Leggendo al camino Rocco Scotellaro – QUARTA SERATA (1)
E’ FATTO GIORNO è divisa in due parti: I. (1940 – 1949) II. (1949 – 1963) e ciascuna parte è divisa in sezioni. Le sezioni della parte I sono dieci, quelle della parte II cinque. Intendiamo leggere le poesie con gli eventuali commenti di Antonio Martino e pubblicare i resoconti della serata di lettura, leggendo tutta la sezione nella stessa serata, ma di frazionare con moderazione i resoconti.
La prima sezione della prima parte, che questa sera iniziamo a leggere, intitolata INVITO, comprende otto poesie, tutte lette con gli eventuali commenti in questa quarta serata, i resoconti invece saranno pubblicati con due post.
E’ FATTO GIORNO
E’ Fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi con i panni e la scarpe e la facce che avevamo. Le lepri si sono ritirate e i galli cantano, ritorna la faccia di mia madre al focolare.
INVITO
CAMPAGNA, LE VIOLE SONO DEI FANCIULLI SCALZI, LUCANIA, TARANTELLA
CAMPAGNA
Passeggiano i cieli sulla terra
e le nostre curve ombre
una nube lontano si trascina.
Allora la morte è vicina
il vento tuona giù per le vallate
il pastore sente le annate
precipitare nel tramonto
e il belato profondo nelle frasche.
(1948)
Le stupende aperture paesaggistiche della poesia danno fascino all’invito a venire nella terra del poeta, dove – lo si leggerà nell’ultima poesia della Sezione – nessuno è morto e non si può morire.
Sensibile la presenza dell’eredità dei lirici greci, di cui Scotellaro era appassionato lettore e – ripeto – stupende le aperture paesaggistiche – che sono il motivo delle prime otto poesie di questa prima Sezione del poema scotellariano.
Tutte otto le poesie, da Campagna a Invito, io le leggo come un invito straziante a tornare in terra lucana. Invito altresì a leggere i seguenti due versi, che sembrano tratti da una antologia classica, di cui si compone la poesia Primavera, pag. 157 dell’Oscar Tutte le poesie del 2004: Stanotte il cielo è un mandorlo fiorito / e nella valle il cuculo già freme.
Passeggiavamo una mattina dell’estate 1949, io e Rocco, sullo Stradone, il corso di Amalfi che costeggia il mare. Ci sedemmo sul muretto della spiaggia, spaziando lo sguardo fino ad Agropoli. Rocco mi disse: – Guarda come è bello e unico questo mare color celeste, chiazzato di macchie blu e attraversato da correnti color latte -. Questa apertura paesaggistica Rocco la tradusse nel primo verso della poesia «Costiera amalfitana» : Mare celeste di lattee correnti e pozzi blu.
LE VIOLE SONO DEI FANCIULLI SCALZI
Sono fresche le foglie dei mandorli
i muri piovono acqua sorgiva
si scelgono la comoda riva
gli asini che trottano leggeri.
Le ragazze dagli occhi più neri
montano altere sul carro che stride,
Marzo è un bambino in fasce che già ride.
E puoi dimenticarti dell’inverno:
che curvo sotto le salme di legna
recitavi il tuo rosario
lungo freddi chilometri
per cuocerti il volto al focolare.
Ora ritorna la zecca ai cavalli,
ventila la mosca nelle stalle
e i fanciulli sono scalzi
assaltano i ciuffi delle viole.
(1948)
LUCANIA
M’accompagna lo zirlio dei grilli
e il suono del campano al collo
d’una inquieta capretta.
Il vento mi fascia
di sottilissimi nastri d’argento
e là, nell’ombra delle nubi sperduto
giace in frantumi un paesetto lucano
(1940)
LUCANIA di Rocco Scotellaro è il canto di uno studente liceale di 17 anni che torna al paese dopo la conclusione dell’anno scolastico. Dalla stazione di Grassano, Tricarico si raggiungeva a piedi, con una marcia di oltre due ore sul finire della notte e lo spuntare dell’alba, per la «scorciatoia» di Monaco, quasi un tratturo che più che dimezzava il percorso; vuoi perché per alcuni anni non era stato attivo il servizio postale, vuoi perché il treno arrivava alla stazione nel cuore della notte e si preferiva non aspettare l’arrivo del postale (quando c’era) col vantaggio di risparmiare il costo del biglietto. Impensabile servirsi dell’auto a noleggio di Implicito o di Petrone (Tucciaridde) o o di Luchett, quando si trovavano di passaggio alla stazione e approfittavano dell’occasione per dare un passaggio a basso costo. Quando la scorciatoia sbucava sulla rotabile, la Serra ostruiva la vista di Tricarico, che appariva solo dopo aver aggirato il monte, percorrendo la curva lunga e larga che lo cinge. Intanto il sole s’era levato, lo zirlio dei grilli e il suono del campano al collo di una inquieta capretta erano i primi segni del ritorno a casa. L’aria fresca e serena del primo mattino, liberata dall’ostacolo della Serra, prendeva a circolare come un lieve venticello, che dava la sensazione dell’abbraccio dei “coriandoli” – striscioline di carta colorata arrotolata che nei balli si lanciavano alle coppie danzanti avvolgendole in un abbraccio effimero – (Scotellaro adopera la metafora “sottilissimi nastri d’argento”). Tricarico era vicina, la sua vista salutava il ritorno a casa … alla terra promessa, alla Gerusalemme ritrovata. Non era un bel panorama quel versate battuto dal vento. Si vedeva come uno schizzo di case che sembravano precipitare in basso, verso la torre Saracena, ma era un’allegria al cuore. Di questa poesia esistono traduzioni in varie lingue. Carlo Levi riteneva che Lucania fosse il nome dei poeti.
TARANTELLA
Hai schiusa la memoria dal tiretto:
i panni neri sbiancano alle corde
ogni estate sull’aia fanno netto
il cane vecchio è quello che ti morde.
Suonano sempre le antiche zampogne
le cotogne ammolliamo nella brace
siamo tutti fratelli e stiamo in pace
e abbiamo tempo per il riso e il pianto.
Io non ho trovato la mia stella
non vuol dire se salto a Tarantella.
5 Responses to Leggendo al camino Rocco Scotellaro – QUARTA SERATA (1)
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Capisco come tu non possa dimenticare l’emozione vissuta ad Amalfi al momento della creazione di tali versi.
Tornerò ancora a raccontare quella mattinata con Rocco ad Amalfi. Stavo sostenendo l’esame di maturità, studiavo come un matto, mai meno di 12 ore, ma quel giorno feci eccezione, l’unica eccezione.
Sapevo da tempo che tu stessi sostenendo l’esame di maturità, ma proprio qualche giorno fa leggevo su un giornale on line, evidentemente in errore, che Scotellaro si trovava ad Amalfi in visita ad un amico professore impegnato con gli esami di maturità.
Una d di troppo?
a un amico.
Non capisco. Di troppo è professore. Leggendo la cronaca di quella visita si intuisce che ero impegnao con l’esame di maturità come studente e non come professore. Un professore non avrebbe fatto lo scroccone di Rocco, sindaco si ma al verde. Con lo studente o pagava Rocco o la visita non si faceva.