Oggi è il 10 ottobre. Mancano un anno, quattro mesi e nove giorni al centesimo anniversario di Rocco Scotellaro. So di correre l’ultima tappa della mia vita e temo che mi prenderò una bella “cotta”, di cui non mancano i sintomi. Fu il ciclismo – ora non so –  lo sport delle “cotte”, quelle situazioni di totale sfinimento per cui si riusciva a malapena a stare in sella. Una “cotta” storica fu quella di Fausto Coppi, proprio in quel Tour de France del 1949, che è stata la sua gara più gloriosa e memorabile; Coppi andò in crisi totale e aiutato dalla sua squadra riuscì a restare in gara per pochi secondi alla scadenza del tempo massimo. Vinse il Tour con circa un’ora e quaranta minuti di distacco sul secondo, Gino Bartali. Io ero bartaliano, ma il Ginaccio reagì da maledetto toscano alle sue eclatanti sconfitte e alla sua inferiorità, dovuta anche alla maggiore età e minore abilità come velocista. La reazione di Bartali mi indispettì e cambiai bandiera: divenni tifosissimo di Coppi.

Un ciclista, se si prende una “cotta”, ha l’incubo di chiedersi se finirà la tappa. E’ lo stesso mio incubo, me lo sono già domandato e mi ripeto: vivrò fino al 19 aprile del 2023 (centesimo anniversario della nascita di Scotellaro)? sarò sano di mente ?

Avanzo dubbi sull’ultima domanda. Avvertendo i sintomi di una possibile cotta, decisi di pubblicare su questo blog la seconda edizione di E’ fatto giorno con le 10 Tavole di Aldo Turchiaro, che per me (è tornerò a spiegarlo) è Rocco Scotellaro, tutto Rocco Scotellaro, il vero Rocco Scotellaro. Oggi, sedati i sintomi della cotta, mi illudo di poter pensare che concluderò la tappa, alla scadenza del centenario della nascita di Rocco, con una elegante edizione a stampa del poema con le Tavole di Turchiaro.

Riprendo quindi la tappa con altro programma, cominciando col proporre Contadini del Sud, primo libro in prosa di Rocco Scotellaro pubblicato sette mesi dopo la sua morte. E mi impegno a non ondeggiare più, seguendo il corso di una possibile “cotta”.

 

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