INTERVISTA A CARMELA BISCAGLIA SUL RAPPORTO TRA DINU ADAMESTEANU E ROCCO MAZZARONE
rilasciata da Carmela Biscaglia
deputato della Deputazione di Storia Patria per la Lucania
Istituto per gli Studi storici dall’Antichità all’Età contemporanea
nel corso della 2a edizione del Premio “Dinu Adamesteanu”
Policoro, Aula consiliare del Municipio,11 settembre 2021
Quali furono i rapporti tra Dinu Adamesteanu e Rocco Mazzarone?
L’amicizia tra il medico lucano e l’archeologo rumeno, scienziati che hanno speso la loro vita a servizio della conoscenza e del progresso dei popoli della terra, fu profonda e durò fino alla morte, che avvenne a breve distanza tra il gennaio 2004 (Adamesteanu) e il dicembre 2005 (Mazzarone). Lo dimostra, tra l’altro, la vasta documentazione custodita nell’Archivio personale di Mazzarone, che ho pubblicato di recente e che è custodita nell’Archivio di Stato di Matera a disposizione di chi volesse studiarla.
Ma lo dimostra anche la nota intervista di Mazzarone ad Adamesteanu, pubblicata nel 1994 con il titolo Dal Mar Nero allo Jonio,che oggi risulta fondamentale per ricostruire la vicenda umana e professionale del grande archeologo. Adamesteanu ci teneva molto che fosse pubblicata, dopo quella fatta a Mazzarone di Marco Rossi-Doria col volumetto Una vita mal spesa (1992). Ricordo bene, avendone io curato la trascrizione, come Adamesteanu ne parlava spesso all’amico di Tricarico, telefonicamente o nei periodici incontri in casa Mazzarone, intercalando le ansiose domande sui tempi della pubblicazione con gli altrettanto ansiosi consulti al medico sui suoi acciacchi di salute.
Io ho avuto il piacere di incontrare spesso questa grande figura di archeologo, che ha segnato la storia della Basilicata, perché periodicamente veniva a Tricarico dal dott. Mazzarone, che era un mio zio, e insieme siamo pure venuti nella sua casa di Policoro per qualche visita. A Policoro l’argomento centrale delle loro conversazioni era il rapporto tra l’archeologia e la Riforma agraria, che è come dire tra la salvaguardia del patrimonio culturale e lo sviluppo economico di un’area regionale depressa. Sappiamo quanto Adamesteanu ha fatto per salvaguardare il patrimonio archeologico del Metapontino, dove la Riforma agraria avrebbe dato i suoi frutti maggiori. Lo conosceva bene attraverso le foto aeree scattate negli anni Cinquanta su progetto del Ministro dell’Agricoltura Antonio Segni, il quale volle che si fotografassero le due aree maggiormente interessate alla Riforma, cioè la Magna Grecia e l’Etruria, al fine di salvaguardarle.
Ricorda qualche episodio particolare?
È noto come uno degli elementi che accomunava i due studiosi fosse la concezione della ricerca su basi interdisciplinari e sempre inserita in contesti e visioni internazionali. Pensiamo alle numerose collaborazioni di Adamesteanu con università italiane e straniere come quelle di Heidelberg, di Londra, di Marburg, di Aix-en Provence, del Texas, e con Istituti di ricerca quali l’École Française de Rome, l’Istituto Archeologico Germanico e l’Accademia Britannica di Roma. E per Mazzarone ai tanti progetti di cooperazione allo sviluppo ai quali partecipò, come quelli con l’Amministrazione degli Aiuti Internazionali (Aai) promossi dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e ai due progetti affidatigli dal Ministero degli Affari Esteri, l’uno per le sue competenze nell’epidemiologia delle malattie polmonari, che realizzò a Mogadiscio presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Nazionale Somala, e l’altro in Turchia, coordinato dalla Società per la Cooperazione Internazionale e lo Sviluppo (Socis) per conto dello stesso Ministero degli Affari Esteri e del Türk Kadenini Güclendirme ve Tanitma Vakfe di Ankara.
Sull’importanza che essi assegnavano alla collaborazione degli specialisti e in genere al lavoro interdisciplinare, Mazzarone ricordava questo episodio. Un giorno aveva presentato all’amico una biologa che voleva studiare la talassemia che, com’è noto, è frequente sulla costa jonica e che nei casi più gravi lascia tracce con alterazioni ossee. Mazzarone, che in quel periodo conduceva indagini sulla mortalità infantile in provincia di Matera, ben sapeva che fino agli anni della Riforma Agraria quella patologia aveva rappresentato nel Metapontino una delle principali cause di mortalità, per cui indirizzò l’archeologo a identificare proprio nella talassemia una delle cause della diffusa mortalità infantile riscontrata nella necropoli di Metaponto. Dopo qualche settimana Adamesteanu gli comunicò di aver coinvolto un illustre patologo Antonio Ascenzi, che studiando le ossa di una bambina vissuta nel IV secolo, rinvenute in uno scavo a Siris, confermò l’ipotesi di Mazzarone. La stessa fu poi convalidata dalle successive analisi fatte eseguire a Joseph C. Carter nella necropoli di Pantanello sempre a Metaponto.
In quale occasione Dinu Adamesteanu e Rocco Mazzarone si conobbero?
Si conobbero nel 1957 in Iran, precisamente nel Sistan-Balucistan, la regione più settentrionale dell’Iran incuneata tra il Pakistan e l’Afganistan. Una zona di confine con l’Afganistan, per cui è importante ricordarli in questi giorni in cui l’Afganistan è al centro dell’attenzione internazionale.
Mazzarone e Adamesteanu s’incontrarono sul percorso polveroso che da Zaedan (capoluogo del Balucistan) portava a Zabol. Adamesteanu stava male. Il giovane medico gli spiegò come si viveva da quelle parti e come doveva bere e mangiare. Quei consigli gli avrebbero salvato la vita nei due anni trascorsi in Afganistan.
Perché i due studiosi si trovavano in Iran?
L’archeologo rumeno era in viaggio insieme all’orientalista Giuseppe Tucci, per Kandahar Ghazni nell’Afghanistan alla testa di una missione archeologica dell’Istituto per il Medio ed Estremo Oriente, nata nel 1956 grazie al prestigio e all’abilità diplomatica dello stesso Tucci. Nel corso della missione ricevette la visita ufficiale dell’ultimo re afghano Zahir Shah.
Il medico ed epidemiologo Mazzarone, a sua volta, era impegnato come consulente e responsabile del settore igienico-sanitario nel Piano della Regione sud-orientale dell’Iran (Beluchistan-Sistan), coordinato dall’Italconsult. Era uno dei progetti interdisciplinari di studio e promozione dello sviluppo, che lo coinvolsero negli anni post-bellici e che rappresentò per lui un’esperienza molto intensa sul piano umano e professionale, durante la quale condusse una campagna di rilevamento epidemiologico di patologie pediatriche. Ricordo che parlava spesso delle popolazioni di quella regione, che erano sciiti e sunniti. Le ricerche archeologiche, come le indagini epidemiologiche sul campo, insomma, potevano ben conciliarsi con il nomadismo.
Quando si reincontrarono?
Si reincontrarono a Matera nei primi anni ‘60, quando Adamesteanu giunse in Basilicata come primo soprintendente della Soprintendenza per le Antichità della Basilicata istituita nel 1964, incarico che avrebbe tenuto fino al 1977, con un’ampiezza di programmi e realizzazioni che hanno iscritto il suo nome nella grande storia dell’archeologia europea e hanno portato la straordinaria avventura dell’archeologia lucana ai massimi livelli scientifici in campo internazionale. Grande organizzatore di ricerche, riorganizzatore e fondatore dei musei della Basilicata concepiti non solo come luoghi di raccolta e conservazione dei materiali, ma anche e soprattutto come spazi di incontro e di studio, di promozione culturale. Mazzarone, epidemiologo e igienista, direttore del Consorzio Antitubercolare di Matera e noto tisiologo di livello nazionale, che avrebbe ricevuto il Premio Forlanini per i suoi studi sulla tubercolosi, docente di Statistica medica alla Facoltà di Medicina dell’Università di Bari, membro della Commissione di studio su Matera e dell’indagine parlamentare su Grassano, aveva già condotto molte campagne antimalariche nel Metapontino e fondamentali campagne di vaccinazione antitubercolare a Matera e nel Materano, insieme a indagini schermografiche di massa.
Cosa accomunava queste due figure, apparentemente così lontane nei loro campi di studio?
Ciò che accomunava, a mio parere, questi due scienziati, “cittadini del mondo per vocazione” e per la natura stessa delle ricerche archeologiche e delle indagini epidemiologiche sul campo che li portavano in luoghi più disparati del mondo, era innanzitutto la capacità di leggere il territorio nel suo rapporto con gli uomini. Una lettura carica di amore per i territori a qualunque parte del mondo appartenessero. Adamesteanu era esperto conoscitore dei modi e delle forme in cui nel mondo antico si è attuato il rapporto fra popolamento e territorio, fra città e territorio, fra colonie magnogreche e mondo indigeno. L’epidemiologo leggeva il territorio sotto l’aspetto socio-sanitario, per comprendere e prevenire la diffusione di malattie endemiche (malaria, tubercolosi, ecc.) a livello mondiale. Essi erano, inoltre, accomunati dall’amore per la storia, per cui entrambi sono stati tra i “soci fondatori” della Deputazione di storia patria per la Lucania, Istituto per gli studi storici dall’antichità all’età contemporanea, alla quale fornirono significativi apporti scientifici negli anni 1960-1980, quando si avviò in regione un vasto programma di studi per ridefinirne l’identità culturale e storica.
Qual è stato l’apporto di Adamesteanu alla Deputazione di storia patria per la Lucania?
Il 1960-1970 furono anni in cui la Deputazione di storia patria per la Lucania e la Soprintendenza alle Antichità rappresentavano gli istituti culturali di riferimento per la regione, dal momento che solo nel 1981 sarebbe stata istituita l’Università. Va, inoltre, sottolineato come il 1970 segnò anche la nascita della Regione e Adamesteanu ebbe un’intesa fruttuosa e determinante col suo primo presidente Vincenzo Verrastro. Nell’ottobre del ‘71 la Deputazione organizzò il primo Convegno di studi su “Le genti della Lucania antica e le loro relazioni con i Greci dell’Italia”, di cui Dinu Adamesteanu fu il vero protagonista, favorendo la conoscenza sia della facies culturale delle popolazioni indigene presenti sul territorio lucano al momento della colonizzazione greca e fino ad allora archeologicamente quasi sconosciute, sia le variegate modalità attraverso le quali tra VIII e II secolo a. C. erano avvenuti i contatti e gli scambi dei popoli italici con i coloni greci sulla piana del Metapontino e lungo le vallate dei fiumi lucani. A lui si deve la pubblicazione dei “Quaderni di archeologia e storia antica”, collana della Deputazione diretta insieme a Vincenzo Verrastro. Nell’arco di sei anni (1991-1997), attraverso ben dieci “Quaderni”, l’illustre archeologo avrebbe offerto alla comunità scientifica i risultati di vaste ricerche condotte da studiosi italiani e stranieri sul territorio lucano.
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Ricordo la pregnante intervista che don Rocco “rubò” a Adamesteanu, che diede vita al pregevole volumetto “Dal
Mar Nero allo Jonio”. Mazzarone me ne fece amabilmente dono.
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