MARIO TRUFELLI: I CAVILLI DELLA MEMORIA (2005-2020) p. 22

Il sillabario ritrovato

in un posto impreciso della casa.

Una goccia d’acqua, un sorso di vino

i segni sul volto.

La puntura di una siepe

si è fatta cicatrice.

Ho cose dappertutto, mi assiste

la storia: posso rinunciare

alla memoria.

dalla POSTAFAZIONE di Franco Vitelli (200-201)

È singolare che Trufelli traduca in poesia questo suo status oscillante e anzi affidi ai primi due componimenti quasi un valore proemiale ed espliciti in altri le difficoltà per uscire fuori dal guado. In apertura della sezione dei Cavilli della Memoria due oggetti, la macchina da scrivere e il sillabario, quasi correlativi oggettivi vogliono rendere di forte suggestione la ripresa. L’elogio in versi della Lettera ventidue esprime la gioia liberatoria per la fuoriuscita dall’incubo dell’afasia poetica, «gli anni nell’ombra» sono lontani («Finalmente sei uscita dal silenzio», «Sei tornata / riprendi a scrivere / a raccontare pensieri, e favole di poesie»). La titubanza è vinta, non più la posizione di «agguato», ma l’entrata nel gioco in piena regola, sicché «il ticchettio / riempie lo studio di ricordi». Non è forse un caso la scelta della lettera ventidue diventata celebre al seguito di grandi inviati speciali e che qui serve a coniugare in forma unitaria l’esperienza di Trufelli giornalista e poeta; ma essa lascia anche in ricordo la fattiva esperienza olivettiana in Basilicata.

E poi il sillabario, strumento di studio tipico degli anni della fanciullezza che, ritrovato per caso in un luogo imprecisato della casa, diventa occasione di epifania e pretesto per stabilire un collegamento tra presente e passato. Si evoca in forma simbolica lo stato d’indigenza della vita contadina con la sua essenzialità di bisogni («Una goccia d’acqua, un sorso di vino»); la «puntura di una siepe / che si è fatta cicatrice») suggerisce la rimarginazione di una ferita, ma forse soprattutto che quel serbatoio d’immagini mitiche rimasto chiuso sta per riaprirsi nella forma dell’interazione. In questo aiuta la storia esemplare del poeta che vanta una molteplicità di esperienze. Non c’è, come potrebbe sembrare, una rinuncia alla funzione della memoria, tutt’altro; caso mai, Trufelli può fare a meno dello “sforzo” del ricordare perché le circostanze fattuali si allineano precise.

 

2 Responses to Il SILLABARIO

  1. Maria Paola Langerano ha detto:

    Sono le cose che ci parlano, che ci si presentano nel medesimo, esatto significato di cui si sono rivestite quando sono entrate a far parte della nostra storia.

    • antonio-martino ha detto:

      Il mio era il sillabario per le scuole rurali e aveva la funzione di negarmi di conoscere come era fatto il sillabario per le elementari delle città e di farmi capire perchè noi dovevamo avere un sillabario diverso. .

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