Domenica della Palme
Lc 19,28-40; Is 50,4-7; Sal 22 (21); Fil 2,6-11; Lc 22,14-23,56.

    Luca (al pari di Marco 11,1) fa iniziare l’episodio dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme nei pressi del monte degli Ulivi vicino a due località denominate rispettivamente Betfage e Betania (Lc 19.29). È il secondo nome a essere più importante. Alla fine del suo Vangelo, il terzo evangelista farà riferimento proprio a questa località per collocarvi la scena conclusiva dell’ascensione, evento da lui situato nello stesso giorno  della resurrezione (Lc  24, 50-51). Sulla scorta di Luca, si potrebbe affermare che l’intera Settimana santa inizi e termini a Betania. L’attenzione però non va diretta tanto a quel pugno di case quanto al fatto che esso sia situato nei pressi del monte degli Ulivi, là dove, qualche giorno dopo, Gesù sarebbe andato a pregare perché si allontanasse da lui il calice della prova (Lc 22, 39-53). È quella località ad accompagnarci per tutti i sette giorni.

   Luca, per presentare le acclamazioni che circondano Gesù, ricorre a due versetti tratti dal centodiciottesimo Salmo (Sal 118,25-26; Mt 21,9; Mc 11,9; Gv 12,13). Egli però, nel citarli, fa tacere il grido di invocazione fiducioso (e non già di compiuta esultanza) che più li caratterizza: «Osanna» («Deh salva!»). Al suo posto   pone il termine «pace»: «Pace in cielo e gloria nel più alto del cielo» (Lc 19,38). Questa scelta rivela qualcosa di più della volontà di non ricorrere a una parola, ricalcata sull’ebraico, che poteva suonare ostica ai suoi lettori. Il grido messo in bocca alla folla dei discepoli nei pressi della discesa del monte degli Ulivi (Lc 19,37) richiama da vicino quanto proclamato a Betlemme da una moltitudine di voci angeliche: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama» (Lc  2,14). Alla nascita di Gesù creature celesti esaltano la presenza della gloria in cielo e della pace sulla terra. La via della pace (cf. Lc 1,79; Is 52,7) appariva allora spianata e percorribile. Nei pressi del monte degli Ulivi la voce di creature terrestri colloca in cielo sia la gloria sia la pace. Si afferma che i discepoli gridavano «pieni di gioia» (Lc 19, 37), eppure le loro parole sembrano quasi suggerire che la pace dei cieli non riesce più a scendere sulla terra. «Cielo» e «terra» appaiono ancora disgiunti. Fino a oggi sulle labbra di tutti i credenti compare ogni giorno una richiesta (e si domanda quanto ancora non c’è): «sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra». Né è dato credere che la pace non sia volontà del Padre.

   Subito dopo le acclamazioni rivolte verso una pace che regna in cielo, Luca pone una scena nella quale è scomparsa ogni gioia. Il suo Vangelo, spoglio di fronde  (si parla solo di mantelli stesi per terra), introduce una distanza tra le grida di giubilo nei pressi di Betania e l’ingresso in città. Nel momento in cui all’orizzonte compare  Gerusalemme il tono muta radicalmente: «Quando fu vicino alla vista della città [Gesù] pianse su di essa» (Lc 19,41). Il motivo di questa profonda tristezza è subito svelato, gli occhi di Gesù si riempiono di lacrime perché la vista di altri occhi appare offuscata: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta la pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi» (Lc 19, 42). La pace non è accolta. Gesù entra a Gerusalemme per morire. Lo aveva preannunciato da tempo: «è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme» (Lc  13,33). Le grida di pace nel cielo si innalzano nei pressi del monte degli Ulivi e non in Gerusalemme. Il Vangelo di Luca si chiude con la salita verso la pace celeste da parte del Risorto nei pressi di Betania; gli Atti degli apostoli (la seconda opera lucana) si aprono, dal canto loro, all’insegna di una futura centralità riassunta dalla terra: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo» (At 1,11).
Solo allora vi sarà sulla terra la pace duratura cantata dalle schiere celesti a Betlemme.

(Piero Stefani, Il Pensiero della Settimana (blog da me gestito) 12 aprile 2019

 

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