Inizio ab ovo’ perché ab ovo ha inizio il levismo e l’antilevismo.  Frequentavo il quinto ginnasio a Potenza e in via Pretoria vidi manifestini che annunciavano un discorso dell’Autore del Cristo si è fermato a Eboli. Poi seppi che l’Autore si chiamava Carlo Levi, era stato confinato a Grassano, a un tiro di schioppo da Tricarico (Gagliano o Aliano non si nominava), era candidato all’Assemblea Costituente e avrebbe tenuto un comizio  Tricarico. Colsi l’occasione per tornare a casa.

Non ricordo se fosse già uscito un  pamphlet critico del Cristo si è fermato a Eboli, dal titolo da maestro delle elementari del tempo: Alfredo Toscano, Dopo aver letto Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Ricordo che lessi il Cristo e il pamphlet, ma non in che ordine.

Alfredo Toscano era stato maestro di scuola e fece una brillante carriera che lo portò ai vertici della carriera nell’amministrazione dell’istruzione, Provveditore agli Studi. Conseguita la maturità classica, superò da privatista l’esame di abilitazione magistrale, fece il maestro di scuola, si laureò in legge e dalla scuola elementare passò all’amministrazione dell’istruzione.

Il pamphlet mi ricapitò tra le mani dopo moltissimi anni, lo rilessi e mi resi conto che su di esso io e alcuni amici avevamo espressi giudizi esageratamente critici – il che sarebbe stato legittimo – ma addirittura che avevamo attribuito ad alcune espressioni significati che assolutamente non avevano e non potevano avere. L’acrimonia ci aveva accecati (eppure il pamphlet lo avevamo lettoe forse stava a testimoniare che il dibattito sul Cristo non era stato sereno, né basato sulla conoscenza del testo. Insomma, se ne parlava bene o male, ci si scannava anche senza aver letto il libro.

Mazzarone ha raccontato una infinità di volte quando conobbe Levi. Io fui spettatori dell’incontro, ad alcuni metri di distanza. Levi doveva tenere il suo comizio dal balcone dell’albergo Cutolo ed era accompagnato da Giovannino Russo e Leonardo Sacco. Ci sono due versioni di quell’incontro, una orale e una scritta, diverse l’una dall’altra. Secondo la versione orale, raccontata e raccontatami centinaia di volte da Mazzarone, egli si presentò come “medicaciucci, nipote di don Traiella” e Carlo Levi rispose acutamente: allora siamo colleghi.

Mazzarone ricorda del comizio che “quella sera” (che in realtà era un primo pomeriggio) Levi non parlò. Devo contraddirlo: evidentemente il suo appunto è stato scritto lontano dall’evento, mal ricordando. Levi iniziò il suo comizio sul balcone di Cutolo, ma una forte contestazione di fischi e parolacce, accusandolo di averci diffamati col suo libro, gli impediva di parlare. Intervenne Rocco Scotellaro come una furia, saltando da un lato all’altro del balcone, scolpendo in due parole l’essenza della testimonianza di Levi. Impose il silenzio e Levi parlò.
E’ questo è l’inizio della più grande e bella amicizia di vita e letteraria.

I contestatori non avevano letto il libro di Levi, Rocco Scotellaro l’aveva letto e riletto e meditato.
In origine, in sostanza, l’essenza del levismo e dell’antilevismo.

 

3 Responses to L’ESSENZA DEL LEVISMO E DELL’ANTILEVISMO

  1. Angelo Colangelo ha detto:

    Caro Antonio,
    la tua testimonianza è, come al solito,molto preziosa. Essa mi sollecita a una riflessione, che riguarda l’ignoranza del testo contestato, “Cristo si è fermato a Eboli”, da parte dei contestatori. Sarò, purtroppo, un po’ lungo e spero di non annoiarti. In ogni caso ti chiedo di perdonarmi.
    Tu fai riferimento a un episodio, cui assistesti personalmente e dici delle persone che interruppero il comizio dell’autore del “Cristo”, impedendogli di proseguire.
    Anch’io posso ricordare un’esperienza mia personale, da me vissuta oltre trent’anni dopo i fatti da te raccontati. Arrivato ad Aliano nel 1975, notai che i miei imberbi alunni provavano sentimenti di astio nei riguardi di Carlo Levi, che, dicevano, aveva parlato male di Aliano nel suo libro già da tempo famoso. E aggiungevano che grazie a quel libro, vale a dire grazie agli alianesi, lo scrittore torinese era diventato ricco e famoso.
    Evidentemente, quei ragazzi tredicenni o quattordicenni, non facevano che riportare il pensiero e i sentimenti degli adulti, che erano oltremodo risentiti, anche perché erano fomentati da quelle poche persone che il libro lo avevano letto e che si consideravano personalmente bersaglio delle critiche leviane.
    Ricordo in particolare la reazione, per certi versi anche comprensibile e giustificata, di uno dei figli di Giulia la Santarcangelese, che poi fu ufficiale dell’esercito a Bologna, ma anche di altri, che si ritenevano personalmente infamati dal racconto leviano.
    Nella maggior parte dei casi, però, le lamentele appartenevano a contadini, che il libro non lo avevano letto e che lo conoscevano solo attraverso il racconto che loro veniva proposto da alcuni “luigini” alianesi.
    Discutendo, allora, con i miei alunni in classe, cercai di far capire loro l’importanza di conoscere il libro, perché le loro critiche fossero credibili. Dovevano capire che non si possono esprimere giudizi senza conoscere e per sentito dire.
    Mi resi conto, allora, che era mio dovere contribuire nel mio piccolo alla diffusione della conoscenza del testo leviano, di cui pensavo di aver colto da tempo alcuni messaggi e valori indiscutibili. Il “Cristo” di Levi, perciò, diventò inderogabilmente il testo di narrativa, che leggevo puntualmente in classe in seconda media.
    Pian piano constatai con piacere che i miei piccoli alunni fecero proprio con convinzione il messaggio che intendevo trasmettere, vale a dire che “Cristo si è fermato a Eboli” non era un libro scritto per screditare Aliano e gli altri nostri paesi lucani e la nostra gente. Il “Cristo” fu scritto per il Sud, non contro il Sud.
    Penso che forse anche per questa più diffusa conoscenza dell’opera leviana, avvenuta tramite molte altre iniziative scolastiche ed extrascolastiche, gli alianesi hanno mutato atteggiamento e oggi parlano addirittura con orgoglio di Levi e del suo libro, che hanno fatto conoscere il loro paese nel mondo.
    Credo, in conclusione, che l’atteggiamento di chi ancora oggi si professa antileviano e si fa vanto di non aver letto il suo libro più famoso non meriti neppure di essere commentato. Sono anche persuaso che, se a farlo è uno scrittore o un cirtico, egli è tanto più riprovevole, perché almeno in me ingenera il sospetto che vada solo in cerca di gratuita pubblicità.
    Chiedendo scusa per la mia lungaggine e per la non linearità del mio scritto buttato giù d’impulso, ti saluto con affetto.
    Angelo Colangelo

  2. Antonio Martino ha detto:

    Caro Angelo, Ti ringrazio molto per la tua riflessione. Condivido totalmente che un dibattito sull’antilevismo non ha alcun senso e non ha senso parlarne, dare spazio a chi va in cerca di pubblicità. L’antilevismo l’abbiamo conosciuto, tu a trent’anni di distanza da me, e l’abbiamo conosciuto come reazione campanilistica da chi il libro di Levi non aveva mai preso in mano. Io feci la maturità classica nel 1939, il Cristo si è fermato a Eboli e in convitto c’erano due mei colleghi di Aliano. Uno l’hai conosciuto e gli sia stato stato amico. L’altro era addirittura il figlio della sorella di don Luigi, podestà e maestro di scuola ad Aliano, che io – figurati un po’ quanto sono vecchio! – ho conosciuto di persona. Col nipote di don Luigi guai ad accennare al Cristo, nepppure a parlarne male,e bisognava stare ad ascoltare le vituperie che don Luigi aveva scritto in un libro intitolato “Un cretino si è fermato ad Aliano”. Quel clima col tempo e la storia si è rasserenato e si è trasferito in certi odierni “Maetrti” di non so che.
    Ricambio l’abbraccio con effetto, Antonio

  3. Antonio Carbone (TONINO) ha detto:

    Caro Tonino,
    Come al solito sei “maestro di storia e cultura lucana”che riempie il cuore e la mente di conoscenze ed emozioni. La mia modestissima impressione è che- oggi- non esiste più ne’il levismo ne’l’antilevismo ,rimossi ed ignorati da una contemporaneità che snobba il passato e si appiattisce nella quotidianità televisiva .Quello che più considero grave è l’assenza politica e culturale di un dibattito sulla peculiarità delMezzogiorno come questione generale del Paese e del Sud Europa, che il leviamo ha avuto il merito di tenere vivo.
    Un caro saluto .
    Tonino

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