di ANGELO COLANGELO

Il 20 giugno 2019 ci lasciava Gilberto Marselli. Ad un anno dalla scomparsa avverto forte il bisogno di commemorare non l’intellettuale che fu insigne meridionalista, ma  l’uomo straordinario che volle essermi amico.

Ebbi la fortuna di conoscerlo nel lontano 1987, essendo  il nostro primo incontro avvenuto in occasione di una riunione organizzata ad Aliano al fine di impostare un progetto per la istituzione del Premio “Carlo Levi”. Ho il ricordo vivo di una domenica in cui la luce morbida e gentile di una splendida giornata autunnale ravvivava i colori spenti delle argille, esaltando la struggente bellezza della famosa Fossa del Bersagliere.

Prima del pranzo lo accompagnai a comprare i suoi allora irrinunciabili sigari toscani, ma, anche per la mia comprensibile soggezione,  lungo il tragitto il nostro dialogo si limitò a brandelli di frasi convenzionali. Al tabacchino bussammo insistentemente e dovemmo attendere un bel po’, prima che venisse ad aprirci l’anziana signora, che lui riconobbe, benché fossero passati molti anni dalla sua ultima visita ad Aliano. Il Professore ne approfittò per avviare nell’ombra fresca del vicolo un amabile colloquio e, togliendomi d’imbarazzo, iniziò a parlarmi del suo primo incontro con la Lucania e con Aliano, nei primi anni Cinquanta, quando ai tempi della Riforma Fondiaria girava, spesso a  piedi, per i paesi lucani e tutti lo chiamavano “l’Ingegnere”.

Dopo esserci conosciuti nel giorno in cui fu concepito il Premio “Carlo Levi”, che avrebbe visto la luce il 17 aprile dell’anno successivo, volli leggere alcune sue opere. Ne apprezzai subito il grande spessore scientifico e fui così invogliato ad approfondire le mie conoscenze sui vari aspetti dell’annosa e complessa questione meridionale.

Ma, grazie a Marselli, che intanto mi aveva “intimato” di rivolgermi a lui non chiamandolo più Professore ma semplicemente Gilberto, potei anche incontrare personalità prestigiose della cultura nazionale, che si ritrovavano via via ad Aliano, per rendere omaggio alla memoria dell’intellettuale ed artista torinese, cui riconoscevano il merito di aver dato un impulso decisivo al dibattito politico e culturale sul Mezzogiorno. Tra gli altri ricordo Giovanni Russo, Rocco Mazzarone, Dinu Adamesteanu.

Quegli incontri rappresentarono per me occasioni di arricchimento e di autentico godimento intellettuale. Per merito, soprattutto, di Marselli, che era dotato di un’arte affabulatoria nella quale scintillavano cultura profonda, ricchezza aneddotica, arguzia partenopea, ironia corrosiva. Egli riusciva a creare un’atmosfera incantata, facendo rivivere le immagini del fraterno amico Rocco Scotellaro, di Carlo Levi, di Rossi-Doria, di Edward C. Banfield e di altre personalità, che brillavano di nuova luce grazie alla sua testimonianza personale.

Ma nelle appassionanti narrazioni marselliane sfilavano anche tante persone anonime, da lui conosciute girando per i paesi lucani molti anni dopo, quando anche la Lucania-Basilicata, avviato il processo di industrializzazione, si affacciava ormai alla modernità. Su tale fenomeno complesso il sociologo ed economista agrario napoletano non mancava di aprire interessanti discussioni con i suoi autorevoli interlocutori, esaminandone con lucidità gli aspetti positivi, ma anche i limiti e le cause del fallimento.

Non stupisce dunque il fatto che Marselli sia famoso nella Lucania-Basilicata, che lui conosceva più e meglio di tanti lucani, avendola frequentata per oltre sessant’anni, prima come collaboratore di Manlio Rossi-Doria, poi per i suoi studi sociologici, infine per ragioni di affinità elettive.

Aveva coltivato un rapporto privilegiato con la comunità lucana, storicamente legata alla cultura contadina, di cui aveva studiato con profondità i tratti identitari, rilevandone con acutezza  significati e valori. Meritorie devono essere ritenute, pertanto, le iniziative dell’Amministrazione di Tricarico di conferirgli la cittadinanza onoraria tre anni fa e del fraterno amico Antonio Martino, tricaricese doc, di pubblicare in suo ricordo il saggio “Semi di melograno” nell’anniversario della scomparsa.

Negli ultimi anni il mio rapporto con Gilberto Marselli è proseguito grazie a frequenti e lunghe conversazioni telefoniche e a scambi epistolari, che mi hanno permesso comunque di godere i frutti della sua instancabile attività e della sua calda amicizia fino a pochi giorni prima della sua scomparsa.

Mi piace, perciò, concludere il mio personale ricordo, riportando il breve stralcio di una lettera, che m’inviò dopo aver letto la mia recensione del suo ultimo lavoro, “Mondo contadino e azione meridionalista”, di cui aveva voluto farmi omaggio. Mi pare utile, infatti, a comprendere ancora meglio la sua personalità e  l’intenso e duraturo rapporto che il grande meridionalista ebbe con la nostra terra.

«Carissimo Angelo, per favore, non trasformarti in diavolo. Quello che, in un momento di distrazione, ti ha indotto a compiere il più grave dei delitti : “mitizzare” una persona che, per sua fortuna, non ha nulla di mitico, che è stato sempre alla ricerca solo di contatti umani, sinceri e ricchi di esperienze da condividere insieme.

Io sono e sarò -fino a quando arriverò all’indifferibile “capolinea“- sempre grato ai tanti lucani che ho avuto la fortuna di incontrare nelle mie non rare frequentazioni della Basilicata e dai quali ho ricevuto molto di più di quanto, nei miei limiti, io abbia potuto dare loro. […]

La lettura del tuo scritto mi ha letteralmente commosso ed è la migliore ricompensa alla fatica che mi è costata rivivere quanto ho cercato di scrivere nel mio testo. Grazie, Angelo, ma credimi che non faccio complimenti: mi hai veramente commosso. Grazie, grazie, grazie. GIL»

No, GIL, sono io che ti dico ancora una volta “Grazie”. Ed è il mio grazie forte e sincero ad una Persona rara, che mi ha dato e insegnato tanto. Lo affermo serenamente … tanto  stavolta tu non puoi nemmeno più rimproverarmi di esagerare, perché so che in Cielo i rimproveri sono vietati.

CIAO, GILBERTO. MI HAI DONATO LA TUA AMICIZIA PER 69 ANNI . SOLO TU RICORDAVI CHE IO SONO NATO IL 18 GIUGNO E NON OGGI, 20, COME E’ SCRITTTO SULLA CARTA D’IDENTITA’. MI CHIAMAVI TONINO, COME NON MI CHIAMA PIU’ NESSUNO. IL 18 GIUGNO DELL’ANNO SCORSO MI TELEFONASTI E MI CHIEDESTI: CHE FA IL NEONATO ? TI RISPOSI: PIANGE, FA GUE’ GUE’. DUE GIORNI DOPO, IL 20, IO PIANGEVO DAVVERO E PIANGO ANCHE OGGI. NON SI FA COSI’, GILBERTO. NON LA SMETTI PROPRIO MAI!

 

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