LA VICENDA EDITORIALE DI E’ FATTO GIORNO. SI CONFERMA L’OSTILITA’ DI CESARE PAVESE
Andrea Di Consoli, nel commento al mio Pavese prese a pesci in faccia Rocco Scotellaro ?, ha scritto di ricordare che Giovannino Russo gli riferì dell’ostilità di Pavese (con ciò, mi pare, confermando quanto gli ha fatto dire Marina Valensise) e ritiene che approfondire sarebbe importante.
Ora è facile approfondire, essendo sufficiente riportare, come farò quasi integralmente, la ricerca del prof. Franco Vitelli sintetizzata nell’Introduzione alla sua edizione riveduta e integrata di E’ fatto giorno; edizione che io definisco sostituita da … .
Ho già ricordato il carteggio tra Carlo Muscetta funzionario dell’Einaudi agli uffici di Roma e Rocco Scotellaro: 21 messaggi (di cui 6 di Muscetta) e i 2 telegrammi di Muscetta. Una festosa celebrazione della pubblicazione delle poesie presso la prestigiosa casa editrice torinese, che Muscetta dava con sicurezza. Ecco come il 7 giugno 1949 comunicava a Rocco che la pubblicazione era cosa fatta: «Carissimo Rocco sindaco dei poeti e poeta fra i sondaci. “E’ fatto giorno pare che sia libro fatto. In una sera memorabile ho commosso il consiglio editoriale della Casa durante una riunione conviviale che ha avuto termine con la lettura dei tuoi versi».
Ma Natalia Ginzburg il 26 agosto frena gli entusiasmi: « Ma finché non ho parlato con Einaudi, che non è ancora qui, non posso dirti nulla delle sue decisioni riguardo alle tue poesie››. Si creava perciò per qualche mese una situazione di stallo, uno stato di sospensione e nervosismo per Scotellaro. In questo frangente gli arriva una proposta degli olivettiani Zorzi e Pampaloni, che avevano pensato di mettere su una piccola impresa editoriale ritenendo di coinvolgere, tra gli autori, lo stesso Scotellaro. Forte dell’alternativa, Scotellaro sollecita una risposta concreta di «quei signori di Einaudi» e scrive a Levi il 15 novembre 1949: «Mi interessa saperlo il loro avviso perché Pampaloni, un ragazzo serio di “Comunità” mi ha invitato proprio in questi giorni a dargli un volumetto di cento pagine che sarebbe edito da lui e da Renzo Zorzi».
Pochi giorni dopo, il 17 novembre, torna Muscetta con le sue certezze, il suo ottimismo, la sua emotività, e forse il suo qualcos’altro, che ora e qui non è possibile definire: «Carissimo, credo che entro una settimana sarò in grado di darti la felice notizia ››. Era accaduto che Einaudi acconsentiva alla pubblicazione di È fatto giorno in cambio della creazione di una collana di poesia diretta dallo stesso Muscetta. Un compromesso, «uno dei più spaventosi ricatti letterari del secolo», riporta, virgolettato, il prof. Vitelli.
Ci fu un regolare contratto con spedizione da Torino, il 20 gennaio 1950, di un assegno di L. 35.000 « quale anticipo convenuto sulla percentuale a maturare… ››. Era tuttavia l’inizio della fine. Stava che di fatto il compromesso raggiunto non annullava le perplessità che «papa Giulio›› aveva sempre avute e ci sono note da una lettera della Ginzburg del 30 maggio 1949. La Casa in quegli anni si andava riprendendo a fatica dallo sfascio della guerra, un’oculata gestione amministrativa sconsigliava di far troppo affidamento sulla narrativa e, ancor più, sulla poesia, che comporta alti costi per la stampa e limitata diffusione specie per un autore esordiente. La stessa collana «Poeti», che pure aveva avuto nel 1939 un esordio glorioso con Le occasioni di Montale, era bloccata a parte quest’unica eccezione.
Ma l’intoppo più grosso era in Pavese. In generale egli era scettico sui risultati di una nuova collana di poesia, tant’è che in una lettera del 12 gennaio 1950, con sottile ironia chiede a Muscetta: «Quando ti vedremo a Torino coi tanti poeti?».
In particolare, guardava con sospetto l’irregolare Scotellaro non ancora affinato dalla sua rudezza di montanaro meridionale e, per di più, amico del non eccessivamente simpatico Carlo Levi. Negli ambienti Einaudi circolava una punta di antimeridionalismo, di cui non era certo esente Pavese; e non era forse un accidente che peroratore della causa Scotellaro fosse l’«avellinese» Muscetta.
Ed ecco i pesci in faccia. In un biglietto a Muscetta del 25 giugno 1949 Pavese scrive: «Per il Tricarico fate quello che volete. Ma, che, come le ragazze di famiglia, prima ecciti il ganzo (G. Einaudi), poi si ritiri e sente gli scrupoli, me lo rende tanto più antipatico››.
Se a questo si aggiunge la tattica dilatoria di Muscetta che, conscio della ressa di proposte che gli sarebbe caduta addosso, lasciava morire la collana che s’era impegnato a fare, nessuna meraviglia se la vicenda si conclude con un nulla di fatto e dopo tre anni Scotellaro decide di passare ad altro editore.
Scartata subito l’ipotesi di Muscetta di una pubblicazione per le Edizioni di Cultura Sociale, già accettata da Pajetta, Scotellaro tenta con le Edizioni di Comunità, ricevendone ri- sposta negativa da Giorgio Soavi: «Io ti posso solo dire che le nostre edizioni non stamperanno libri di poesia e quindi, mio malgrado, non mi sarà possibile di accontentarti».
NeIl’ottobre 1952, come ho già ricordato in un precedente scritto, Scotellaro invia in lettura È fatto giorno a Remo Cantoni perché ne favorisca l’uscita ne «Lo Specchio›› di Mondadori. Ma, anche qui, attesa. Decide quindi di contattare Montale, dapprima tramite la moglie, Mosca, che aveva incontrato a Napoli e a Venezia.
Confortante la risposta di Mosca Montale in data 27 febbraio 1953: «Caro Scotellaro, […] ho fatto leggere la sua lettera a mio marito il quale farà di tutto per incoraggiare Mondadori a pubblicare i suoi versi. Ma lei sa quanto siano bizzarri gli editori, quindi non possiamo giurarle quanto sarà efficace l’intervento di mio marito. Sollecitato espressamente, Scotellaro il 2 marzo 1953 scrive a Montale una lettera, della quale è stato riportato un pezzo in un precedente scritto, che qui conviene ripetere: «Nel chiederLe di parlare a Mondadori (il libro è già passato dal setaccio redazionale di Einaudi: Pavese mi fu molto amico per invaghirsene)».
Nessun dubbio che Montale si sia prodigato, come dimostra la sua recensione dopo l’uscita del libro nel 1954.
Pure efficace fu certamente l’intervento della principessa Marguerite Caetani, curatrice della rivista « Botteghe Oscure ››: « Sono prontissima a parlare con Alberto Mondadori per Lei ma prima volevo sapere se posso dire che il suo libro di poesie era rimasto un anno da Einaudi ››.
Sembra fatta. Ho già ricordato che il 17 marzo 1953 Scotellaro scrive a Levi: « Io bene sono stato qualche giorno per la notizia (ancora privata) ricevuta da Cantoni che ha fatto una regolare proposta di pubblicazione delle poesie ». Il 25 novembre 1953 Scotellaro firma il contratto, venti giorni dopo improvvisamente muore”.
Dalla pubblicazione di È fatto giorno ne «Lo Specchio›› sono passati sessantotto anni nei quali il bisogno di lettura di quel libro è stato sempre presente.
Su una ventina di quei sessantotto anni fu fatto calare un silenzio, che ricordo come un’oppressione. Quel libro non c’è più, sostituito nel 1982.
Bisognerebbe ricordare, riparlarnene.
L’AUGURIO E LA SERANZA SONO CHE PER I 100 ANNI DI ROCCO TORNI E’ FATTO GIORNO DEL 1954 IN EDIZIONE ELEGANTE E VENGA LETTO E RILETTO. SAPEVO A MEMORIA TUTTE LE POESIE DI QUEL VOLUME PUR NON AVENDO MAI AVUTO IL PROPOSITO DI IMPARALE A MEMORIA. SONO POESIE CHE IMPRIMONO SUBITO NELLA MENTE IL LORO CANTO LIBERO.
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