Una risposta di Andrea Di Consoli a una domanda provocatoria mi ha riportato ai miei lontanissimi ricordi modenesi.

Lasciai Tricarico per Modena;  la Lucania per L’Emilia-Romagna.
A Modena sono  nati Luigi e Rosalba, i miei figli.
A Modena Il povero mio fratello Franchino ha fondato il monumentale e frequentatissimo Planetario, che porta per sempre il suo nome e una targa che reca Tricarico (MT) come luogo di nascita.

A Modena ho vissuta l’amicizia umana e politica con Ermanno Gorrieri, fondatore e storico della Repubblica di Montefiorino, e fondatore del partito cristiano sociale (ma in questo percorso non lo seguii, benché il nostro rapporto nel confronto crebbe in intensità).

A Modena ho sperimentato la ricca esperienza della sinistra democratica cristiana di Benigno Zaccagnini, Ermanno Gorrieri e quindi del giovane Pierluigi Castagnetti.

In Emilia-Romagna le varie anime della sinistra democristiana – dagli Amici dell’on. Moro, alla sinistra di Base, a Forze Nuove (corrente con a capo Donat Cattin) – seppero trovare la via di una attiva e costruttiva unità politica sotto la guida di Benigno Zaccagnini e del modenese Ermanno Gorrieri. Non c’erano le suddette correnti, ma la Sinistra Dc emiliano-romagnola. Sono orgoglioso di essere stato partecipe a un modesto livello di quell’esperienza.

In occasione dei congressi nazionali la particolare logica di quegli eventi obbligava a schierarsi con una delle correnti fuse nella Sinistra emiliano-romagnola. Io ero amico personale e collaboratore di Ermanno Gorrieri e, quindi, risultavo aderente alla corrente Forze Nuove, della quale Gorrieri era l’ideologo e il maggiore leader nazionale dopo Donat Cattin.

Ermanno Gorrieri, comandante partigiano, studioso di problemi sociali, tra i fondatori della Cisl, è stato deputato e ministro del lavoro, segretario regionale della Dc dell’Emilia-Romagna, e in quell’occasione mi chiamò a dirigere l’ufficio Sanità della Dc regionale.

Con il Mulino ha pubblicato «La Repubblica di Montefiorino» (1966), «La giungla retributiva» (1972), e «Parti uguali tra disuguali» (2002).

Nell’estate del 1944, per quarantacinque giorni, la zona di Montefiorino, nell’alto Modenese, fu la prima delle «repubbliche partigiane», un’esperienza, sotto la guida di Ermanno Gorrieri, di autogoverno, che, poi, tra alterne vicende, continuò fino alla liberazione. A questo episodio, tra i più rilevanti della Resistenza italiana, Ermanno Gorrieri dedicò nel 1966 il citato fondamentale volume (774 pagine) «La Repubblica di Montefiorino», ancora oggi uno dei classici della storiografia sulla Resistenza.

A sessant’anni dalla Repubblica di Montefiorino, e a quasi quaranta dalla pubblicazione di quel saggio, Gorrieri rivisitò quegli avvenimenti attraverso un originale libro scritto a due mani con la nipote Giulia Bondi. Insieme ripercorsero le tappe della ribellione al nazifascismo, gli eventi della lotta partigiana nell’Appennino modenese, le diverse concezioni sui metodi e sulle prospettive della Resistenza, gli episodi di violenza che si verificarono nel primo dopoguerra.

Il confronto tra chi aveva vissuto in prima persona quel periodo e chi ne aveva letto sui libri fu anche l’occasione per riflettere su un tema che era ancora attuale: quale misura e quale tipo di violenza fosse necessaria e inevitabile per combattere l’oppressione.

Il libro, finito di stampare dal Mulino nel 2003, a un anno dalla morte di Gorrieri, si intitola «Ritorno a Montefiorino. Dalla Resistenza sull’Appennino alla violenza del dopoguerra».

Modena è una città grassa e ricca, nota per i salumifici, odora di porcilaie. La porcilaia più rinomata odorava di pulito, era di Dino Grandi, la personalità di più alta caratura del fascismo con Giuseppe Bottai, il gerarca che presentò al gran consiglio del fascismo l’odg che provocò la caduta del fascismo, che forse lui non avrebbe voluta. Venne a visitarla il ministro della meccanizzazione agricola dell’Unione sovietica.

Toccò anche a me visitarla per dovere d’ufficio. Trascorsi un paio di ore interessanti con Dino Grandi, accolto con squisita ospitalità.

Durante il mio periodo modenese mi fu proposto l’incarico di direttore amministrativo dell’ospedale di Carpi. Carpi era ed è il centro più ricco e importante del modenese e aveva un ospedale che stava alla pari. Io avevo altri progetti e non potetti accettare.

Col presidente dell’ospedale, un professore di materie classiche al liceo, una persona colta e per bene, si stabilì una certa  confidenza per cui ritenne di potermi riferire che, prima di propormi l’incarico, aveva assunto le sacrosante informazioni e che i carabinieri di Tricarico riferirono (testualmente, punto e virgola): “Si sconosce il suo orientamento politico. Si ha motivo di ritenere che parteggia per i partiti dell’ordine.” Dio mio! Quando accadde il fatto, al massimo avevo lasciato Tricarico da tre o quattro anni, dove avevo svolto intensa attività politica. Così rapidamente era evaporato il ricordo di me, di anni di attività politica, di segretariato della sezione DC?

 

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