Nel primo Parlamento dell’Italia Unita sedette un deputato, eletto nel collegio elettorale di Tricarico e rieletto nello stesso collegio nelle successive due legislature, di cittadinanza austroungarica, non cittadino italiano e non eleggibile a norma dello Statuto del Regno d’Italia promulgato dal re Carlo Alberto nel 1848. Il fatto curioso e strano si potette verificare perché i cittadini di due comuni del collegio elettorale, Accettura e San Mauro Forte, si odiavano a morte.

Non temo, a questo punto, di essere già stato mandato a quel Paese, perché so che c’è un uomo di parola che continuerà a leggere.  
La storia è seria e seriamente va raccontata.

Il regno d’Italia fu proclamato con un atto normativo sabaudo del regno di Sardegna  (legge 17 marzo 1861, n. 4671) col quale Vittorio Emanuele II assunse per sé e per i suoi successori il titolo di Re d’Italia. La numerazione delle legislature della Camera dei deputati del nuovo regno proseguì quella del regno di Sardegna e quindi (avverbio di indiscutibile valore deduttivo-conclusivo) il regno dell’Italia unita ebbe inizio con l’ottava legislatura. Potrebbe legittimamente sorgere il dubbio se fu fatta l’Unità d’Italia o se il Sud fu annesso al regno di Sardegna, e che la storia ebbe un inizio un po’ storto.

Quanto a stortura qui alludo, appunto, all’elezione del primo (ma si può dire anche ottavo?) deputato eletto in quel collegio elettorale. Un inizio storto, che di più non è possibile immaginare, non per colpa del candidato, che era un buon patriota con le sue idee, lontane quanto – occorre che mi ripeta – di più non è possibile immaginare dal modo di pensare dei suoi elettori, che di lui non sapevano nulla, neppure da dove fosse venuto, come lui non sapeva nulla dei suoi elettori, neppure che esisteva una regione d’Italia chiamata Lucania o Basilicata e in questa regione un paese chiamato Tricarico, capoluogo di un collegio elettorale.

Uomo colto, battagliero, attivo, di sinistra, massone aderente alla Loggia Grande Oriente d’Italia, costui fu eletto nel collegio di Tricarico dal 1862 al 1870, anno della sua morte, avvenuta cinque giorni prima del termine della legislatura (terza o decima, come si vuole) e un mese e mezzo dopo la presa di Porta Pia, il sogno della sua vita.

Profuse la sua attività prevalentemente per il Nord, per l’Italia e per l’Europa, ma ebbe il fiuto politico di lasciare un opuscolo intitolato: Agli elettori di Tricarico: Ricordi. Ben scritto, profondo, esamina problemi all’avanguardia riguardanti la libertà, la laicità dello Stato, la religione (un capitolo è intitolato “Il peccato originale”), auspica la fine del potere temporale, ripercorre criticamente la storia del processo di unificazione dell’Italia, ma – non c’è da meravigliarsi – l’autore non ha ricordi di Tricarico.

Per capire bene di che cosa si sta parlando occorre dire come prima cosa che le elezioni erano regolate, con modifiche non sostanziali, dalla precedente legge elettorale adottata dal regno di Sardegna nel 1848 (copiata dalla legge elettorale francese vigente per oltre un secolo con salti radicali di tanto in tanto, salti che hanno profondamente inciso nella storia di quel Paese d’Oltralpe e d’Europa); la legge elettorale del regno di Sardegna (e quindi d’Italia Unita) prevedeva un sistema maggioritario a doppio turno, con ballottaggio tra i due candidati meglio votati nel caso che nessuno dei candidati avesse ottenuto la maggioranza assoluta.
La base elettorale (unicamente maschile) era censitaria e questo sistema permetteva di far votare appena il 2% della popolazione del regno.
Fatta l’unità, la conseguenza fu che la base elettorale era  in buona, più che buona parte settentrionale, escludendo così le grandi masse e la quasi totalità delle popolazioni del Sud. Il senato del regno, invece, era di nomina regia.

Facevano parte del collegio elettorale di Tricarico 14 Comuni, tra i quali Accettura e San Mauro Forte, che si odiavano a morte, reciprocamente: come Roma odiava Cartagine.

Questo è l’incipit. Oramai sono sicuro di aver suscitato l’interesse a conoscere questa storia e, per non appesantire la lettura, rinvio il seguito alla prossima puntata.

 

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