È LUNGA LA LISTA DEI COSTI PAGATI DA ROCCO. QUESTO E’ UNO

Anno 1953. Ultimo anno di vita di Rocco Scotellaro. Una sua poesia (vedremo più avanti di quale poesia si tratta), che porta  la data Portici 6 gennaio 1953, con una nota che dice Importante tema da riprendere, è allusivamente dedicata a se stesso: la dedica infatti è Senza dedica.
La dedica induce a riflettere sugli altri due elementi. Chi li conosce, avendoli, come me, vissuti intuisce il richiamo di un amaro capitolo di storia tricaricese. Non potetti non rivolgere il mio pensiero al periodo poco felice, decisamente difficile, che Rocco stava vivendo.

Il 6 gennaio 1953, quando si decise a firmare la poesia mancavano venti giorni alle elezioni (25 e 26 gennaio) per il rinnovo del consiglio comunale di Tricarico; la campagna elettorale era appena iniziata, sancendo la chiusura di un capitolo della storia amministrativa di Tricarico da non dimenticare, ma che mi risulta mai tenuta presente. Accnni a questa storia si leggono nella tesi di laurea di Paola Scotellaro (non parente di Rocco) “Rocco Scotellaro sindaco».
La storia ha inizio con l’elezione del consiglio comunale che ora si rinnovava. Le elezioni ebbero luogo il 28 novembre 1948. Furono presentate due liste non di partito. Una faceva riferimento al partito socialista e al partito comunista, con la presenza di indipendenti; la seconda faceva di fatto riferimento alla democrazia cristiana, ma aveva ostentatamente occultato tale riferimento e richiamato, nel capolista, quello al movimento monarchico.
Le elezioni furono vinte dalla prima lista, che si aggiudicò sedici voti su venti, di strettissima misura (dettaglio di rilievo politico, su cui nessuno storico o politologo ha fermato l’attenzione).

La lista era stata presentata in ordine alfabetico, turbato da un lapsus di scrittura al primo posto e scrupolosamente osservato per l’ultimo posto, dove fu relegato Rocco Scotellaro. Lapsus che sarebbe meglio definire mascalzonata.
I sedici consiglieri eletti si contrapponevano in due gruppi, che si mostrarono incapaci di eleggere sindaco e giunta. Solo a marzo del 1949 la crisi fu (momentaneamente) composta. Scotellaro fu eletto sindaco.

Passano circa  sette mesi quando, il 7 novembre 1949, assente il sindaco per la partecipazione a Macerata al «Convegno per la cultura nelle Province», da un consigliere della maggioranza socialcomunista fu presentata una mozione di sfiducia con cui si chiedeva che il consiglio eleggesse un nuovo sindaco e una nuova giunta. La mozione non fu votata per abbandono dell’aula da parte di consiglieri amici di Scotellaro, che fecero mancare il numero legale, e, dopo alcuni falliti tentativi, fu abbandonata.

Quattro mesi dopo Rocco fu ingiustamente arrestato e dovette scontare 45 giorni di reclusione. All’uscita dal carcere si dimise da Sindaco (ma non da consigliere comunale!). Su Wikipedia, l’enciclopedia libera del web, leggiamo: «L’ingenuità politica, forse determinata dalla sua giovanissima età, si palesò al momento dell’arresto, che scatenò in lui una delusione tanto amara da indurlo ad abbandonare gli incarichi istituzionali, senza però farlo mai disamorare della sua gente». Non intendo affrontare la questione con la mia testimonianza personale, ma la tesi di Wikipedia è sicuramente contestabile. C’era, sì, il problema se Rocco dovesse restare a Tricarico o trovare un’altra strada per se e i suoi interessi letterari, ed era un problema che non coinvolgeva solo Rocco, ma soprattutto, e dividendoli, contadini e intellettuali come Rossi Doria, Carlo Levi, Giorgio Bassani, Amelia Rosselli. Paola Scotellaro, sia pure brevemente, documenta questo coinvolgimento. E’ comunque inimmaginabile che Rocco Scotellaro potesse pensare che la crisi che spaccava il gruppo consiliare di maggioranza si potesse risolvere con le sue dimissioni quando si concluse la sua ingiusta vicenda giudiziaria. Le dimissioni furono l’esatto opposto di ciò che Scotellaro avrebbe dovuto e, soprattutto, voluto fare.

Il suo successore nella carica di sindaco fu colui che aveva contrastato a Scotellaro il posto di capolista e l’elezione a sindaco, a  lui aveva giovato il lapsus che gli aveva dato il primo posto in lista, è colui che aveva presentata in consiglio comunale la mozione di sfiducia.
Sostengo, tra parentesi, che il comportamento di questo avversario di Scotellaro fu politicamente legittimo: gli eventi ricordati sono da addebitare ad esclusiva responsabilità delle federazioni provinciali di Matera del partito socialista e del partito comunista. Politicamente censurabile fu l’aver consentito, da parte delle suddette federazioni, la candidatura dell’avversario di Scotellaro, che tre anni prima militava nell’esercito fascista di Salò ed era giuridicamente ineleggibile e politicamente impresentabile in liste democratiche e antifasciste.
Infatti costui rimase in carica per poco, perché fu riconosciuta e dichiarata l’ineleggibilità per la sua passata appartenenza alla Repubblica sociale di Salò. A lui subentrò il falegname Nicola Locuoco, detto simpaticamente porco giuda per la sua abitudine di adoperare troppo frequentemente questa innocua invettiva.

L’excursus brevemente tracciato è di per sè fin troppo eloquente. Il colmo fu che il conto fu presentato a Scotellaro, che era la vittima. Scotellaro pagò e continuò a bere il calice fino all’ultima goccia.

A maggio del 1952 furono indette le elezioni per la nomina del primo consiglio provinciale. Rocco Scotellaro fu costretto a candidarsi. Qui devo far valere la mia testimonianza personale. Da due anni Rocco si era trasferito a Portici, io ero a Napoli a pensione con Antonio Albanese; quasi tutti i giorni, verso sera, ci vedevamo con Rocco, che qualche notte dormì da noi.
Nel periodo pre-elettorale egli ci riferiva che da Tricarico gli avevano chiesto di candidarsi, e insistevano perché accettasse, ma lui non riteneva di potere e di dovere accettare.
Alla fine Rocco cedette alle pressioni e si candidò. Ricordo che per me, che da un paio di settimane ero a Tricarico, fu una grossa sorpresa. In un primo momento non ci credetti.

Scotellaro non fu eletto. La sua sconfitta fu molto pesante, inaspettta. Oltre 800 voti lo dividevano dal candidato d.c. (Menonna) che fu eletto.
Menonna era un carissimo amico. Era più giovane di Rocco, che aveva 29 anni, e gli sopravvisse solo cinque anni. Morì improvvisanente nel corso di una seduta del consiglio provinciale di Matera. Le morti di due giovani, di due ragazzi come Scotellaro e Menonna furono una gravissima perdita per Tricarico.

Dopo otto mesi dalle elezioni provinciali si rinnovò, per scadenza, il consiglio comunale, di cui Scotellaro era sempre rimasto, disciplinatamente e fedelmente, fino all’ultimo giorno, suo componente. La lista di sinistra, dati i precedenti, di certo non affrontava serenamente le elezioni, ma compì il miracolo di impostare la difficile campagna elettorale nel modo più sgangherato immaginabile, sotto la guida di un funzionario comunista di Irsina, assistito da uno stuolo di funzionarie mandate a Tricarico dal PCI dell’Emilia-Romagna.
Il suddetto funzionario impostò la campagna elettorale sulla geniale trovata che l’amministrazione comunale uscente (di cui Scotellaro era componente!) aveva operato così male, ma così male che non poteva essere considerata un’amministrazione di sinistra, bensì democristiana, e quindi la sua cattiva condotta doveva essere addebitata ad esclusiva colpa della democrazia cristiana! Rocco sopportò ancora. E dedicò a se stesso la poesia, che riporto.

   IL POSTO

                                                   (senza dedica)

E ora ti sei messo a posto
tieni il posto e mangi pane.
Piangi piangi cuore contento,
non ti puoi più lamentare.

Hai fatto la faccia del pane
con la crosta e la mollica
ti diverti con la fatica,
con le femmine ti arrangi.

Piangi piangi cuore contento
non ti puoi più lamentare.

Dicevi una volta che quelli dei posti
camminano col culo
e con la faccia di pane.

E’ vero. Quelli fanno finta
di essere chissà che cosa
e fanno finta di essere niente.

Piangi piangi cuore contento
non ti puoi più lamentare.

Poi si sposano e portano la tasche
piene di chiavi ed hanno
figli femmine e maschi
e si chiamano e sono soavi.

Ma tu che hai tradito patria e onore
sei punito e non trovi l’amore,
ma tavola pronta e mangi tonno.

Piangi piangi cuore contento
Finita è la fame, la sete e il sonno.

(Portici, 6 gennaio 1953)

 

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