di un disagio inaccettabile le opere di scrittori (e registi) di forte ispirazione civile, come Pasolini o Bianciardi e Mastronardi, mentre ci appaiono meno drammatiche la vita e le opere di Volponi e soprattutto di Sinisgalli. E per capir meglio i modi di reagire alla novità val sempre la pena di riprendere in mano i numeri del «Menabò», la rivista diretta dal siciliano-milanese Vittorini e dal ligure-torinese Calvino, dedicati nei primi anni Sessanta alla letteratura meridionale e a «letteratura e industria», soprattutto quest’ultimo. Di Sinisgalli si sono pubblicati (ri-pubblicati) di recente, i Racconti (negli Oscar Moderni Mondadori) e Tutte le poesie (nella bella, utilissima serie degli Oscar Moderni chiamata Baobab), i primi a cura di Silvio Ramat e le seconde del lucano Franco Vitelli, più persuasive le osservazioni del secondo su Sinisgalli poeta e sulla sua biografia, che non nascondono una intima ammirazione e, a tratti, quasi una sorta di identificazione, che quelle del primo sul narratore, più distaccate, meno coinvolte. I racconti di Sinisgalli sono peraltro meno importanti delle sue poesie, nel quadro della cultura italiana del suo tempo, forse con l’eccezione del lungo racconto-romanzo Fiori pari fiori dispari , del 1942, che risente anch’esso delle convenzioni di quella forma letteraria tipica degli anni Trenta fascisti che veniva chiamata elzeviro, il cui modello sopravvisse almeno fino agli Ottanta. Tra Sud e Roma, sono quadri d’ambiente e descrizioni di personaggi, secondo una vena tradizionale, da aneddoto e bozzetto o da ritratto, che rendono assai bene un’epoca e in qualche modo la sua assenza di rivolta, di contrasti violenti. Eppure, se il confronto, mettiamo, tra i due corregionali e contemporanei Scotellaro e Sinisgalli (non c’è poi una grande distanza tra Montemurro e Tricarico) è vinto da Scotellaro sul piano della narrazione autobiografica (lo splendido L’uva puttanella ), per non parlare dei grandi ritratti-inchiesta, delle «storie di vita» raccolte in Contadini del Sud , i racconti o elzeviri di Sinisgalli hanno un loro fascino non solo retrospettivo, per la pacata luce che emanano da un mondo che fu, ben più raccolto del nostro – il fascino della chiusa e tenace provincia di ieri – e mi sembrano infine più vivi, per averli anch’io in qualche modo conosciuti o vissuti, di quanto non sembra siano apparsi al “centro-nordico” Ramat, critico solido e illustre. Sono però le poesie (e le prose poetiche comprese in L’età della luna ) il quid artistico di Sinisgalli, narratore per il bisogno di raccontare e raccontarsi, poeta per il bisogno di fissare, definire, chiarire, di dialogare con il proprio tempo tentando bensì di sovrastarlo e, pur scavandoci dentro, di dargli un ordine. I suoi versi sembrano partecipare di un progetto che è infine lo stesso della sua rivista, «Civiltà delle macchine». Tra retroterra e avamposto, il presente di Sinisgalli è depositario di sostanze del passato che cercano però un nuovo ordine, che vi tendono quasi con ansia, che aspirano, che sognano una nuova – appunto – “civiltà”. Che sognano razionali macchine nuove rispettose della vita e cultura che sono state del nostro Sud di ieri e, possiamo aggiungere, certi che Sinisgalli avrebbe approvato, dei tanti e dolorosi Sud di oggi la cui cultura è stata travolta dal freddo egoismo dei Nord. «Fa più coraggio un enigma che un teorema o un proverbio» recita una sentenza di L’età della luna . Ed è appunto nell’incontro o confluenza tra una sostanza depositata dal passato e un’ansia o progetto di un chiaro e razionale futuro, che sta l’enigma insieme metafisico e storico. Lo si dice nella bella (e “milanese”) Ode a Lucio Fontana : «Lucio Fontana, lo so,/ tu disprezzi i dottori,/ hai orrore delle astruserie,/ ti fanno paura le medaglie,/ i diplomi, la gloria. // Ti basta l’anti-materia,/ l’antimondo, la non-poesia.»; vi si insiste negli epigrammatici versi di Mosche in bottiglia che sanno di proverbio, di antico. Mosche che non sono quelle “del capitale”. Il “poeta in città”, montemurrese per nascita e milanese per vocazione o destino che Sinisgalli ha voluto essere, si è trovato alla confluenza di molte cose diverse – nella “compresenza dei tempi” che fu dell’Italia del passato e degli anni di svolta, come insisteva un poeta suo malgrado come il pittore e socio-antropologo Carlo Levi, lucano involontario e nordico e razionale, anzi “gobettiano”, per nascita. Sinisgalli non è stato il maggiore dei nostri poeti di allora, ma di quei tempi ha assorbito tensioni e umori come pochi, e ne ha sperimentato tutte le contraddizioni.

Leonardo Sinisgalli Furor Mathematicus, pagg. 251 € 24; Racconti, pagg. 334 € 15, Tutte le poesie, pagg. 540, € 24

 

4 Responses to Tutte le poesie di Leonardo Sinisgalli a cura di Franco Vitelli

  1. Antonio Martino ha detto:

    Goffredo Fofi parla di (ri)edizione dei racconti e dei versi drl poeta di Montemurro, così richiamando la vicenda di una triste storia editoriale, e definisce «poeta contadino» il poesta delle Due Muse, autore di molteplici riflessioni e attività culturali che includono matematica, poesia, pittura, architettura, design, fisica, filosofia, tecnologia, artiginato, ecc. Il prof. Franco Vitelli, nel bel saggio di presentazione del volume di tutte le poesie da lui curato, definisce Sinisgalli «designer della poesia» e bene dice che la fortuna di Leonardo Sinisgalli non è stata sinora pari al suo valore intellettuale e l’assenza di una popolarità diffusa lo ha relegato a un destino elitario.

  2. Rachele ha detto:

    “…relegato a un destino elitario” mi piace molto.

  3. Rachele ha detto:

    E poi mi viene in mente “Fuochi fatui” di Trufelli.

    • Antonio Martino ha detto:

      Bene che ti sia venuta in mente “Fuochi fatui” di Mario Trufelli, che io ti feci conoscere. Ricordiamo che è dedicata a Leonardo Sinisgalli.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.