L’anno in cui Rocco Scotellaro concluse gli studi liceali a Trento (anno scolastico, non solare di dodici mesi) è stupefacente. L’imbatto col nuovo ambiente di un ragazzo di Tricarico fu molto difficile per la chiusura e il distacco della mentalità del tempo in una città impregnata di cultura asburgica. Gli ci volle certamente del tempo per farsi accettare dal nuovo ambiente completamente estraneo. Il prof. Giovanni Gozzer così lo ricorda: «Piccolo, capelli crespi rossicci, corporatura minuta, un visetto spaurito non fosse stato per il luccicare degli occhi, così mi apparve Rocco Scotellaro quando, ottobre 1940, prese posto in un banco della seconda A […] I primi giorni con quella sua parlata basilisca avviluppata, e quel suo fare circospetto ed inquieto dava l’impressione di uno strano e bizzarro personaggio, piovuto da un mondo sconosciuto fra i compagni con cui nulla aveva in comune […] Poi, a poco a poco … emerse un animo di eccezionale sensibilità e di intelligenza non comune.»
Io avevo già avuto modo di ricordare che Rocco, andando in treno a Trento, scrisse che, dopo Verona si aveva l’impressione di entrare in una galleria senza fine, tra montagne poderose e che ebbe bisogno di tempo per “prendere le misure” alla vita cittadina. Trento fu però fondamentale nella sua formazione: incoraggiato dal prof. Gozzer, cattolico e democratico cristiano, che ha ricordato Scotellaro per tutta la vita come il migliore dei suoi allievi e ha conservato  tutti i suoi temi, Rocco superò da privatista l’esame di maturità alla fine dello stesso anno.  C’è da chiedersi come Rocco trovò il modo di maturare un interesse per il cinema e formarsi un cultura cinematografica in grado di concepire un rapporto tra cinema e letteratura, tra cinema e le altre arti (settima Arte e decima Musa è definito il cinema). Una domanda che a Tricarico (e non solo) non poteva trovare risposta, meglio: non poteva neanche venire in mente e, infatti, non se la fece venire in mente Rocco Mazzarone.

Forse l’interesse per il cinema non sarebbe nato (o sarebbe nato più tardi) se non avesse incontrato nella sua classe di seconda liceo Alfredo Pieroni. Alfredo Pieroni sarà un giornalista di punta del Corriere della Sera e per un paio di anni dirigerà un quotidiano importante della regione in cui vivo e leggo ogni giorno (? : non sum qui fueram …)  nell’edizione di Ferrara, Il Resto del Carlino. Divenne giornalista professionista a 27 anni, nel 1950, già impegnato nelle prime prove giornalistiche collaborando come critico cinematografico al periodico Cinemagazino. Pieroni aveva maturato l’interesse per il cinema e lo coltivava leggendo riviste specialistiche. Quando Rocco Scotellaro divenne suo compagno di scuola divennero amici e a Pieroni non parve vero di poter comunicare la sua passione al nuovo arrivato dal Sud, l’allievo più stimato dal professore di italiano e latino Gozzer e di fargli leggere le sue riviste specialistiche.
Nel 1942 le ambizioni letterarie dei due compagni di liceo appaiono più realizzate per Pieroni. Inserito nell’ambiente culturale romano, Pieroni è nelle condizioni di dare qualche suggerimento a Scotellaro nel proporsi  a riviste ed editori e  gli consiglia di non tempestare di scritti un giornale, una cosa gli dice Pieroni che una volta faceva pure lui, ma bisogna dare l’impressione di avere altri giornali su cui pubblicare, per essere apprezzato di più. «Vedrai tra poco (dopo-guerra) che autori che saremo, specie tu, Rocco».

Diventa per me difficile proseguire in questa narrazione data la formazione editoriale dell’opera prosastica di Scotellaro. A «Contadini del Sud» e «L’uva puttanella»  – le opere in prosa più significative – seguirono «Uno si distrae al bivio», con Prefazione di Carlo Levi e «Giovani soli», a cura di Rosaria Toneatto, pubblicati da Basilicata Editrice, rispettivamente nel 1974 e nel 1984. Si tratta di una sorta di antologie, nel senso che sono titoli sotto i quali sono pubblicati alcuni altri testi dello stesso genere letterario.
«Giovani soli» comprende alcuni tentativi teatrali e di sceneggiatura cinematografica. Il titolo deriva da un omonimo abbozzo di dramma, scritto tra il 1942 e il 1943, diviso in tre atti, i cui protagonisti sono studenti afflitti da uno struggente sentimento di solitudine. «La morte del suggeritore», scritto nel 1943, contiene una situazione di teatro pirandelliano. Pure del 1943 è «Il ritratto», nel quale la scena si svolge nel mondo contadino di Tricarico. «I fuochi di San Pancrazio» sono un soggetto cinematografico, alla cui stesura collaborò anche Carlo Levi. Non posseggo e non ho mai potuto nemmeno scorrere il volume, che non è neppure rinvenibile nel sistema bibliotecario della regione in cui abito.
Nel 2019 sono state pubblicate tra gli Oscar Moderni Mondadori Tutte le opere di Rocco Scotellaro, dove Uno si distrae al bivio e Giovani soli perdono la loro individualità e sono stati presumibilmente ripartiti tra i Racconti (pagg. 503-597), Le prose giornalistiche (pagg. 609-639) e Scritti cinematografici (pagg. 645-655). Dubito anche che Giovani soli non sia integralmente ricomponibile nell’Oscar.

(3, continua)

 

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