Il 1923 – il 19 aprile, la mattina del giovedì, ore 7 – nacque il mio caro Rocco. Appena nato era come se l’avessero ravvolto in un velo; glielo tolsero: era grande come un tovagliolo, lo misero ad asciugare, e il padre se lo mise nel portafoglio, ché dicono: chi nasce velato è fortunato.

In quel mattino che lui nacque, girava la musica nel paese: andavano al cimitero a mettere il segno della croce a tutti quelli che erano morti in guerra, e suonavano giovinezza primavera di bellezza. Io avevo al mio lato il mio angioletto Rocco: lo guardavo e dicevo: – Dio mio, che segno, questo! Proprio oggi dovevano fare questa festa … – Venne vicino al letto mio marito, e gli dissi: – Mi viene un pensiero, per questa musica che suona. Penso che quando sarà fatto grande questo figlio, si farà un’altra guerra, e andrà lui in guerra … – Rispose lui: – Ma quante cose ti metti in testa, quando ancora è appena nato. Piglierà il mondo come viene. Io pure ho fatto la guerra, quattro anni, dopo tante sofferenze mi sono ritirato in casa -. Risposi io: – Già, questo è nato velato e fortunato -. Ripetette il padre: _ Questo sarà un grand’uomo, come Mussolini. Anzi, è segno buono questa festa. Pensa a stare tranquilla, non cominciare. Con questi benedetti figli tu perdi la testa.

 

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