Giacomo Leopardi, Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco
Stratone di Lampsaco. L’ignoto ignoto. Mi capita sotto gli occhi un librino di cui sopra è riportata la copertina. Non sapevo di non sapere che fosse esistito un tale Stratone; non sapevo di non sapere che esista (o fosse esistita) una località chiamata Lampsaco; non sapevo di non sapere l’esistenza e l’oggetto di un frammento apocrifo del detto Stratone. Non sapevo di non sapere nulla del suddetto librino.
L’ignoto ignoto era un gioco tra me e Gilberto Marselli: un gioco dal sapore romantico che spiego nel libretto Semi di melograno, ora in stampa, scritto in ricordo di Gilberto; spiegazione della quale non anticipo nulla. Ma non sapere di non sapere non è ancora il gioco. Quante cose veniamo a sapere ogni giorno di non sapere di non sapere, non vi diamo alcuna impotanza, ce ne scordiamo e riprendiamo a non sapere di non saperle.
Con questo librino – autore il grande poeta di Recanati, edito dalla microscopica casa editrice sartriana di Bologna, che altre volte ho nominato, intitolato «Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco» – il gioco invece ha avuto uno sviluppo. L’ha messo in moto la noticina CON MANOSCRITTO tra il titolo e l’immagine di Leopardi. Il librino: 17 pagg., più, in seguito, la riproduzione su metà di ciascuna di 19 pagg. non numerate del Frammento apocrifo, autografo di Giacomo Leopardi; più, ancora, la riproduzione tipografica del Frammento nelle pagine 39-46 , € 9,50 il prezzo del librino.
Compero il librino e il gioco comincia. Le suddette cose che non sapevo di non sapere tali non rimasero e divennero cose che sapevo di non sapere; quindi, leggendo il librino e riflettendo uscirono totalmente dall’universo dell’ignoto ignoto, divennero cose che sapevo di sapere.
Lessi per primo l’autografo, non lasciandomi tentare dalla riproduzione tipografica. La scrittura di Leopardi è chiara e regolare, ma il testo riportato nel librino è molto rimpicciolito, motivo per cui leggere per intero l’intero manoscritto composto di un Preambolo (che riporto) e del Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco, composto di due articoli: Della origine del mondo e Della fine del mondo richiese un certo sforzo, prezzo minimo, peraltro, minimo del minimo che mi toccasse pagare a riparazione dell’aver svelato l’articolo di Alberto Savinio su Omnibus di Leo Longanesi, con la vicenda che ne era seguita della censura fascista, informando i lettori di questo blog del peccato di gola del grande poeta per il dolce.
PREAMBOLO
«Questo Frammento, che io per passatempo ho recato dal greco in volgare, è tratto da un codice a penna che trovavasi alcuni anni or sono, e forse ancora si trova, nella libreria del monte Athos. Lo intitolo Frammento apocrifo perché, come ognuno può vedere, le cose che si leggono nel capitolo della fine del mondo, non possono essere state scritte se non poco tempo addietro, laddove Stratone di Lampsaco, filosofo peripatetico, detto il fisico, visse da trecento anni avanti l’era cristiana. È ben vero che il capitolo della origine del mondo concorda a un di presso con quel poco che abbiamo delle opinioni di quel filosofo negli scrittori antichi. E però si potrebbe credere che il primo capitolo, anzi forse ancora il principio dell’altro sieno veramente di Stratone; il resto vi sia stato aggiunto da qualche dotto Greco non prima del secolo passato. Giudichino gli eruditi lettori.»
BREVE RIASSUNTO E COMMENTO DEL FRAMMENTO APOCRIFO
A questo punto del descritto percorso è naturale che mi impegnassi a conoscere questo Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco, in primis rileggendolo nella versione tipografica e subito dopo venendo a sapere che si tratta del diciannovesimo appuntamento, su ventiquattro, delle Operette morali di Giacomo Leopardi. Non è necessario essere particolarmente versati nella storia della scienza per sospettare che uno studioso vissuto tra il terzo e il quarto secolo a.C., non avrebbe mai potuto scrivere questo testo così ricco d’informazione sull’astronomia dell’era moderna. Se poi leggessimo la prefazione del filosofo Giuliano Toraldo di Francia, professore di fisica superiore all’uiversità di Firenze, apprenderemmo che il riferimento a Stratone non è assolutamente casuale. Infatti questo antico filoso peripatetico – del quale purtroppo ci sono pervenuti solo frammenti – si distinse, per quanto gli studiosi ne hanno saputo, nel porre l’accento sull’osservazione diretta della natura, anziché su ipotesi metafisiche non controllabili. Toraldo di Francia, chiedendosi inoltre il perché di questo frammento nel contesto delle Opere morali, pone mente al fatto che il testo è della tarda età 1825, mentre il grosso delle Opere è del 1824, e la circostanza lo induce a immaginare che si tratta di una sorta di catarsi. Dopo i pessimistici pensieri delle Opere precedenti, Leopardi concede una pausa ai suoi disperati lamenti sulla natura più matrigna che madre e riconosce con illuministica fiducia che almeno un dono inestimabile è stato fatto dagli dei agli uomini: la possibilità d’indagare con fondatezza e razionalità la struttura dell’universo che ci circonda, nonché la bellezza delle leggi che lo regolano. Seguono pagine della prefazione che dimostrano che Giacomo Leopardi rappresenta una luminosa eccezione nel panorama culturale non solo della sua epoca, per quanto riguarda l’interesse alle cose della scienza. In generale i letterati, i poeti, i filologi italiani dell’Ottocento (o dovremmo dire anche del nostro secolo), si legge nella prefazione, non brillano per la loro informazione e comprensione per i problemi scientifici. Molto spesso li lasciano fuori del loro concetto di “cultura”. Al più, come il Foscolo, si limitano a un formale omaggio a Galileo che “sgombrò primo le vie del firmamento” a Newton, ovvero “all’Anglo che tanta ala vi stese”; rimanendo poi lecito dubitare che l’autore dei Sepolcri conoscesse veramente e fosse in grado di apprezzare l’opera di Newton. Non così Leopardi, che quando alza gli occhi al cielo e si domanda “a che tante facelle” lo fa da sommo poeta, sì, ma anche da studioso che segue con attenta curiosità i progressi che gli specialisti vanno facendo nella comprensione del mondo naturale.
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A proposito, quando, leggendo su questo blog, seppi di sapere della vicenda relativa all’articolo su Omnibus, provai più piacere di quanto ne provasse Leopardi per i sorbetti.
Ora Stratone di Lampsaco!?
Facci sapere sempre le cose che sai!
Buona giornata.
Ti manderò “Semi di melograno” in ricordo e omaggio di Gilberto Marselli. Permettimi di correggerti: tu da me non vuoi sapere cose che so, ma cose che non so di non sapere.
È proprio come dici tu ma, fuori dal gioco, io mi riferivo alle cose che sai. Quante ne sai! Da invidia.
Con “Semi di melograno” me ne andrò in brodo di giuggiole, grazie.
Buona domenica.