Lessi il Baobab «Tutte le opere di Rocco Scptellaro» d’un fiato in quattordici ore filate, senza pause, sbocconcellando qualcosa di tanto in tanto. Nei giorni successivi tornai a sfogliarlo e ad appuntare le mie sensazioni del dopo aver letto. Quando ritirai il volume in libreria e cominciai a leggerlo avevo compiuto 89 anni da una settimana; nella lontanissima mia giovinezza per dieci anni ebbi rapporti non occasionali con Rocco Scotellaro: furono gli ultimi dieci anni della sua breve vita; e il rapporto fu particolarmente intenso negli ultimi tre anni, dalle dimissioni da sindaco alla morte, grazie anche al fatto che Antonio Albanese era il suo e il mio migliore amico e alla nostra residenza, rispettivamente a Napoli e a Portici.

La vera “lettura tutta d’un fiato” è quella che viene determinata da un testo che ti entra dentro e ti sconvolge. Ma i testi che mi accingevo a leggere mi erano entrati dentro e mi avevano sconvolto nel corso di una settantina di anni. “Lettura tutta d’un fiato” non mi pare quindi espressione giusta e ritengo che il mio dopo aver letto è ben reso dall’espressione ungarettiana “sentimento del tempo”, un momento particolare della vita interiore nel tempo della lettura del libro, nel corso del quale non sono stati semplicemente evocati ricordi, bensì sono stati veramente e realmente rivissuti tempi passati, lunghi e lontani, gli unici che abbiano contato davvero, perché ti danno gli strumenti per capire questo tempo presente di trumpismo e vaffa… .

Non escludo che tornerò a fare osservazioni sul contenuto del nuovo Baobab. Per ora mi limito a dire che mancano le prose giornalistiche” dell’attività politica esercitata da Rocco nell’immediato dopo guerra: purtroppo sono sparite nel fondo di ogni memoria ed è un vero peccato. A che cosa mi riferisco? Rocco curava, ricevendo rarissime collaborazioni, un giornale murale per la sezione socialista di Tricarico, titolato FRECCIA ROSSA.

Il “giornale” aveva una testata fissa incollata al muro della sezione, intestata per l’appunto FRECCIA ROSSA. Sotto la testata venivano settimanalmente incollate strisce ritagliate dalle pagine di album da disegno, sulle quali erano battuti su macchina da scrivere gli articoli firmati Silvio Rivolta, R.S. o Rocco Scotellaro.

Io avevo la disponibilità della famosa Olivetti lettera 22 di mio padre e buona parte degli articoli di Freccia Rossa furono battuti a macchina da me. Una volta ebbe il sopravvento un pizzico di presunzione e scrissi un articoletto che firmai Martin Lutero. Contrariamente a quanto temevo, Rocco apprezzò il mio articoletto e accanto alla pseudo-firma, con una matita, inserì tra parentesi le iniziali del mio nome (A.M.).

Il nome della collana editoriale in cui il nuovo volume è pubblicato richiamò vecchi ricordi di più di 70 anni fa e le emozioni che suscitano.

La pianta del baobab fa pensare al piccolo seme da cui cresce quest’albero gigantesco e, metaforicamente, alla lenta crescita dell’Opera letteraria di Scotellaro: dai tre libri tanto amati, letti e riletti, raccontati e ciclostilati, premiati, lodati e aspramente contrastati: È FATTO GIORNO con prefazione di Carlo Levi (giugno 1954), CONTADINI DEL SUD con prefazione di Manlio Rossi-Doria (luglio 1954) a L’UVA PUTTANELLA (giugno 1955) con prefazione di Carlo Levi e, ripercorrendo lentamente il tempo, UNO SI DISTRAE AL BIVIO e MARGHERITE E ROSOLACCI. I primi due OSCAR, quello del 1982 e quello del 2004 aprono una nuova pagina.

L’opera omnia di Rocco Scotellaro comparsa più di 2 anni fa in libreria, è una grandiosa opera moderna (e quindi diversa dall’opera originale), alla quale auguro grande successo e molti giovani lettori (senza escludere i nostalgici, quei pochi che ancora ci siamo), anche se penso che sarebbe potuta essere stata interpretata e composta diversamente. Un presente che non percepisce il passato, lo elimina e lo ignora, è  altro, può essere utilissimo alle nuove generazioni, e anche, non meno, alle generazioni che si vanno eclissando, che ugualmente lo apprezzeranno, ma troveranno un Rocco Scotellaro diverso da quello che è stato, che avevano conosciuto, che ho conosciuto.
Grandioso libro il Baobab, ma manca il sentimento della storia.

Auguro che i giovani di Tricarico leggano davvero il Baobab, dalla prima all’ultima pagina, con disposizione a capire come Rocco, scrittore, sociologo e antropologo abbia raccontato la storia e la civiltà del suo tempo senza televisione, che egli non ebbe il tempo di conoscere e vedere, senza block notes e senza biro, e non si limitino a fotografare la copertina del volume, a pubblicarla sui social e a condividerla con stupidi slogan, vantandosi di essere «paesani di Rocco Scotellaro».

 

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