Restringendo il campo e rubando ancora una volta le parole a Leonardo Sinisgalli, già evocato in un recente scritto sulla “lucanità”, si può senz’altro affermare che gli stiglianesi non si discostano da tutti i lucani che hanno lasciato il paese e, perciò «girano […] per il mondo, ma, nessuno li vede, non sono esibizionisti». Se ne è avuta eloquente conferma durante le vicende drammatiche che abbiamo vissuto, e continuiamo a vivere, da quando è dilagata l’epidemia del covid-19, che  ha falcidiato vite umane e sta lacerando il tessuto economico e sociale della comunità nazionale.

In Lombardia, a Brescia, dove già nei primi giorni di marzo il tremendo morbo infuriava, fra i tanti che fin da subito lottavano disperatamente per contrastarlo, erano impegnati in prima linea due valentissimi medici stiglianesi, Frank Rasulo e Nicola Latronico. Essi ancora oggi si stanno prodigando senza risparmio, mettendo in campo le loro inestimabili risorse professionali.

Il primo, direttore della “Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione” e professore associato dell’Università di Brescia, è nato a Stigliano nel 1963 da Rocco e Giuditta Tursone. Nel 1967 i genitori  emigrarono negli Stati Uniti e Frank compì tutto il corso dei suoi studi in New Jersey, dove ebbe modo di coltivare anche le due grandi passioni della sua vita, il jazz e il baseball. Iscrittosi poi alla Facoltà di medicina, grazie a uno scambio universitario dopo due anni Frank approdava in Italia, prima a Siena e poi a Napoli, dove si laureò brillantemente alla “Federico II”.

A conferma del fatto che la vita, come si dice, nel bene e nel male è sempre decisa dagli incontri che ciascuno fa, qui Frank s’imbatte nel dottor Nicola Latronico. Anche lui stiglianese, dopo gli studi superiori nel prestigioso Istituto Barnabitico “Alla Querce” di Firenze e al liceo “Orazio Flacco” di Potenza, s’iscrive alla Facoltà di Medicina dell’Università di Pavia. Qui nel 1982, a venticinque anni, si laurea brillantemente e nel 1986 consegue la specializzazione in “Anestesia” “summa cum laude”. Alcuni anni dopo si specializzerà anche in “Neuropatologia” all’Università di Verona. Continua, così, rapida l’ascesa professionale del giovane dottore stiglianese anche in ambito universitario: è Professore associato  e poi Direttore della Scuola di Specializzazione in “Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva” all’Università di Brescia, dove è attualmente Professore Ordinario di “Anestosiologia”. 

Negli stessi Spedali Civili da molti anni lavora Rasulo, il dottore italo-americano, che non aveva esitato a suo tempo ad accogliere l’invito di Latronico e a seguirlo a Brescia, dove i due hanno avuto modo col tempo di instaurare un intenso e solido rapporto non solo umano ma anche professionale, come testimoniano, tra l’altro, alcune loro recenti pubblicazioni scientifiche. Anche Frank Rasulo, dunque, è protagonista di una splendida carriera. Prima ricercatore universitario, diventa poi Professore Associato e partecipa su invito come speaker o moderatore a numerosi e importanti Congressi Medici in Italia e all’estero.

Ma è sotto gli occhi di tutti che l’epidemia del corona-virus ha aperto in Italia e nel mondo una crisi drammatica sia sul piano sanitario che sul versante economico, per cui si prevedono gravi  difficoltà, di cui s’intravedono già all’orizzonte le prime minacciose avvisaglie.

In tale contesto è stato recentemente concepito un progetto, chiamato “Spesa Sospesa.org” sulla scorta di un’antica e nobile tradizione napoletana per cui molti avventori pagano al bar dei caffè, che potranno poi essere consumati da anonimi cittadini indigenti.

Il progetto, servendosi di una innovativa piattaforma digitale, ha l’obiettivo di dar vita ad un processo virtuoso di “solidarietà circolare per condividere energie e risorse con chi ne ha più bisogno”, che è valido nell’immediato e in prospettiva. Per questo esso si basa sul coinvolgimento di privati cittadini, Comuni, Enti senza scopo di lucro, Imprese alimentari, che interagiscano per andare incontro ai bisogni di chi ha subito il maggior peso dei gravissimi danni procurati dalla terribile epidemia ancora in atto. Fa ben sperare il fatto che, accolto molto favorevolmente già quando è stato tenuto a battesimo in importanti programmi televisivi, ha ricevuto la pronta adesione di molte Associazioni, nonché di importanti Comuni come Napoli, Perugia, Alessandria, Catanzaro, ai quali si spera che presto se ne possano aggiungere molti altri.

Ideatore del progetto è stato Francesco Lasaponara. Nato a Stigliano nel 1973, si trasferisce a Milano, dopo aver conseguito il diploma di ragioniere all’Istituto Commerciale di Matera. Laureato in economia aziendale alla Università “Bocconi”, inizia la sua attività professionale in aziende importanti come “General Electric” e “San Pellegrino”. Lavora poi nella “EY”, una società di consulenza, dove si occupa di marketing e di analisi del settore della pubblica amministrazione. Approda, infine, nel “Business Development” del settore delle Telecomunicazioni, che lascia dopo vent’anni, spinto dal desiderio di nuove esperienze professionali fondate su valori di più marcato spessore sociale.

In breve tempo Lasaponara è riuscito a coinvolgere nel suo progetto  “SpesaSospesa”, promosso dal “Comitato Lab00 Onlus”, alcune persone che sono espressione di diverse professionalità: Davide Devenuto, attore e volto noto della TV, Marco Raspati, Amministratore Delegato della Regusto, Flavio Barcaccia, Amministratore Delegato di “Nexma”.

A completare la cinquina dei cofondatori del progetto solidale “SpesaSospesa” è Felice Diluca. Laureatosi presso il Politecnico di Torino in ingegneria informatica, egli fondò nel 1999 “TRIM”, una “start up” con oltre trenta dipendenti. Ad essa seguirono altre aziende, di cui una in Calabria e una in Lituania. Passò poi a lavorare come manager in una multinazionale, prima di tornare al mondo dell’imprenditoria con la fondazione di due società, “TheLab” e “Synestesia”. Ma l’ingegnere piemontese non ha disdegnato di riversare le sue preziose competenze professionali pure nel mondo del volontariato, aderendo all’Associazione “Informatici senza Frontiere”, per la quale ha operato anche fuori dell’Italia, in Africa e in India.

Diluca è l’unico componente del gruppo che Lasaponara non conosce personalmente. In una delle videoconferenze, perciò, l’ideatore del progetto cerca di conoscerlo meglio e viene a sapere che è nato a Rivoli nel 1971, ma che i genitori, Giuseppe e Giulia Maffei, sono lucani. Drizza allora le antenne e incalza l’ingegnere. Apprende così che il padre e la madre sono di Matera, più precisamente della provincia, … insomma di Stigliano. Francesco, stupito, ha un sussulto e si ripete che davvero il mondo è pur sempre piccolo e  pieno di sorprese.

Si può, perciò, immaginare che la sua reazione non sia stata molto dissimile da quella del poeta provenzale Sordello, quando nel VI canto del Purgatorio, incontrando Virgilio, al solo sentir profferire la parola “Mantua”, gli si rivolse esclamando esultante: “ … io son Sordello de la tua terra!”.

Francesco e Felice hanno poi avuto modo di approfondire la reciproca conoscenza in successive conversazioni telefoniche. In una di queste è intervenuta anche mamma Giulia, che ha invitato Francesco a Rivoli per un pranzo rigorosamente “paesano”. L’esito finale della breve storia può a ragione sorprendere tanti, ma non chi conosce il carattere e lo spirito dei lucani e degli stiglianesi.

S’impone a questo punto una riflessione conclusiva di carattere generale. I fatti, appena raccontati in maniera molto succinta, costituiscono nella loro esemplarità solo la punta dell’iceberg nel mare sconfinato di storie positive, che da molti decenni vedono protagonista una schiera interminabile di figli della diaspora stiglianese in ogni angolo dell’Italia e del mondo.

Appare, pertanto, stantia e priva di senso la contrapposizione che ancora da taluni è alimentata fra Nord e Sud. Ma insulsa e farneticante è l’idea di “una inferiorità dei meridionali”, recentemente proclamata da un ebbro avvizzito vecchietto, che un tempo fu anche giornalista. Le sue assurde parole non meritano neppure il clamoroso sberleffo sonoro che fu reso immortale dall’immortale Eduardo.

Angelo Colangelo

 

5 Responses to Angelo COLANGELO, Orgoglio stiglianese per Camici bianchi e Spese sospese

  1. Angelo Colangelo ha detto:

    Grazie, Antonio, per aver ospitato questo articolo che idealmente si riallaccia alle recenti riflessioni “sulla lucanità”.
    Queste storie, raccontate in maniera succinta, vedono protagonisti ammirevoli giovani stiglianesi che,costretti a lasciare la propria terra come tanti altri giovani lucani,hanno visto riconosciute altrove le loro qualità intellettuali, professionali ed umane. Ed è per noi senz’altro motivo di orgoglio. Ma anche di inquietudine, pensando alle sorti future della Lucania-Basilcata.
    Angelo Colangelo

    • Antonio Martino ha detto:

      Quando lasciai Tricarico, andai a salutare Colombo. Allargò le braccia e mi accolse dicendo con un sorriso: “Traditore della patria”. Il fatto è che mi sentii, e tuttora mi sento, traditore della patria!

  2. domenico langerano ha detto:

    Caro Antonio, con tutto il rispetto e l’amicizia, fossi il tuo maestro ti bacchetterei sulle nocche delle mani, come si usava una volta quando si dicevano delle corbellerie.
    Cosa hai tradito? Piuttosto suggerirei ad Angelo Colangelo di soffermarci sulla frase da tragedia che lui usata, quando ha detto “tanti giovani stigianesi che, COSTRETTI A LASCIARE LA PROPRIA TERRA COME TANTI ALTRI GIOVANI LUCANI, HANNO VISTO RICONOSCIUTE ALTROVE LE LORO QUALITA’ INTELLETTUALI, PROFESSIONALI ED UMANE”. L’analisi dovrebbe partire dal COSTRETTI. Perché e da chi o da che cosa sono stati costretti e, come direbbe il tuo amico Stefani, bisogna capire dal messaggio negativo per meglio attrezzarsi per superarlo e quanto meno moderarne le conseguenze. Sarebbe lungo il dibattito anche solo a volersi limitare alle responsabilità politiche e storiche, tra le quali, caro Antonio un ruolo non secondario lo ha avuto una delle più illustre personalità politiche che é stato Colombo che nel salutare la tua partenza ti ha etichettato, sia pure con il sorriso di un amico, traditore della patria.
    Non lo sei stato come non lo sono i nostri figli e i tanti lucani dei quali ci onoriamo essere compatrioti perché lucani o italiani in qualsiasi parte del mondo si trovino a vivere.
    Un abbraccio Mimmo

  3. Antonio Martino ha detto:

    Caro Mimmo, La mia risposta è nei seguenti due articoli di Rabatana, che ti invito a legger:

    Rocco SCOTELLARO La mia bella patria https://www.rabatana.it/?p=5761341

    L’erva di Paprascianna vs La mia bella Patria di Rocco Scotellaro https://www.rabatana.it/?p=5760812

    Ricambio l’abbraccio con l’affetto dovuto all’unico amico che mi ha risposto in un momento di cedimento.

  4. Angelo Colangelo ha detto:

    Il Signor Doemenico Langerano mi chiede una breve replica, cui non intendo sottrarmi. Mi accingo a una doverosa precisazione, anche se mi rendo conto che la risposta non può essere né argomentata né tanto meno esaustiva.
    La “costrizione” per migliaia di giovani lucani, nella più gran parte dei casi diplomati o laureati, per me deriva evidentemente dall’IMPOSSIBILITA’ di trovare opportunità di lavoro nella propria terra di origine. Certamente cercare un lavoro al Nord o all’estero non è per loro una scelta di vita, perché molti amerebbero restare, ma sono condannati a un “esilio forzato”, come avrebbe detto Carlo Levi.
    Se poi mi si chiede “da chi” deriva questo stato di cose,pur sapendo che la mia risposta è del tutto lacunosa e insoddisfacente, perché meriterebbe ben altro approfondimento, dico: SOPRATUTTO da una classe politica che non ha saputo costruire nel corso di decenni le giuste opportunità per risolvere il problema della disoccupazione, giovanile e non, operaia e intellettuale.
    Se qualcuno intendesse poi tacciare di ignavia o di altri misfatti chi parte, io ritengo che incapperebbe in un grosso errore di valutazione. O peggio, in un inaccettabile gioco allo scaricabarile, che finirebbe per scambiare colpevolmente le vittime per carnefici.
    Mi sembra del tutto ozioso, pertanto, il dibattito tenuto in vita da alcuni sociologi riguardo alla questione se siano degni di maggiore considerazione coloro che partono o coloro che restano.
    Mi sembra una disputa insulsa, se si considera e si analizza con attenzione un fenomeno doloroso qual è quello della desertificazione delle aree interne, non solo nel Mezzogiorno d’Italia.
    Angelo Colangelo

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