15 DICEMBRE – 68 anni dalla morte di Rocco
15 dicembre 2021. Sessantottesimo anniversario della morte di Rocco Scotellaro, sessantotto anni in cui, ogni anno, questo giorno, e la notte che precede, ritornano i medesimi ricordi. La mancata visita a Rocco, tirnato da Irsina dove ebbe il primo segnale del suo male mortale, perché Nicola Albanese, incontrato mentre stavo andando a fargli visita, mi disse di non andare, perché Rocco stava molto male e avrei disturbato. L’improvvisa partenza di Rocco, perché il prof. Rossi Doria aveva voluto portarlo a Portici, suo ospite, dove sarebbe stato meglio curato. Michele Molinari, di ritorno da Napoli, vede Rocco alla stazione e mi riferisce che era pallidissimo, non stava per nulla bene. Mio padre, la mattina del 16 dicembre, che scendeva curvo, sofferente, lo scalone che portava a casa: lo vidi attraverso i vetri del balcone ed ebbi la netta sensazione che non era a lui a star male, ma stesse per portare una brutta notizia. I bambini, che andando a scuola, parlavano della morte di Rocco, chiamandolo il “secondo poeta d’Italia”. Il funerale, il 17 dicembre. Il prof. Rossi Doria, che ruppe in un pianto dirotto e non riuscì a pronunciare l’orazione funebre. La gente pretendeva che l’orazione la facesse Carlo Levi; Levi spiegava che orazione funebre era stato il pianto di Rossi-Doria; la gente non si convince e Levi sale su una sedia o un tavolino per spiegare; viene scatttata una fotografia, e questa rimane a testimoniare l’orazione di Carlo Levi, che Levi non fece mai e si rifiutò di fare. Quanto mi fa male quella fotografia e la didascalia che l’accompagna e ha immortalata una falsa verità, più di un’altra fotografia ai Cappuccini, l’ultimo oltraggio a Ro0cco del quale non voglio parlare. Il frequente cambio dei portatori della bara e la loro convinzione che Rocco non fosse morto o che il suo corpo fosse stato trafugato per studiare il cervello; tale convinzione era giustificata con opposte ragioni: per alcuni la bara era troppo leggera e dunque vuota; per altri troppo pesante e, dunque, riempita di pietre; ma in ogni caso nella bara non c’era il corpo di Rocco.
Io e Antonio Albanese seguiamo la bara nel muto corteo. Passa Pasquale Picerno, il postino, per il suo giro del mattino. Consegna una busta a Antonio. E’ di Rocco. Contiene due fogli, portano le data del 14 (da Torre del Greco) e 15 dicembre (da Portici), il giorno della sua morte. Un foglio è diretto alla madre e alla famiglia. Rassicurante. “Non risparmiate. Un giorno (i soldi) arriveranno e saranno tanti”. L’altro foglio è per Antonio. C’è il pensiero per il lavoro, l’impegno preso con Laterza: “Portami il Calciano”; c’è disperazione e c’è un grido d’aiuto: “Senza soldi” “E ho tanto bisogno di aiuto”.
Nel 2017, alcune settimane prima della ricorrenza della morted di Rocco, fu presentata una speciale edizione della rivista Novum Organum, una delle più note e diffuse riviste di italianistica, che si stampava negli Stati Uniti. Questa speciale edizione, a cura di Giulia Dell’Aquila, Franco Vitelli e Sebastiano Martelli Lucania within us. Carlo Levi e Rocco Scotellaro ed è dedicata a Vittore Fiore, Friedrich G. Friedmann, Rocco Mazzarone, Manlio Rossi-Doria, Linuccia Saba e Guido Sacerdoti.
Il titolo del volume, Lucania within us – La Lucania è dentro di noi, dice bene qual è la pregnanza del volume e, come sostiene il prof. Vitelli, nonché far giustizia di un certo provincialismo con cui si guarda a questi due grandi scrittori, Levi e Scotellaro, aprì l’orizzonte culturale, letterario e anche geografico al loro valore universale.
E’ provinciale e peggio che provinciale, oramai, continuare A presentare Rocco Scotellaro scrittore, poeta, politico e contadino. Non provincialismo, ma sfregio dell’identità personale, politica e letteraria di Rocco Scotellaro. Poeta contadino significa poeta della civiltà contadina: non allude a un suo presunto mestiere di contadino. Tricarico aveva già avuto un contadino che fu eletto sindaco, ultimo sindaco prima dell’avvento del fascismo. La famiglia di Rocco era artigiana, non contadina. L’espressione “poeta contadino”, peraltro, solo parzialmente definisce l’opera di Rocco Scotellaro, perché egli non è stato solo poeta della civiltà contadina, se si vuole, non è stato “solo” poeta contadino, ma è poeta universale, che il volume Lucania within us meglio precisa e completa anche in senso geografico. Francamente, lo sfregio all’identità di Rocco Scotellaro non è più tollerabile e sarebbe auspicabile che si smetta di chiamarlo poeta contadino.
Bene, benissimo ha fatto Andrea Di Consoli ha ricordare gli interventi di Pietro Nenni e Antonio Segni in omaggio a Rocco. Ne parlerò anch’io, non ora per ragioni di spazio, ma più tardi o domani.
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Una settimana dopo a Tricarico si sparse la una notizia: che al cimitero si sentiva chiaramente la voce di Rocco Scotellaro. Tutti noi ragazzi della Portumont vorremmo al camposanto dove fummo avvicinati da Pasquale Danzi ‘U campsantir” che quasi deridendoci vi fece tornare indietro dicendo che i morti non parlano!