Rileggiamo L’Uva puttanella di Rocco Scotellaro
Considero originarie le prime edizioni delle opere di Rocco Scotellaro, in modo speciale «E’fatto giorno» (giugno 1954), «Contadini del Sud» (luglio 1954), «L’Uva puttanella» (1955); e mi propongo di invitare alla lettura di Scotellaro in forma originaria – senza esprimere giudizi di merito, Scotellaro che oggi si legge non è lo stesso che uscì dopo la sua morte.
Con tale intendimento ho pubblicato la prefazione di Manlio Rossi-Doria ai Contadini del Sud e i «Racconti sconosciuti» di Francesca Armento, che successivi interventi hanno soppresso ed oggi è impossibile o molto difficile poter leggere.
Mi accingo ora a presentare la lettura dell’Uva puttanella. L’edizione originaria fu pubblicata nel 1955 nella collana «I Libri del Tempo» delle Edizioni Laterza, a cura di Carlo Levi – Rocco Scotellaro preferiva definirla romanzo. Il romanzo è un racconto incompiuto e frammentato di una vita, si divide in tre parti, ciascuna delle quali si divide in paragrafi, numerati e non titolati.
La numerazione dei paragrafi, in numeri romani, inizia in ciascun capitolo dalla prima cifra.
La Parte prima è suddivisa in sei paragrafi, la Parte seconda in tre e la terza in dieci.
Ad esso si aggiunsero i «Frammenti e Appunti dai Quaderni» pubblicati, con nota introduttiva di Carlo Levi, in «Nuovi Argomenti», 17-18, novembre 1955-febbraio 1956, pp. 1-40 e ripubblicati nel 1974 dalle Edizioni Basilicata, in appendice ad altro romanzo o racconto lungo giovanile di Scotellaro «Uno si distrae al bivio» (USDB), pp. 105-151. Il romanzo e i materiali aggiunti appaiono ben poca cosa se confrontati col «Disegno generale del libro» pubblicato nello stesso USDB, pp.97-104. Disegno generale del libro e Frammenti e Appunti dai Quaderni in USDB si presentano come un documento unitario.
L’uva puttanella è uva che non ha avuto un’acinellatura completa: gli acini sono piccoli, apireni, ma giungono a maturazione e finiscono ugualmente nel tino del mosto per dare il poco succo che hanno.
L’UP è, dunque, una metafora del Meridione degli anni Quaranta-Cinquanta, che Scotellaro si prefiggeva di raccontare. Il racconto ha inizio col ritorno simbolico alla vigna del padre, prosegue con l’esperienza dei due mesi di carcere, le vite dei compagni di galera e i mondi che essi rappresentano e prosegue con una serie di altri racconti, aventi tutti Tricarico come sfondo.
Non sono in possesso della prima edizione del libro, non tornata da un prestito, e non sono riuscito a procurarmela. La mancanza comporta l’indisponibilità della prefazione di Carlo Levi, che mi procurò la squisita cortesia della cara amica Carmela Biscaglia, della quale riporto integralmente la lettera mail con la quale mi inviò la prefazione, perché le sue intelligenti considerazioni non debbono restare un fatto privato:
« Caro Tonino,
eccoti la prefazione di Levi alla prima edizione de L’uva puttanella, so che la cercavi da tempo. Oggi possiamo leggerla grazie alla cortese disponibilità di Sergio D’Amaro, col quale il nostro Centro di documentazione è da anni in rapporto di studio e che, come sai, è l’autore insieme a Gigliola De Donato, del bel volume Un torinese del Sud: Carlo Levi, una biografia, pubblicato qualche anno fa dalla Baldini & Castoldi. Io sono stata felice di leggere questo testo divenuto introvabile e, sono certa, lo sarai anche tu: ho ritrovato Levi e la sua mirabile capacità scrittoria, come pure il suo amore per la nostra terra. Penso che senza le due prefazioni di Levi (intendo anche l’altra alla raccolta di poesie È fatto giorno del 1954) non esisterebbe un poeta chiamato Rocco Scotellaro. Si deve a Levi, innanzitutto, la scoperta della Lucania a livello nazionale e internazionale attraverso il suo Cristo si è fermato a Eboli, pubblicato nel 1945 (solo in quell’anno se ne fecero nove edizioni con 60.000 mila copie vendute… eppure si era appena usciti dalla guerra) e, soprattutto, alla sua traduzione in inglese e diffusione negli Stati Uniti nel 1947, alla quale seguirono quelle in tutta l’Europa, nel Giappone già nel 1950 e in Turchia nel 2008. Di questo libro oggi si continuano a vendere oltre 10.000 copie all’anno. Meno di dieci anni dopo il Cristo, si deve sempre a Levi anche la scoperta di Scotellaro, figlio della stessa Lucania. Lo testimonia, tra l’altro, il telero “Lucania ‘61” che narra in forma pittorica le vicende della Lucania del tempo attraverso quelle di Scotellaro. Questa è la verità. Tutto il resto è venuto di conseguenza, nel bene e nel male. Con Levi siamo di fronte ad una delle figure più rappresentative della letteratura italiana e, prima ancora, della storia dell’antifascismo e della nascita dell’Italia democratica. Si deve sempre a lui anche la prefazione all’edizione che riunisce in un solo volume L’uva puttanella e Contadini del Sud, pubblicato dalla Laterza nel 1964. Questa prefazione presenta un tono e uno stile narrativo diverso: il contesto storico e culturale era profondamente cambiato e anche l’attenzione verso il poeta lucano si era attenuata. La pubblicazione delle prime edizioni di È fatto giorno e de L’uva puttanella erano scaturite, invece, nel clima del secondo dopoguerra e nel fervore di fondamentali studi sulla civiltà contadina condotti da studiosi e grandi fotografi italiani e stranieri, che videro Scotellaro pienamente coinvolto. Nel condurre queste operazioni editoriali, Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria (che aveva già prefato la prima edizione di Contadini del Sud del 1954) furono mossi dal desiderio di tener viva la memoria del giovane poeta prematuramente scomparso, al quale non era stato dato di completare quelle prose né di pubblicare la raccolta delle sue poesie. »
Con i prossimi post pubblicherò le prefazioni di Carlo Levi alla prima edizione dell’Uva puttanella, quindi all’edizione di Contadini del Sud e dell’Uva puttanella riuniti (1964), nonché, per dare concretezza alle intelligenti considerazioni di Carmela Biscaglia, all’edizione del 1954 di E’ fatto giorno. Proseguirò poi con la lettura del romanzo scotellariano.
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