LUCERTOLA SULLE CANNE SECCHE di Rocco SCOTELLARO

Lucertola sulle canne secche
inorridisci per piccoli rumori.
Porti il capo eretto di mamma gravida
che non fa che guardare.
Il mio lungo bacio
ti ha messo in fuga
mi hai creduto un serpente.
[1947]

AUTOTOMIA di Wislawa SZYMBORSKA
Alla memoria di Alina Poswiatowska

In caso di pericolo, l’oloturia si divide in due:
dà un sé in pasto al mondo,
e con l’altro fugge.
Si scinde in un colpo in rovina e salvezza,
in ammenda e premio, in ciò che è stato e ciò che sarà.

Nel mezzo del suo corpo si apre un abisso
con due sponde subito estranee.
Su una la morte, sull’altra la vita.
Qui la disperazione, là la fiducia.

Se esiste una bilancia, ha piatti immobili.
Se c’è giustizia, eccola.
Morire quanto necessario, senza eccedere.
Rinascere quanto occorre da ciò che si è salvato.

Già, anche noi sappiamo dividerci in due.
Ma solo in corpo e sussurro interrotto.
In corpo e poesia.

Da un lato la gola, il riso dall’altro,
un riso leggero, di già soffocato.
Qui il cuore pesante, là non omnis moriar,
tre piccole parole, soltanto, tre piume di un volo.

L’abisso non ci divide.
L’abisso ci circonda.

Wislawa SZYMBORSKA, Premio Nobel per la letteratura 1996. Polacca

LUCERTOLA SENZA CODA di José DONOSO

Il protagonista e voce narrante di “Lucertola senza coda” è un pittore: Armando Muñoz-Roa. Vive a Barcellona ed ha preso da tempo le distanze dal gruppo degli informalisti di cui è stato fondatore ed insigne rappresentante per diversi anni.
Il decadimento umano dei suoi colleghi pittori, le leggi del denaro che hanno corrotto l’arte rendendola puro mercanteggio lo hanno indotto a vivere ai margini, a vergognarsi di essere riconosciuto come artista, a cercare angoli remoti e sicuri nei quali trovare rifugio.
Una volontà che lo porta a lasciare Barcellona e a viaggiare, assieme a sua cugina (ma anche amante ed amica) Luisa verso nessuna destinazione precisa. Si imbattono, quasi casualmente, in un piccolo borgo chiamato Dors. Lì scoprono un microcosmo da proteggere, un incantevole paese pieno di case e strade medievali, sormontato da un castello inaccessibile e da una chiesa. Il progresso, però, rischia di travolgere anche Dors. Costruttori senza scrupoli e del tutto privi di buon gusto, infatti, lavorano per rendere più agevole la vita degli abitanti dissacrando e mortificando l’estetica dell’antico. Senza pensarci su più di tanto e con la facilità di chi non ha problemi economici, Armando e Luisa decidono di acquistare un paio di vecchie abitazioni a Dors e di recuperarle secondo i loro gusti.
L’intento è meritorio ma la distanza tra il desiderio del pittore di conservare il borgo lontano dai turisti e la scelta di alcuni di impiantare a Dors discoteche, bar e negozi di souvenir è abissale.

Donoso critica, con ironia ma anche con notevole amarezza, il degrado a cui, evidentemente, ha assistito realmente. Una società che si prostituisce per mero guadagno riesce a devastare quel poco di buono e di bello che invece dovrebbe essere conservato con amore e cura.

Muñoz-Roa è amante dell’autenticità e della semplicità. Il suo desiderio di tornare o di arrivare ad una dimensione esistenziale pura è, per certi versi, estremamente romantica. Il disincanto, però, lo aspetta dietro l’angolo. La città di Barcellona, caotica, perversa e infinita, lo accoglie dopo la fuga precipitosa da Dors. Il suo sogno di quiete e di distacco, in realtà, sembra non essere possibile. Si barrica così nella casa che Luisa gli mette a disposizione, prende un Valium e spera che le ombre che vede in cortile non appartengano agli abitanti di Dors giunti in città per ucciderlo.

José DONOSO, Scrittore, accademico e giornalista cileno

 

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